Villa Albrizzi Franchetti è uno dei “luoghi del cuore” segnalati dal FAI, che racconta come questa villa veneta situata a San Trovaso, frazione del comune di Preganziol (Treviso), fu innalzata tra il 1680 e il 1700 lungo il Terraglio, in uno dei territori di villeggiatura preferiti dai patrizi veneti. Per molti anni questa importante dimora di proprietà dei nobili Albrizzi, noti mercanti di stoffe, fu centro culturale e salotto letterario, frequentato anche da Ippolito Pindemonte, Vivant Denon, Antonio Canova e Ugo Foscolo.
Quest’ultimo, addirittura, trovò ispirazione per comporre “I Sepolcri” proprio nel parco della villa, ricco di di piante esotiche che si alternano a un berceau, a serre e cavallerizza, a un edificio per il gioco della “borela” e ora in stato di estremo degrado.
Su “Il Fatto Quotidiano” dell’8 gennaio Ferruccio Sansa parla ironicamente di “All’ombra dei condomini e dentro l’urne“, attualizzando arditamente le parole di Foscolo col modernissimo rischio di vedere precipitare una nuova colata di cemento (oltre mezzo milione di metri cubi) proprio nei campi accanto alla storica villa, fatta costruire dalle famiglie Albrizzi e Franchetti e ora di proprietà della Provincia di Treviso che l’ha affidata in comodato alla fondazione Cassamarca, da qualche anno anche titolare dei terreni agricoli limitrofi alla storica costruzione.
Dice Sansa: «la strategia è di ottenere l’edificabilità dei terreni e costruirci sopra un nuovo quartiere. Ma perché realizzare una colata di cemento proprio accanto a un edificio così pregiato? “C’è assoluto bisogno di introiti per mantenere la struttura, pagare il personale e ridurre il debito” raccontano fonti della fondazione Cassamarca alla Tribuna di Treviso, “perché entro fine 2020 vanno trovati 75 milioni per dimezzare il maxi-debito con Unicredit più altri 5 per estinguere il resto”.
Il progetto sta però trovando una grande sollevazione da parte di cittadini e amministratori pubblici che “non ci stanno” ad accettare silenti la devastazione di uno dei gioielli del loro territorio che, appena sei anni fa, fu vincolato dall’intervento dell’allora Ministro Ornaghi e dalla Soprintendenza per una pura fruizione culturale.
Non si tratta di un nuovo progetto, ma della riproposizione di un disegno che già anni fa era stato avanzato dalla Fondazione Cassamarca e che aveva incontrato profonde resistenze anche da parte dei Comuni per la sostanziale “insostenibilità” dell’iniziativa, prevista tra l’area ex Secco, l’area ex Graziati e villa Franchetti.
Alle spalle dei progetti originari c’erano professionisti del calibro di Paolo Portoghesi e Renzo Piano, per lo sviluppo di un campus universitario, di un auditorium da oltre duemila posti, di residenze e negozi. Molta edilizia privata attorno a una minima “funzione pubblica”, dunque… E, naturalmente, in un’area popolata di residenze inutilizzate e di facile recupero.
Le reazioni critiche avevano consigliato a Cassamarca di riporre nel cassetto il progetto via via rivisitato, ma nelle ultime settimane dell’anno appena concluso le esigenze finanziarie della Fondazione Cassamarca hanno intravisto nella “valorizzazione” dell’area una ghiotta opportunità: si parla di un possibile introito compreso fra i 20 e i 25 milioni di euro.
Eccoci così, nuovamente, a discutere di un progetto definito di assoluta importanza rigenerativa. Devastante per un’ennesima testimonianza storica prossima ad essere inghiottita dal cemento…