Agrivoltaico di Svolta s.r.l., Laterza (TA)

Rinnovabili, l’agrivoltaico è fotovoltaico in altra forma

Il TAR Puglia sconfessa il Consiglio di Stato e ritiene che l’agrivoltaico sia una subspecie del fotovoltaico. Le norme di tutela del paesaggio, quindi, valgono anche in questo caso

 di Fabio Modesti

Tratto da fabiomodesti.it

La sentenza del TAR Puglia – Sezione di Bari è di qualche giorno fa ma già fa parlare di sé e delle possibili ripercussioni per lo sviluppo dell’agrivoltaico. Per i giudici amministrativi pugliesi, infatti, «[…] Può, pertanto, affermarsi che l’impianto agri-voltaico (o agro-voltaico) rappresenta una sub specie del genus fotovoltaico in ambito agricolo, caratterizzato da soluzioni tecniche innovative per non compromettere la continuità dell’attività agricola. Da tale premessa discende l’applicabilità di tutte le regole a cui devono soggiacere gli impianti che producano energie rinnovabili, vieppiù osservando che la norma derogatoria testé esaminata [decreto-legge 1 marzo 2022, n. 17 “Impianti fotovoltaici in ambito agricolo”], nel riconoscere la sussistenza della nuova tecnologia del fotovoltaico rappresentata dall’agri-voltaico, si preoccupa solo dell’aspetto relativo agli incentivi economici, in assenza di deroghe alle nome poste a tutela dei valori territoriali, ambientali e paesaggistici, ivi compresi quelli inerenti gli aspetti rurali e colturali. Non vi sono pertanto, a giudizio (meditato) del Collegio, elementi normativi o regolamentari per ritenere che gli impianti agri-voltaici (o agro-voltaici), sia pur con il suddetto favor legislativo, non debbano rispettare i valori paesaggistici, ambientali e rurali tutelati da norme costituzionali, statali e regionali, anche in base al noto principio in base al quale la legge tam dixit quam voluit». Di parere diametralmente opposto, finora, è il Consiglio di Stato già espressosi in materia con una sentenza di cui abbiamo scritto a gennaio di quest’anno in base alla quale «l’agrivoltaico è un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica. In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva), nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. […] Logico corollario della delineata differenza tra impianti agrivoltaici e fotovoltaici è, come correttamente osservato dalla sentenza impugnata, quello secondo cui gli stessi non possono essere assimilati sotto il profilo del regime giuridico […]».

Anche per l’agrivoltaico valgono le regole del Piano paesaggistico

Il TAR Puglia è stato chiamato ad esprimersi circa la legittimità del diniego di un provvedimento unico autorizzativo (Paur) da parte dell’amministrazione provinciale di Brindisi relativo ad un impianto agrivoltaico della potenza nominale di oltre 5 MW da realizzare su oltre 11 ettari in territorio del Comune di Brindisi. Il diniego all’autorizzazione è scaturito a seguito della conferenza dei servizi nella quale la maggior parte delle amministrazioni pubbliche hanno espresso parere negativo. Le motivazioni alla base del diniego, ritenute dal TAR fondate ed esaustive, hanno riguardato la prevalenza della tutela del paesaggio sullo sviluppo dell’impianto da fonti rinnovabili (FER) proposto. In particolare la conferenza dei servizi ha evidenziato che «la presenza di altri campi fotovoltaici nelle vicinanze rispetto a quello proposto, fa sì che il campo in questione genererebbe ulteriore artificializzazione dei luoghi nelle loro componenti strutturali e percettive; con riferimento alle componenti antropiche e storico/culturali, e in particolare le componenti dei paesaggi rurali, il progetto compromette la conservazione dei paesaggi rurali storici e la trama agraria che nell’area di intervento, mediante alternanza di colture orticole, uliveto, frutteto, vigneto e seminativi, ha generato il mosaico agricolo tipico della campagna brindisina; le stesse direttive contenute nella Sezione C2 della Scheda d’Ambito della Campagna Brindisina prevedono che i soggetti pubblici e privati, nei piani e nei progetti che comportino opere di rilevante ì trasformazione territoriale, come quello in esame, adottino “misure per contrastare la proliferazione delle serre e di altri elementi di artificializzazione delle attività agricole intensive con particolare riferimento … omississ.. alle opere di rilevante trasformazione territoriale, quali i fotovoltaici al suolo che occupano grandi superfici; gli interventi progettati, riconducibili al sito del campo agrovoltaico, alle cabine di trasformazione e smistamento e al tracciato del cavidotto interrato, comportino pregiudizio alla conservazione dei valori paesaggistici dei luoghi e contrastino con le previsioni della NTA del PPTR e con quanto previsto dalla Sezione C2 della Scheda d’Ambito della Campagna Brindisina, nei suoi Obiettivi di Qualità Paesaggistica e Territoriale e nella normativa d’uso in essa riportati; in riferimento alle componenti visivo percettive, il campo agrovoltaico in progetto altera le componenti e le relazioni funzionali, storiche, visive, culturali, simboliche ed ecologiche che caratterizzano la struttura delle figure territoriali d’ambito interessate; il parco agro-voltaico comporterebbe un’ulteriore sottrazione di suolo andando a modificare non solo gli attuali assetti colturali ma l’omogeneità di un paesaggio altrimenti occupato da vegetazione naturale o ad uso agricolo; il parco agro-voltaico con le relative opere annesse andrebbe ad incidere sulla giacitura della maglia agricola tanto più in ragione del fatto che il progetto ricade in aree agricole destinate, anche solo potenzialmente, alle produzioni di qualità e che il territorio in cui è immerso il progetto in questione è interessato da produzioni agricole di particolare qualità e tipicità». Vedremo se il Consiglio di Stato sarà chiamato ad esprimersi su questa sentenza e se confermerà l’orientamento espresso in passato. Certo è che almeno in Puglia il via libera all’agrivoltaico, forse pure con la legge sulle aree idonee, non idonee ed ordinarie in discussione in Consiglio regionale, non è in discesa.

In copertina: impianto agrivoltaico dell’azienda agricola Svolta s.r.l. a Laterza (TA)

4 commenti

  1. C’è un presupposto, nel pronunciamento del Consiglio di Stato che ha bocciato i ricorsi contro gli impianti agrivoltaici, che andrebbe dimostrato.
    E cioè l’uso agricolo concorrente. Qualcuno è in grado di dimostrare che si possa realmente coltivare qualcosa all’ombra dei pannelli?
    La distanza tra i pannelli è sufficientemente ampia da permettere la lavorazione con macchine agricole o si pensa di lavorare il terreno con vanga e zappa o con macchine che di norma si utilizzano in un orto?
    Le lavorazioni sarebbero sicuramente complicate dall’infrastruttura dell’impianto, la maggiore richiesta di manodopera renderebbe le colture sufficientemente economiche?
    Le lavorazioni comportano spesso la produzione di polveri che potrebbero ridurre l’efficienza dei pannelli o la necessità di una pulitura più frequente.
    Perché non si richiede ai gestori dell’impianto non solo di dichiarare le condizioni in ipotesi (l’uso agricolo) ma anche di fornire prova dei prodotti dei terreni impegnati

  2. L’ eolico e il fotovoltaico tanto decantati dai verdi sono la rovina del paesaggio. Dovrebbero consentire solo il minieolico presso le fattorie, in poche unità. E il fotovoltaico sui tetti di stalle ed edifici industriali.

  3. Decalogo per arginare il predatore energetico
    4) Dopo il coraggioso decreto che lo vieta, ma ancora non rassegnati a tombare e devastare la Terra agricola per km con i lugubri paramenti funebri fotovoltaici, i predatori della speculazione energetica, millantano meraviglie con *l’agrivoltaico* , ricorrendo a fantasiose tesi pseudoscientifiche pur di continuare a lucrare tappezzando e uccidendo le superstiti campagne. L’agrivoltaico è infatti un’altra presa in giro, ennesima rapina che devasta il paesaggio e sfrutta l’agricoltura come attività di facciata per *impossessarsi di terreni fertili* e *consumare altro suolo* .
    Le colture mediterranee adattate da millenni non hanno certo bisogno di *ombreggiamenti,* anzi svolgono la fondamentale attività di fotosintesi e quindi accumulo di composti organici soprattutto nei mesi primaverili-estivi. *I cereali* ad aprile- maggio, nelle strategiche fasi di levata e spigatura, hanno bisogno di molta luce, mentre l’ombreggiamento ridurrebbe gli accumuli e quindi le rese e favorirebbe tra l’altro la *fusariosi* e quindi lo sviluppo di micotossine cancerogene. Mentre a giugno – luglio una buona insolazione serve a garantire *maturazione* e perdita di umidità delle cariossidi e quindi un buon profilo igienico-sanitario per la conservazione. Non a caso poi che da secoli le *colture orticole* o cmq più “ricche” si proteggono eventualmente dai freddi invernali con le serre, ma nessun genio ne ha mai ridotto la produttività nella buona stagione, favorendo anche qui malattie crittogamiche.
    In ogni caso gli orrendi, *lugubri paramenti funebri addirittura sopraelevati* massacrano anche di più il paesaggio e relativo turismo locale per km e km, indebolendo ulteriormente le comunità locali e la loro sopravvivenza allo spopolamento. Ennesimo episodio della rapina ambientale in corso ad opera della speculazione energetica, a favore delle imprese elettriche, non certo dell’agricoltura. Nessun agricoltore gestisce infatti ‘sto schifo, spesso lo subisce per ricatto della disperazione degli scarsi redditi a fronte di enormi fatiche. E negli anni rimarranno purtroppo appesi e funzionanti quei pannelli, ma le *pretestuose colture sottostanti, ormai inutili, scompariranno.*

    Le ” *superfici agricole non utilizzabili* ” sono poi un altro *furbesco grimaldello per riuscire ad aggirare le regole* ed invadere anche le superstiti campagne. In pochi anni sono stati ” *abbandonati” 500 000 ettari di grano duro* (alla faccia della pasta 100% grano italiano) e *100 000 ettari di splendidi oliveti* (alla faccia dell’extravergine locale che fa tanto bene al cuore e al paesaggio interno). Ma solo per una *ridotta remunerazione dei prodotti* agli agricoltori, non certo per inidoneità dei terreni alla coltivazione. Già una timida ripresa dei prezzi per l’olio EVO ha infatti ridato coraggio e speranza e quindi rimesso in coltivazione qualche migliaio di ettari di uliveti già “dismessi” ma ancora non oltraggiati dai predatori energetici.

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