L’area verde della Goccia della Bovisa, chiamata così per la sua forma geografica, è in questi giorni al centro dell’attenzione: i cittadini chiedono di farne un grande parco e di fermare gli interventi previsti dal Comune che prevedono l’abbattimento di numerosi alberi.
Qual’è la storia di quest’area e cosa prevede il vigente Piano di Governo del Territorio? Per conoscere meglio gli aspetti della vicenda abbiamo posto qualche domanda all’Arch. Giuseppe Boatti del comitato La Goccia , costituito da cittadini e studenti, lavoratori, pensionati ed artisti, tutti impegnati per la salvaguardia dell’area.
“Si tratta dell’ex area industriale, ora dismessa, dei gasometri di Bovisa, una superficie di circa 430.000 mq. Un’area che, secondo il Piano di governo del territorio Pisapia-De Cesaris che conferma in questo caso il precedente PGT di Masseroli- Moratti, è destinata all’edificazione di circa 730.000 mq di SLP, pari a circa 4 milioni di mc vuoto per pieno: circa il doppio di tutta City Life“. L’area è di proprietà del Comune, di A2A e del Politecnico. “Non esiste e non esisterà un Piano attuativo generale dell’area” aggiunge “che, con la tecnica dello sfogliamento del carciofo, verrà destinata di volta in volta a varie funzioni: terziarie, residenziali, commerciali, universitarie ed altro“.
Un polmone verde nel cuore di Milano
Quali caratteristiche ha attualmente quest’area? “L’area è ricoperta da una folta vegetazione. La Forestale ha censito in passato più di 2000 alberi di alto fusto. La massa arborea presente è paragonabile, sia pure per leggero difetto, a quella del Parco Sempione e si collega ai parchi e alle aree verdi della cintura metropolitana. L’edificazione ipotizzata comporta la distruzione di quasi tutta la vegetazione“.
Ma c’è di più: considerando il suo passato industriale, è previsto dal Comune un intervento di bonifica. Su questo aspetto Boatti ci spiega che: “Il terreno è inquinato da scarti di lavorazione industriale, che, essendo in sito da molti decenni (anche oltre un secolo in qualche parte), hanno certamente già ceduto alla falda acquifera un parte significativa dei composti solubili, emulsionabili o comunque trasportabili“.
Si è acceso quindi il confronto con l’Amministrazione Comunale: “Il Comune ha recentemente deciso di attuare due primi pezzi di bonifica ( lotto 1A e B) senza svolgere la prescritta analisi di rischio, e dunque riesumando la superata legge del 1999. Ciò comporta l’abbattimento degli alberi per sbancare buona parte del suolo. Se questo metodo verrà generalizzato, per la bonifica complessiva verranno spesi quasi 100 milioni di euro, gentilmente offerti ai movimentatori di terra, e verrà distrutto il 75% delle alberature senza aver verificato se e in quale misura gli inquinanti presenti nel sottosuolo siano ancora suscettibili di diffusione nelle acque o nell’aria o per contatto dermico e dunque costituiscano un reale rischio per la salute. Ma chi se ne frega, finalmente sarà spianata la strada alla succosa e benedetta edificazione prevista“.
A riguardo il comitato ha inviato al Ministero dell’Ambiente una memoria tecnica per fermare la bonifica e contestarne il metodo, la procedura e la sostanza considerata “distruttiva, inutile e sprecona“. Tra le proposte, si legge dal sito del comitato, c’è quella alternativa di utilizzare “un tipo di bonifica ‘verde’, basata su alberi e radici capaci di neutralizzare i veleni e ‘pulire’ il terreno“.
In piazza per la conservazione e la riqualificazione dell’area
“Il comitato si batte invece perché venga svolta l’analisi di rischio tassativamente prescritta dal dlgs 152/2006, svolgendo poi le operazioni di bonifica risultate effettivamente necessarie e perché l’area venga pianificata mediante un Piano attuativo d’insieme, come prescritto dalla legge urbanistica fin dal lontano 1942” aggiunge il referente, che ci spiega anche qual’è la loro proposta per il futuro dell’area: “Gli obiettivi sono la conservazione del patrimonio arboreo nella massima misura possibile e il riutilizzo dei molti edifici esistenti, in buona parte di archeologia industriale, per l’insediamento di nuove attività, a partire da quelle universitarie”. Il Comitato ha manifestato in Piazza della Scala di fronte a Palazzo Marino lo scorso 28 ottobre. C’è anche una petizione on line che ha già raggiunto quasi 1.500 firme.
“Fermiamo le ruspe, impediamo il consumo di suolo” – si legge nel comunicato della manifestazione. L’attività del Comitato sicuramente proseguirà, per continuare a coltivare un sogno, che in realtà è grossa opportunità: “Esiste un bosco segreto nel cuore della nostra città… non spazziamo via la possibilità di realizzare un bellissimo Central Park milanese, un grande collegamento nel verde dalla periferia al centro dei grattacieli di porta Nuova“.
Luca D’Achille
E’ giusto cio’ che scrive Luca. Anche se fosse una goccia,io penso sia importante contrastare le decisioni dei politici che commettono crimini ambientali, a partire dal consumo di quel poco suolo e terra che rimane a Milano!
Semplicemente giusto e concreto cio’ che scrive Luca. E’importante contrastare i progetti dei politici che con le loro decisioni commettono dei crimini ambientali!Uniamoci compatti con tutte le associazioni Legambiente- WWF- FAI- SLOW FOOD e ovviamente con Salviamo il Paesaggio,per lottare!Separati non si otterra’molto! Maurizio di Salviamo il Paesaggio.
E menomale k verde li è poco ma non importa SOLDI SOLDI SEMPRE SOLDI l’ambiente va a farsi benedire MA LASCIATALI VIVERE QUEI POK ALBERI K SON RIMASTI ma SE DICONO K SI PUO’ BONIFICARE CON LE PIANTE XK NON PROVARCI?