Da oltre dieci anni i cittadini di Parma si sentono promettere dalle amministrazioni locali processi partecipativi. Le stesse normative, a qualunque livello, hanno ormai dovuto recepire quelle che sono indicazioni comunitarie cogenti finalizzate al coinvolgimento della cittadinanza nei processi decisori.
Eppure la cultura della partecipazione stenta ad entrare nell’orizzonte di senso delle forze politiche, locali e non: ad ogni tornata elettorale, di fronte al calo inesorabile dei votanti, si versano lacrime da coccodrillo, promettendo azioni per coinvolgere la cittadinanza e restituirle fiducia nei suoi rappresentanti politici, ma poi alla resa dei conti tali promesse si riducono a chiacchiere al vento. E non basta istituire un assessorato alla partecipazione per togliersi il pensiero, adempiendo solo formalmente ad uno scomodo dovere. La partecipazione bisogna praticarla.
A Parma ci era stato garantito un processo partecipativo in merito ad una proposta particolarmente impattante per la città intera dal punto di vista ambientale, economico e sociale: la demolizione e ricostruzione dello stadio Tardini. Ed ora ci ritroviamo nel bel mezzo di un percorso, propagandato a titoli cubitali dall’amministrazione comunale, per il quale si sono addirittura predisposti un bando e dei momenti di presentazione roboanti, che lascia davvero con l’amaro in bocca. Insomma, la montagna ha partorito il topolino. E spiegheremo brevemente il perché.
Innanzitutto, negli incontri partecipati organizzati da un rappresentante della ditta Poleis di Ferrara, viene concesso ai cittadini di esprimersi entro un perimetro di azione molto limitato. Infatti, non viene loro proposto di valutare se realizzare o no il progetto del Parma Calcio, o se, nel caso, possano esistere alternative alla sua localizzazione, ma semplicemente viene chiesto loro di “condividere il progetto per raccogliere indicazioni ed orientamenti per la sua realizzazione“. La differenza è evidente ed enorme.
Le ragioni che giustificherebbero un ambito così ristretto di intervento discendono da una precisa volontà politica: l’amministrazione non accetta che possa essere ridiscussa una decisione politica già presa, relativa all’approvazione del progetto e al riconoscimento del suo interesse pubblico. In verità, l’iter procedurale della progettualità del Parma Calcio è ancora lungo: necessita di ulteriori passaggi istituzionali di valutazione, discussione e, infine, una nuova votazione. Fino ad allora, quindi, qualsiasi opzione potrebbe essere rimessa in gioco. Potrebbe, se ce ne fosse la volontà e se davvero si volessero ascoltare le ragioni della cittadinanza, che in grandissima parte ritiene questo progetto dannoso o nella migliore delle ipotesi inutile e non richiesto.
Quello in corso si qualifica come un processo partecipativo compromesso e non degno di questo nome: non solo perché parte con i limiti inaccettabili imposti dall’amministrazione alle tematiche in discussione, ma anche per la grave carenza di documentazione messa a disposizione dal proponente.
Purtroppo, oltre a queste carenze strutturali stanno emergendo da un punto di vista squisitamente organizzativo numerose criticità fra le quali, come persone che da anni studiano e sperimentano processi partecipativi in ambito nazionale ed internazionale, ci limitiamo a segnalare alcuni aspetti macroscopici:
Il tempo per i tavoli di discussione è troppo limitato: si concedono interventi di pochi minuti, ai quali solo il referente Parma Calcio 1913 è chiamato a rispondere, senza alcuno spazio per il confronto e la condivisione e senza alcuna presenza sostanziale dell’amministrazione; l’impossibilità al dialogo e all’ascolto sta creando conflittualità, invece di ridurla e questo è impoverente e devastante per l’intera comunità;
I contributi devono essere tradotti in quaderni scritti per essere accolti; sul dossier che verrà alla fine consegnato non è previsto alcun momento di valutazione e di discussione;
Non c’è possibilità di esprimere bisogni da parte della comunità a cui invece sono richieste idee progettuali;
La documentazione sulla base della quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi è gravemente carente quando non addirittura assente. Non è possibile avere un quadro complessivo del progetto e del suo impatto sociale, ambientale ed economico sulla città e sul quartiere. Si parla di rigenerazione urbana ma per ora non ve ne è nessuna traccia.
Per tutte queste ragioni chiediamo:
Che la discussione sull’interesse pubblico della demolizione e ricostruzione dello stadio Tardini sia un argomento del processo partecipativo;
Che sia concessa una proroga del processo partecipato, che permetta lo svolgimento adeguato delle diverse fasi e tempi e modi idonei per l’ascolto, il confronto e la condivisione. La città merita di avere un progetto che diventi un’opportunità per tutti nel rispetto del principio del bene comune;
Che sia adottata una modalità di percorso che dia alla cittadinanza la possibilità di esprimere i propri bisogni, da tradurre poi in azioni adeguate. Va creato un confronto aperto, dove si danno risposte puntuali e si raccolgono i diversi sguardi di tutti gli attori in un clima costruttivo, integrando la discussione sui documenti con sopralluoghi organizzati e strutturati per una corretta conoscenza e con tavoli di lavoro che puntino attraverso il metodo della condivisione a raccogliere proposte costruttive e mediate tra le parti;
Che sia garantita trasparenza assoluta nelle modalità di trasmissione delle informazioni, che devono essere pubbliche e in diretta streaming durante tutte le occasioni di incontro;
Che sia fornita preventivamente in accompagnamento al progetto una documentazione di analisi completa e approfondita sui processi di trasformazione della città;
Che infine la partecipazione ai tavoli di lavoro tecnici sia aperta: d’accordo che possa intervenire solo un membro per associazione/stakeholder, ma gli incontri devono restare pubblici.
Manifattura Urbana
Parma Città Pubblica APS
Comitato Tardini Sostenibile