Una Petizione promossa da Valdisieve in Transizione – che invitiamo a sottoscrivere on line qui – interviene per chiedere di non consentire un ennesimo tentativo di utilizzare il suolo di un’area degradata per farne centri commerciali e svuotare in questo modo il tessuto esistente, che ancora resiste, di piccoli comuni come Pelago e Pontassieve (e con effetto domino, anche altri situati nel territorio della Val di Sieve, in provincia di Firenze).
Ecco il testo della petizione:
La situazione attuale con la crisi sanitaria ed ecologica in atto ci spinge a ripensare ad un modello di sviluppo che favorisca gli esercizi locali, a minore impatto ambientale e resilienti per le comunità. È chiaro a tutti come la creazione di moltissimi centri commerciali in tutta Europa abbia progressivamente svuotato i centri cittadini, impedendo la sopravvivenza delle economie locali e favorendo invece lo sviluppo di un modello incentrato sul guadagno di pochi e lo sfruttamento di molti.
Ci sono però dei luoghi che ancora resistono, dove la variegata presenza di piccoli esercizi rende la vita migliore e dà lavoro a molte persone, distribuendo la ricchezza senza portare risorse preziose nelle mani di grandi aziende che il più delle volte risiedono dall’altra parte del mondo.
Nell’Unione dei Comuni della Valdisieve, in provincia di Firenze, è in corso di definizione il nuovo Piano Strutturale Intercomunale, uno strumento nuovo che si pone l’obiettivo di tutelare il territorio da uno sfruttamento selvaggio ed insensato salvando questi luoghi caratterizzati da una varietà paesaggistica unica. Ma il tentativo di fare delle operazioni meno sostenibili, prima che venga approvato e che entri in vigore, è visibilmente molto forte.
Nel comune di Pelago, sul territorio limitrofo al centro di Pontassieve, dopo la realizzazione di un centro logistico di 14.000 mq sul fianco di una collina, si stanno facendo delle operazioni che sembrano portare verso la futura costruzione di un nuovo quanto inutile centro commerciale nell’area dell’ex-cementificio Italcementi. La nascita di questa struttura, di dimensioni spropositate rispetto al bacino di utenza, spazzerebbe via l’economia locale dei due paesi, costringendo molti esercizi a chiudere i battenti, lasciando il deserto dove oggi resistono molte attività indipendenti e storiche, già pesantemente danneggiate dalla presenza degli attuali supermercati storici.
Non si tratta solo dei commercianti, ma di tutti i cittadini che vedrebbero il loro territorio svuotato di quei pochi segni di vita che ancora resistono. Le previste compensazioni atte a sanare il sacrificio del territorio non sono sufficienti né adeguate: non ci si deve dimenticare infatti che lo spazio dell’ex cementificio, ha segnato profondamente i nostri luoghi e la nostra storia negli ultimi cento anni, dando sì lavoro e occupazione, ma anche portandosi via vite, sfruttando e inquinando irreparabilmente il territorio.
Riteniamo quindi sia meglio destinarlo ad opere di utilità sociale, culturali, che possano rilanciare l’economia invece che distruggerla: biblioteche, cinema e teatro, spazi per gli artigiani, un centro di riuso e, perché no, un distaccamento di una facoltà universitaria che possa riportare i giovani a conoscere questa meravigliosa parte della Toscana. Questi sono, ovviamente, solo degli esempi; sarebbe necessario iniziare un percorso condiviso per capire, insieme a tutta la popolazione, come utilizzare questa che è una enorme ricchezza, in modo che divenga il centro di un vero, duraturo e sostenibile sviluppo per la Valdisieve.
È importante bloccare questi progetti dannosi, imposti dall’alto e contrari ai principi dello sviluppo sostenibile. Non è solo una lotta locale, ma riguarda tutti. Siamo chiamati a proteggere i territori nella loro diversità, una ricchezza che permea la vita stessa delle persone, salvandoci da un’omologazione economica e disastri ecologici che mettono a rischio la nostra vita ed il futuro dei nostri figli.