L’Associazione Sentieri Alta Val Malone-ASAVM partecipa al “Bando Green Donors” indetto dalla Compagnia di San Paolo per acquistare collettivamente alcune Foreste di Faggio di notevole pregio paesaggistico, naturalistico ed ambientale presenti sul territorio dell’Alta val Malone, nell’ambito territoriale del Comune di Corio (Torino), e successivamente gestirle attraverso una specifica associazione fondiaria.
di Mauro Salot, Presidente Associazione Sentieri Alta Val Malone.
In questi dodici anni dedicati alla riscoperta e al recupero dei sentieri dell’alta val Malone ho potuto percorrere centinaia di chilometri attraversando il nostro territorio a tutte le altitudini, in ogni stagione e condizione meteorologica.
In questo continuo vagare ho potuto apprezzare, tra le molte bellezze che la nostra casa comune ci offre, anche il fantastico mondo di alberi e boschi che abbiamo la fortuna di ospitare.
Quella che ci permettono gli alberi e i boschi è una esperienza sensoriale completa, onnicomprensiva ed entusiasmante che coinvolge tutti i nostri sensi ma, soprattutto, è una miscellanea di sensazioni da filtrare, selezionare e assaporare con la stessa lentezza con cui gli alberi nascono, crescono, lievitano verso il cielo.
Ogni specie di albero parla un suo linguaggio, racconta le sue storie, ci offre le sue utili specificità, ci affida le sue tracce emotive.
Gli alberi ci offrono e chiedono tempo, non hanno la nostra frenesia, scelgono con cura l’habitat più adatto alle loro caratteristiche, ricolonizzano territori dai quali erano stati scalzati per centinaia d’anni dall’opera dell’uomo, che poi li ha repentinamente abbandonati, e si muovono, si spostano quasi invisibilmente con una lentezza non percepibile alla ricerca di condizioni più adatte, tendenza questa accentuata dagli evidenti cambiamenti climatici causati principalmente dall’insipienza umana.
Basta guardare le nostre montagne per vedere di quanto si sia alzata la linea della vegetazione arborea negli ultimi 50 anni.
Gli alberi comunicano tra di loro e con l’ecosistema che li circonda, consolidano i versanti proteggendoci da frane e smottamenti, assorbono anidride carbonica restituendoci ossigeno, nel caso di violenti nubifragi, sempre più frequenti, trattengono nelle loro folte chiome ingenti quantità d’acqua che poi rilasciano lentamente rallentando fenomeni distruttivi, ci offrono infine pregiato materiale da trasformare o per riscaldarci.
Ma. fra le tante positive funzioni che questi giganti svolgono per l’ambiente e per il mondo animale del quale noi umani – non sempre con merito – facciamo parte, ve n’è una che ha una valenza di particolare importanza proprio per noi esseri dotati di essenza spirituale e sensibili alla bellezza e all’armonia.
Questa particolare peculiarità degli alberi è insita nella loro capacità di creare bellezza, di conferire equilibrio, varietà e armonia al paesaggio.
Il paesaggio naturale non esiste più, quello che noi definiamo un bel paesaggio è sempre creato dalla commistione dell’operato della natura con quello dell’uomo e più questo operato è attento, rispettoso e virtuoso, più il risultato sarà apprezzabile, equilibrato e godibile.
Lo slanciato frassino, l’elegante betulla, il pregiato rovere, la robinia, i castani monumentali che hanno nutrito e fornito legname solido e resistente, adatto ai più svariati usi, a generazioni di montanari, fanno parte della vegetazione arborea della nostra valle e contribuiscono a renderla varia e bella.
Un discorso a parte merita però il faggio, il nobile, austero ed elegante faggio, un albero del quale ci si può soltanto innamorare.
Visitiamo una faggeta in qualsiasi stagione, nessun altro bosco offre sensazioni ed emozioni paragonabili; austera ed imponente in inverno con i fusti lisci e grigi che si protendono essenziali verso il cielo creando motivi grafici e giochi di luce da incanto; tenera in primavera, con la gamma di verdi prima chiari e via via sempre più intensi sino a creare una cupola di fruscianti sfumature nel culmine estivo.
Ma il meglio il nostro faggio lo concede in autunno quando le foglie iniziano a mutare colore dando inizio ad una sinfonia policroma entusiasmante e commovente.
E il sottobosco della faggeta? Lindo, ricamato da muschi estivi e coperto da fruscianti coltri di foglie in inverno, senza rovi, senza imbastardimenti invasivi, un piacere senza fine potersi sedere, sdraiare e osservare, ascoltare, mettersi in comunione con un ambiente così straordinario…
Credo fermamente che un simile patrimonio vada protetto e tutelato da chi ha la fortuna di averlo e la nostra valle questa cornucopia di bellezza e emotività la possiede, ereditata da un atteggiamento di rispetto centenario dei nostri avi.
Nella fascia di media montagna abbiamo, o forse meglio dire avevamo, un dozzina di faggete di pregio che sciorinavano la loro bellezza da oriente a occidente del nostro ventaglio alpestre.
Case Aggiorgio, Trinità, Piano Audi, Case Rughet, Pasquet, le Artè, Case Fetà, Ritornato, Case Amasi, gli Arifeui, San Giovanni, Case Gianinet, Case Bel sono i nomi degli scrigni che contengono questo tesoro – perché di tesoro si tratta – a detta di tutti coloro che hanno la fortuna di visitarli.
E qui arriviamo all’attualità e al paradosso: cosa stiamo facendo in alta val Malone per tutelare questo fantastico patrimonio?
Poco o nulla; anzi, ci stiamo adoperando per distruggerlo!
Sono purtroppo in corso devastanti campagne di abbattimento, già iniziate o in procinto di iniziare, proprio in alcune di queste meravigliose faggete e non si tratta, come di antica consuetudine, di taglio per autocosumo, rispettoso e impostato su di un concetto di rotazione, ma di veri e propri interventi su vasta scala che priveranno, probabilmente per sempre, il nostro territorio di un suo simbolo qualificante e identitario.
Di chi la responsabilità?
Non mi ergo né a censore né a moralista, analizzo semplicemente la situazione.
Forse per noncuranza o forse per scarsa attenzione o mancanza di sensibilità, i coriesi (alcuni, fortunatamente, non tutti) stanno svendendo il proprio e nostro futuro per trenta denari, forse senza pensare, riflettere e capire.
E terminata l’opera, rimarremo con lande desolate, preda di rovi ed arbusti.
Credo sia necessaria una profonda riflessione, da parte dei proprietari di questi incantevoli luoghi, da parte dei nostri Amministratori, che tra le deleghe ricevute per il loro mandato hanno ben chiara quella di preservare e valorizzare bellezze e peculiarità del territorio ma, soprattutto, da parte di tutti noi coriesi, residenti, di origine, di ritorno o di semplice
frequentazione. Siamo sicuri che quella dell’abbattimento, dello sfruttamento intensivo indiscriminato e irrispettoso sia la direttrice virtuosa su cui impostare la relazione tra territorio e abitanti/fruitori?
Non è che agendo in questo modo stiamo recidendo proprio il ramo al quale possiamo aggrapparci per immaginare e impostare una strategia per un futuro virtuoso e sostenibile?
Che senso ha, anche per la nostra Associazione, aver lavorato per anni recuperando con fatica e tra mille difficoltà sentieri e mulattiere, promuovendo e valorizzando il territorio, se poi andiamo a recidere i fiori più belli, le più brillanti gemme del diadema?
Sia ben chiaro, e lo sottolineo, siamo assolutamente a favore di una forte attività nei boschi da parte di proprietari e professionisti, abbiamo un patrimonio boschivo immenso e in continua espansione da gestire, riorganizzare e rendere proficuo, abbiamo centinaia di ettari di bosco ceduo o di ricrescita che attendono soltanto cura e orientamento.
E se tra Amministratori, proprietari e professionisti avremo volontà e unità di intenti sono certo potremo trovare strade praticabili e virtuose per gestire questo immenso patrimonio.
Ma non credo che privandoci del bello, del sublime che ancora abbiamo, stiamo giocando una carta avveduta e intelligente sul tavolo del futuro nostro e delle generazioni a venire.
Invito tutti a salire nella faggeta di Pasquet, finchè ancora ci sarà, sdraiarsi sul letto di foglie e muschio, chiudere gli occhi, attivare sensi e cervello, e riflettere…
Chiudo citando Mauro Corona, da “La fine del mondo storto”:
“A questo punto è inutile tirarla lunga, è già chiaro quel che succederà. Un po’ alla volta tutto tornerà come prima, e sarà il principio di un’altra fine. Finché l’uomo non sparirà dal pianeta, farà di tutto, e ce la metterà tutta, per farsi male e per star male. Poi si estinguerà. Ma sarà colpa sua. L’uomo sarà l’unico essere vivente ad autoestinguersi per imbecillità. Amen“.
Bisognerebbe ricordare che nella lista Unesco dei Siti dei Patrimoni dell’Umanità, ce n’è uno del 2017 che comprende le “ANTICHE FAGGETE PRIMORDIALI DEI CARPAZI E DI ALTRE REGIONI D’EUROPA in cui rientrano di diritto faggete vetuste dei Monti Cimini nel Lazio, della Val Cervara nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e altre nel Parco Nazionale del Gargano e in quello del Pollino.
Penso sarebbe bene appellarsi (se le faggete della Alta Val Malone presentano i requisiti di antichità)
a questa assegnazione dell’Unesco.