Partita la Campagna nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio
di Alessandro Mortarino
Sappiamo tutti che la valutazione dell’impatto di una campagna nazionale e della sua ricaduta sull’opinione pubblica richiede non ore e neppure giorni, bensì necessita dell’analisi di un trend ben più prolungato. Per questo, in questa prima analisi “a caldo”, vogliamo lanciare un’avvertenza: potremo comprendere i risultati solo più avanti, mentre in questo momento possiamo (e dobbiamo) esclusivamente provare a sintetizzare che cosa stia accadendo dopo l’invio del messaggio trasmesso dal Forum Salviamo il Paesaggio a tutte le amministrazioni comunali italiane, invitandole a confrontarsi con la dottrina costituzionale e con l’esempio in atto in un Comune marchigiano, per affrontare un tema tutt’altro che secondario: quello dell’ingente stock di edifici privati abbandonati.
In questi giorni, infatti, la nostra segreteria ha ricevuto decine di telefonate e messaggi di posta elettronica da parte di Sindaci e consiglieri comunali i quali, dopo aver letto il nostro invito e le opportune documentazioni, hanno iniziato a chiederci approfondimenti, porre domande, segnalarci casi particolari, fondamentalmente richiederci aiuto per innescare un processo all’interno del perimetro dei loro municipi.
Si tratta di segnali importanti, che proviamo a raccontarvi, e sembrano avere spalancato le porte di un’esigenza in realtà molto comune ma trattenuta dal timore di non sapere esattamente cosa fare, come comportarsi, come superare gli ostacoli della burocrazia o di norme apparentemente inestricabili. Della serie: “vorremmo, ma non possiamo“. “Ma ora, forse…“.
Segnali che ci sono arrivati finora soprattutto da Comuni (di tutta Italia) di piccole dimensioni, come prevedibile, in prevalenza al di sotto dei mille abitanti, con punte massime di poco superiori ai cinquemila.
Tutti Comuni in cui gli edifici privati, spesso abbandonati da decenni, sono presenti in numero elevato: in qualche caso, addirittura in maggioranza rispetto al totale dell’edificato.
Spesso i Sindaci ci hanno contattato quasi scusandosi per le esigue dimensioni (“il mio Comune è un semplice puntino sulla carta geografica dell’Italia“) e restando poi sorpresi dalla nostra reazione, nel tranquillizzarli avendo constatato che le loro dimensioni e i loro problemi specifici risultavano in realtà identici a quelli di tanti altri colleghi.
Vediamo ora qualche aspetto e proviamo ad evidenziare qualche approfondimento rispetto alle documentazioni già trasmesse.
COME SI SVILUPPERÁ LA CAMPAGNA NAZIONALE
Esaurita la prima spedizione della nostra missiva a tutte le amministrazioni comunali, abbiamo diffuso un invito a tutte le oltre mille organizzazioni e a ognuna delle decine di migliaia di persone che aderiscono al nostro Forum nazionale, chiedendo di fare da “cassa di risonanza” in chiave locale: trasmettendo direttamente al proprio Sindaco l’identico messaggio già inviato dalla segreteria nazionale, sottoscrivendolo con il proprio nome e firmandolo.
Molti lo hanno già fatto e a loro si sono aggiunti anche consiglieri comunali che hanno presentato Mozioni alla propria amministrazione, richiedendole di recepire/aderire alla campagna e mettere in atto tutti i passi già suggeriti dal Regolamento vigente a Terre Roveresche. Tra essi il Comune di Firenze è sicuramente il primo e più significativo “caso”, grazie all’azione immediata del consigliere Dmitrij Palagi.
UN PRIMO GRUPPO DI LAVORO DI SINDACI/ASSESSORI/CONSIGLIERI COMUNALI
Tra quelli che si sono prontamente messi in contatto con noi, formeremo un gruppo di 15/20 soggetti con i quali avvieremo un tavolo di approfondimento, attraverso videoconferenze a cui parteciperanno Paolo Maddalena, il Sindaco Sebastianelli e nostri tecnici.
L’idea è quella di creare un primo “osservatorio“, in cui dibattere concretamente la procedura e, possibilmente, avviarla poi contemporaneamente in più Comuni di diverse aree geografiche, così da rendere evidenti percorsi e modalità e proporle alla virtuosa imitazione.
Quanto emergerà in questi tavoli di lavoro verrà successivamente portato all’attenzione di tutti gli altri Comuni.
MA DA DOVE SI PARTE?
È sicuramente la domanda che tutti i Sindaci ci hanno fin qui rivolto. E a tutti abbiamo risposto che occorrono due elementi basilari:
– la “volontà politica”;
– la piena assimilazione di quanto riportato nella delibera vigente a Terre Roveresche.
Ricordiamo, quindi, in estrema sintesi i passi da sviluppare (qui trovate la delibera integrale di Terre Roveresche): sono le fondamentali linee guida del nostro/vostro processo amministrativo per l’acquisizione al patrimonio comunale, la riqualificazione e il riuso, anche attraverso l’assegnazione a terzi, di beni in stato di abbandono nel territorio comunale!…
1. Attuare un censimento del patrimonio immobiliare esistente nel Comune, mettendo in luce:
– il dato numerico di quanto già presente in condizioni di inutilizzo,
– i beni inutilizzati e/o derelitti di proprietà pubblica, privata o di altra natura che si trovino in uno stato di abbandono e/o di degrado,
– i beni che possano determinare danni per l’ambiente, pericoli per la pubblica o privata incolumità, preoccupazioni per le testimonianze culturali e storiche,
– i beni che possano essere occasione per attività e comportamenti illeciti,
– i beni in qualunque modo abbandonati e/o inutilizzati e quindi non più rispondenti ad alcuna funzione sociale e/o che possano ledere l’interesse generale, così come disciplinato dalla nostra Costituzione repubblicana nonché dall’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
2. Affrontare il tema sia all’interno del consiglio comunale sia attraverso pubbliche assemblee, aperte a tutta la cittadinanza, per una necessaria disseminazione culturale e presa di coscienza individuale e collettiva.
3. Individuare e predisporre un elenco di beni aventi le caratteristiche di “beni comuni”, pubblicandoli all’interno del sito web del Comune, e definire un protocollo di responsabilità che disciplini l’utilizzo dei singoli beni individuati.
4. Emettere un’Ordinanza intimando ai relativi proprietari di adottare (entro 120 giorni) tutti i provvedimenti necessari per eliminare eventuali:
– condizioni di pericolo e urgenti opere di messa in sicurezza degli immobili,
– condizioni di pregiudizio alla sanità e igiene pubblica,
– ripristino delle condizioni di decoro dei beni fatiscenti o in stato di abbandono e inutilizzo,
– perseguimento della “funzione sociale”.
5. Decorsi i 120 giorni dalla notifica dell’atto, i proprietari hanno facoltà di presentare le proprie deduzioni o richiedere una proroga di 180 giorni. Decorso inutilmente il termine senza che sia stato adempiuto a quanto intimato dall’amministrazione, il Comune avrà la facoltà di acquisire (dichiarare acquisito il bene, ope consitutionis) al patrimonio del Comune e iniziare la procedura relativa, mediante deliberazione del Consiglio Comunale, successivamente trascritta nei pubblici registri immobiliari.
D’ACCORDO, MA SE NON RIUSCIAMO A INDIVIDUARE GLI EREDI DELL’ULTIMO PROPRIETARIO?
Anche questa è tra le domande più ricorrenti che ci sono state rivolte. E qui (sempre in estrema sintesi) la risposta va oltre a quanto esposto dal prof. Maddalena in merito alla corretta applicazione dell’articolo 42 della Costituzione che (è importante ribadirlo, ricordarlo, scolpirlo tra le proprie certezze…) non dev’essere confuso con un atto di “esproprio”, poiché storicamente il popolo cede ai singoli parte di territorio, che in origine gli appartiene; ma, se il singolo non lo utilizza, decade la sua “funzione sociale” e il popolo sovrano se lo può riprendere.
Pertanto tale tesi rende sufficiente che il Comune esponga in Albo Pretorio l’ordinanza iniziale, intimando ai relativi proprietari di adottare tutti i provvedimenti necessari a:
– eliminare eventuali condizioni di pericolo e mettere in sicurezza degli immobili,
– eliminare le condizioni di pregiudizio alla sanità e igiene pubblica,
– ripristinare le condizioni di decoro di tutti i beni fatiscenti e in stato di abbandono e di inutilizzo presenti nel territorio,
– perseguire la “funzione sociale”.
Va ricordato inoltre che, nel caso in cui i successori siano irraggiungibili/sconosciuti, ci si può richiamare anche all’articolo 16 del Testo unico sulle espropriazioni per pubblica utilità (D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) che, al comma 8, specifica che “Se risulta la morte del proprietario iscritto nei registri catastali e non risulta il proprietario attuale, la comunicazione di cui al comma 4 è sostituita da un avviso, affisso per venti giorni consecutivi all’albo pretorio dei comuni interessati e da un avviso pubblicato su uno o più quotidiani a diffusione nazionale e locale“.
E QUANDO IL BENE DIVENTERÁ DI PROPRIETÁ COMUNALE?
Altra domanda ricorrente: poiché i Comuni (in particolare i più piccoli) non dispongono di risorse finanziarie per ristrutturare/manutenere il bene immobile acquisito, cosa si può fare?
Sarebbe facile rispondere che, in tale caso, spetterebbe allo Stato dotare le amministrazioni comunali delle necessarie risorse. Ma lo Stato non ha un fondo specifico, e dunque…
Sta qui, allora, il vero punto nevralgico della campagna nazionale. Il Forum Salviamo il Paesaggio fu costituito nell’ottobre del 2011, unendo forze e aspettative di tanti soggetti (individuali e collettivi) accomunati da un preciso obiettivo: mostrare una diffusa richiesta da parte della cittadinanza, allo scopo di sospingere il Parlamento ad approvare una norma nazionale per l’arresto del consumo di suolo e il riuso dei suoli urbanizzati.
Da allora, abbiamo lanciato campagne nazionali, offerto spunti tecnici e legislativi tesi a migliorare i vari disegni di legge proposti dal Parlamento nel corso degli anni successivi, abbiamo addirittura costituito un Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico formato da ben 75 Esperti multidisciplinari che ha “donato” a tutte le Forze Politiche un testo di legge “dal basso”, poi discusso per anni nelle Commissioni congiunte Ambiente e Agricoltura del Senato.
Ma, fino ad ora, l’attesissima norma continua a essere “al palo”.
In quella nostra proposta di legge compare anche il richiamo al recupero della “funzione sociale” dei beni abbandonati, che possono essere tutto, tranne che un’inezia: i dati Istat ci dicono, infatti, che le abitazioni non occupate (a cui vanno aggiunti gli edifici produttivi, commerciali, agricoli ecc.) sono quasi dieci milioni. Un patrimonio che, se tornasse nuovamente nelle disponibilità delle nostre Comunità, renderebbe ancora più semplice imboccare la strada della crescita zero urbanistica: stop alle nuove edificazioni e contemporaneo riutilizzo di tutto l’ingente patrimonio oggi inutilizzato.
RIVITALIZZARE LE COMUNITA’
Ecco cosa significa riportare nella proprietà pubblica i beni abbandonati: stimolare il ritorno alla vita dei nostri Comuni.
Una volta acquisito il bene, secondo i dettami dell’articolo 42 della Costituzione, entra in gioco la seconda parte del procedimento, ovvero l’assegnazione a terzi, attraverso appositi bandi rivolti a famiglie giovani o prive di immobili di proprietà, che potranno godere del bene stesso sostenendo in proprio le spese di ristrutturazione, dopo avere ricevuto la concessione del diritto di superficie per 99 anni (eventualmente rinnovabile per un egual periodo) a fronte di un costo simbolico di 1 euro.
Non un passaggio di proprietà, dunque, bensì un più che sufficiente diritto d’uso.
Dagli edifici abbandonati, alla vita di una Comunità.
COSI’ FACILE?
No, non si tratta di un procedimento “facile”. Occorre, come dicevamo prima, innanzitutto una “volontà politica” e poi un’applicazione che può essere compiuta: l’esempio c’è già, da anni, possiamo imitarlo…
E se voleste approfondire la metodica ricostruzione storico-giuridica di Paolo Maddalena, vi suggeriamo la lettura dei suoi numerosi saggi, in particolare de “Il territorio bene comune degli italiani“, edito da Donzelli nel 2014 e da noi allora recensito qui.
Incontrerete Romolo, Numa Pompilio, la nascita del Diritto e del Demanio, l’articolo 838 del nostro codice civile e molti aspetti di un percorso che, oggi, siamo chiamati a ri-costruire.
Con un solo obiettivo: il futuro delle nostre Comunità. Grandi, medie, piccole…
Infine, torniamo ad invitare chiunque – amministratori e/o cittadine e cittadini – a procedere nel trasmettere al proprio Sindaco l’invito ad approfondire la possibilità di utilizzare questo strumento normativo per fronteggiare il fenomeno degli immobili abbandonati nel territorio, come qui da noi suggerito.