A cura di Maria Grazia Bonfante, Coordinatore Provinciale Salviamo il Paesaggio cremonese, cremasco e casalasco.
Il nostro territorio è ostaggio del partito del cemento e degli affari privati?
A Cremona non sarà più il lucente violino in acciaio posto sul Rondò a est della città, al termine della ex SS10, ad accogliere i visitatori della città della musica e neppure soffrirà di solitudine il futuro polo logistico di San Felice, perché è previsto un capannonificio di 5 km dal Rondò di Cremona fino al Comune di Gadesco Pieve Delmona.
I primi insediamenti sono avvenuti con i nuovi edifici dediti alla ristorazione posizionati sia a destra che a sinistra della ex SS10. Continuerà l’occupazione del territorio con altre aree cosiddette produttive e di servizi come risulta dalle pianificazioni comunali vigenti dei rispettivi due Comuni.
Una conurbazione, cioè una estensione della periferia della città, fino a raggiungere il Comune di Gadesco Pieve Delmona. Ambiti di trasformazione pianificati più di dieci anni fa, sostenuti dal partito del cemento e degli affari che, indistintamente, ha trovato d’accordo le diverse amministrazioni che si sono succedute, Provincia compresa.
Comune di Cremona che ora ha fretta di realizzare il polo logistico nella convinzione di poter approfittare del tempo di adeguamento del PGT (Piano di Governo del Territorio) al PTR (Piano Territoriale Regionale), dimentico che la Legge Regionale n.31/2014 di riduzione del consumo di suolo ha avuto concreta attuazione con il nuovo PTR efficace dal 13 marzo 2019 e va già recepita togliendo gli ambiti di trasformazione, fra cui rientra quello di San Felice (CR28). Posto che per l’ATO di Cremona la riduzione del consumo di suolo deve essere finalizzata al consolidamento e alla tutela delle aree agricole e devono essere fermate le tendenze conurbative in atto.
Legge Regionale di riduzione del consumo di suolo che i partiti delle opposizioni in Regione, fra cui quelle che oggi governano la città di Cremona, hanno sollecitato per anni.
Il capannonificio di 5km mutua nuove infrastrutture e le nuove infrastrutture mutuano nuovi edifici, un perfetto circolo vizioso che ben conosciamo. Le decine di capannoni vuoti in ogni Comune della provincia e le aree industriali neanche terminate sono a testimonianza di medesime scelte politiche, che sappiamo fallimentari. Neppure il cataclisma del Covid, ancora non superato, con tempi e modi non noti di ritorno ad una nuova normalità del vivere, riesce ad instillare la necessità che serve pensare ad una nuova economia e che è indispensabile una visione politica discontinua con le ricette del passato.
Nei giorni scorsi si è appreso dalla stampa che il Comune di Gadesco Pieve Delmona anticipa con propri fondi comunali, la realizzazione di una rotonda da 800 mila euro. Certamente l’incrocio a raso con la strada di Cà De Mari è molto pericoloso e probabilmente un incrocio canalizzato con corsie di immissione potevano metterlo in sicurezza.
Una rotonda cosi pensata serve, invece, a valorizzare le aree industriali vicine ed è funzionale ai raccordi con l’autostrada CR-MN? E dato che alla fine di aprile la ex SS10 passerà di proprietà all’ANAS, l’ANAS lo sa?
Una previsione di aree urbanizzate senza motivazioni economiche sostenibili, ma che aumenterà in modo inaccettabile il traffico, i disagi per i viaggiatori anche dei Comuni limitrofi, l’inquinamento atmosferico e acustico dei quartieri afferenti con, però, la certezza che toglierà enormi quantità di suolo.
Da anni si procede con accordi di programmazione territoriale autoreferenziale, senza nessun progetto presentato alla cittadinanza corredato da benefici futuri attesi comparati ai danni causati al territorio. Una coesione partitica bipartisan e affaristica che alimenta molte preoccupazioni sul futuro del nostro territorio, perchè sostanzia le solite concentrazioni del partito del cemento e degli affari privati fra i “Comuni che contano”, lasciando ai margini tutti gli altri piccoli comuni, almeno 90 dei 113. Senza benefici per le loro comunità che mai sono chiamati ad una progettazione territoriale che declini fattivamente una nuova visione politica ed economica. Si ignora che i piccoli Comuni hanno bisogno di rivitalizzare e rigenerare aree urbanizzate vuote, contrastare lo spopolamento e il pendolarismo, l’impoverimento e il degrado diffuso del territorio, soddisfare i nuovi bisogni con servizi di prossimità di una popolazione che è sempre più vecchia.
Non tutto ciò che c’era prima del Covid va conservato: la sovraproduzione è dannosa (quanta merce che circola non serve), il consumo di suolo è insostenibile (la Terra è un bene finito non infinito), l’aria inquinata uccide (già persi tre anni di vita sana e uno su due si ammala di tumore).