A cura di Riccardo Cecchini, Presidente Legambiente Versilia.
Il nuovo Piano Integrato del Parco MSRM, nell’ipotesi prospettata dal Presidente Bani, ci restituirà un Parco con nuovi connotati, che stanno ricevendo numerosi apprezzamenti da esponenti di vari partiti politici, sia versiliesi che pisani.
Vorremmo soffermarci in questa sede sul ridimensionamento drastico dell’area protetta e dei suoi confini, rimandando a successivi interventi un approfondimento sugli altri aspetti.
Il Presidente del Parco MSRM sostiene che, con il nuovo Piano Integrato, il Parco allargherà i propri confini, passando da 14.000 a 17.000 ettari. Peccato che ciò non sia corretto, perché è vero l’esatto contrario, visto che la superficie è sempre stata circa 24.000 ettari.
Si tratta dunque di un ridimensionamento. D’accordo con i comuni interessati allo sviluppo più che alla conservazione delle peculiarità naturalistiche e della biodiversità del proprio territorio (cosa di cui dovrebbero menar vanto), il Parco accetta di ridurre l’area complessiva di sua giurisdizione: si spaccia un aumento di superficie delle cosiddette aree interne da 14.000 a 17.000 ettari come un ampliamento (quantitativo, non sappiamo della qualità), ma si tace sul sacrificio degli altri 7.000 ettari che vengono declassati ad aree contigue.
La differenza rispetto allo stato attuale non è di poco conto, perché attualmente la pianificazione di tutti i 24.000 ettari è prerogativa del Parco: al momento della sua istituzione, il territorio prescelto per far parte del Parco, date le caratteristiche di grande valenza storica ed ambientale, fu stabilito che fosse amministrato da un unico soggetto in grado di uniformare le politiche urbanistiche secondo una visione d’insieme che indirizzasse il territorio circostante verso uno sviluppo sostenibile e coerente, svolgendo una funzione di “volano di sviluppo”.
Il progetto degli estensori del primo Piano Territoriale del Parco, in primis l’emerito urbanista Pier Luigi Cervellati, prevedeva infatti, con grande lungimiranza, che alle aree di minor pregio, ma indispensabili come tessuto connettivo per costituire un unicum territoriale su cui progettare e pianificare un modello coerente e non disgregato, venisse data pari dignità: tant’è che le aree esterne differivano da quelle interne solo rispetto all’esercizio della caccia, consentito soltanto nelle prime.
Ben diverso è il caso delle aree contigue ai sensi della Legge 394/91, per niente equiparabili alle “aree esterne funzionalmente connesse”: seppur soggetta all’indirizzo del Parco, in queste aree la pianificazione è riservata all’esclusiva volontà dei Comuni, a scapito di una visione d’insieme e di uno sviluppo armonico del territorio.
Come associazioni ambientaliste abbiamo infatti proposto che aree contigue, aggiuntive rispetto a quelle attualmente ricomprese nei confini del Parco, fossero individuate nelle zone adiacenti, contribuendo in questo modo ad una effettiva estensione dell’area protetta, anche se con minori vincoli.
Dal Presidente di un Parco ci saremmo aspettati un orecchio meno sensibile ai richiami di chi chiede meno vincoli per uno sviluppo purché sia, ed invece più attento alle voci di quanti reclamano maggiore protezione ambientale.