Viaggio dalla Campania alla Puglia, trionfo dell’energia alternativa che ha conquistato tutto il Sud. L’affare di questo inizio di secolo, a favore di pochi intimi, che vale solo quest’anno 10 miliardi di euro. Tutto pagato dagli italiani in comode rate bimestrali direttamente in bolletta
di Antonello Caporale – Il Fatto Quotidiano | 16 settembre 2012
Candela è un paesino che lega la Campania alla Puglia. I viaggiatori diretti a Bari lo incontrano alla sommità dell’Appennino, finita la salita dell’Irpinia d’Oriente. Spalanca gli occhi alla Daunia, li dirige sugli ettari di grano del Tavoliere, verso Foggia. A Candela nessuno pensava fino a vent’anni fa che il vento si potesse anche vendere. Il vento qui ha sempre fatto solo il suo mestiere: soffiare. Soffia quasi sempre, anche duemila ore all’anno. Contano le ore coloro che fanno quattrini col vento. Con un anemometro, un’asta lunga, una specie di ago d’acciaio diretto al cielo, si può conoscere se è buono o cattivo, forte o debole. Se soffia come si deve o se fa i capricci. Se è utile a far fare quattrini, dunque.
Arrivarono le aste e con loro particolari personaggi che organizzavano il mercato del vento. Sviluppatori si chiamavano. Sviluppavano il territorio, certo. Gli agricoltori di Candela ne furono lieti, anche il sindaco e tutta l’amministrazione comunale. C’era la possibilità di ottenere qualche migliaio di euro dalla società che avrebbe innalzato le pale eoliche. E soldi per fare una bella festa patronale per esempio e far venire (altrove era già successo) i cantanti di X Factor finalmente! E anche sostenere la squadra di calcio: divise nuove per tutti!
Pure belle sono le pale. Se le vedi da lontano sembrano rosoni d’acciaio o margherite giganti, dipende dai tuoi occhi, da dove le miri. Fanno la loro figura comunque. Ognuno degli abitanti del vento ha una sua immagine da offrire al pubblico dibattito. A un sindaco del Tarantino, per esempio, parevano simili a mulini a vento: “Abbiamo già il mare e avremo i mulini, delle possibili attrazioni per il nostro territorio sempre danneggiato, vilipeso dal nord”.
Le pale eoliche messe una accanto all’altra formano, come ha sempre spiegato Legambiente, un parco eolico. La parola parco dice tutto: significa ambiente tutelato, prati verdi, cielo azzurro, aria pulita. Finalmente il sud non avrebbe insozzato l’aria, anzi l’avrebbe trattenuta e gestita nel miglior modo possibile. Così a Rocchetta Sant’Antonio iniziarono a mettere le pale che pian piano giunsero fino a Candela, poi si volsero verso Monteverde e Lacedonia, paesi limitrofi. Puntarono in direzione di Foggia, cinsero Sant’Agata di Puglia come un pugno stringe una rosa, s’incamminarono verso Lesina, verso il mare dell’Adriatico.
Pale, pale, pale. Un alluvione di pale che ha conquistato tutto il sud. Loro in cima alle montagne, i pannelli fotovoltaici in terra. Creste d’acciaio in aria, e in basso silicio al posto degli ulivi, come in Salento, silicio invece degli agrumi, come in Calabria. Silicio e non pomodori, o vitigni, o alberi. Silicio in nome dell’energia sostenibile, del Protocollo di Kyoto, delle attività ecocompatibili. In nome del futuro dell’uomo. Conviene dunque partire da qui, dall’Irpinia d’Oriente, epicentro del vento, per illustrare il più straordinario, galattico affare di questo inizio secolo.
Per domandare come sia stato possibile costruire una fabbrica di quattrini per pochi intimi, un giro d’affari che nel 2020 toccherà punte multimiliardarie, deviando nelle casse pubbliche qualche spicciolo. L’equivalente di un’elemosina. Come sia potuto accadere che un tesoro collettivo inesauribile è stato ceduto ai privati. Che non una pala, una!, sia veramente e totalmente pubblica. Per volere di chi, grazie a complicità di quali menti, di quali mani, di quali occhi? E in ragione di quale bene comune il bilancio statale ha immaginato di destinare, per sostenere il ciclo vitale dello sviluppo delle rinnovabili, un monte di soldi che, in una puntuale, analitica interrogazione parlamentare al ministro dello Sviluppo economico e a quello dell’Ambiente, la radicale Elisabetta Zamparutti, unica curiosa tra le centinaia di colleghi silenti, stima in circa 230 miliardi di euro.
Solo quest’anno, nel tempo feroce della spending review che taglia ospedali e trasporti, trasforma in invisibili gli operai, taglia commesse e finanziamenti e con loro cancella la vita precaria dei precari, si dovranno accantonare altri dieci miliardi di euro da investire nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, le cosiddette Fer.
Dieci miliardi! Uno sforzo titanico a cui gli italiani sono chiamati a partecipare versando l’obolo in rate bimestrali attraverso un sovrappiù della bolletta elettrica. Si chiamano incentivi.
Erano i famigerati certificati verdi sterilizzati da nuove norme, le cosiddette “aste”. E non ha importanza che la soglia di rinnovabile elettrica sia stata raggiunta impetuosamente con otto anni di anticipo.
ORIZZONTE D’ACCIAIO
Candela accoglie i viaggiatori nel grande piazzale di una stazione di rifornimento di carburante. Il vento spazza l’asfalto. La sosta è obbligata per i bus che collegano l’est con l’ovest del Mezzogiorno. Arrivano le corriere da Napoli. Chi vuole andare a Foggia non conta infatti sul treno, sarebbe una via crucis. Perciò il bus. Il viaggiatore può attenderlo nel bar di antico sapore bulgaro. Una stradina lo costeggia e ci conduce verso Rocchetta Sant’Antonio, sulla linea di confine pugliese.
Superata la prima curva, l’orizzonte si fa d’acciaio. Una foresta di tubi e di pale, l’una dietro l’altra a recinto dei crinali delle montagne. L’orizzonte è tagliato dalle eliche, sembra che la terra possa decollare e tutti noi puntare da un momento all’altro verso il paradiso.
“I contadini hanno fittato agli imprenditori del vento e si sono rifugiati altrove – dice Enzo Cripezzi, presidente della Lipu Puglia e uno dei maggiori indagatori del fenomeno eolico – Hanno messo in tasca i pochi quattrini, una somma comunque incomparabile rispetto al reddito miserabile dell’agricoltura, e hanno scelto l’abbandono. Sono fuggiti col tesoretto, felici finalmente”.
Verso Rocchetta troviamo a far compagnia alle torri una poiana, rapace autoctono, che tenta di fare spuntino con una lucertola e poi compare più in là un biancone. Sono uccelli migratori, profondi conoscitori delle correnti del vento. Vivono grazie ai vortici depressionari che d’estate li conducono in Italia, in Spagna, nei territori caldi dell’Europa e l’inverno li riportano in Africa dove attendono il nuovo viaggio. Il biancone, della larga famiglia delle aquile, conosce così bene le correnti da superarle aggirando il Mediterraneo, prendendolo ai fianchi: costa ligure, costa azzurra, costa brava, stretto di Gibilterra, infine Marocco. Fanno fatica a superare l’acqua e questi uccelli migratori sono simili – in quanto a viaggi della speranza – agli uomini migranti. Gli umani muoiono sui barconi, gli animali in aria se il loro corpo non resiste alla fatica che la natura impone. Fino a ieri il pericolo era il canale di Sicilia, superato il quale veleggiavano verso la salvezza. Adesso no, le eliche li confondono e li annientano.
I nibbi reali,le cicogne nere, specie protetta e rara, possono incappare nelle turbine, ferirsi e morire. Così i falchi, le poiane, e ogni uccello che tenti di attraversare l’Appennino. Effetti collaterali minori, si dirà. E qual è l’effetto visivo, l’impatto ambientale, la forza prepotente e magica di questi spuntoni di roccia che affiorano sui pendii descritti da Gabriele Salvatores nel film Io non ho paura?. “La natura non aveva preventivato le pale eoliche – dice Cripezzi – Guardare oggi questo panorama e compararlo con quello di ieri fa venire un’enorme tristezza, un dolore profondo e rabbia”. La stradina si confonde al vecchio tratturo e punta su Monteverde. Il paese che guarda le pale. 850 abitanti, solo un anziano sulla panchina: “A me fanno venire le vertigini. Allora piglio una pasticca e tutto passa”.
DECIDONO LE REGIONI
Non si può dire no al petrolio e affossare l’eolico e il fotovoltaico, certo. Ma si poteva, anzi si doveva gestire il territorio, dividerlo per caratura paesaggistica, garantire alle pale un luogo e al paesaggio la sua identità.
Scegliere dove metterle, e come. Preservare il possibile e il giusto. Invece?
Invece la legge nazionale delega alle regioni. Lo sviluppo dell’energia è questione loro. E il paesaggio tutelato dalla Costituzione? Problema locale.
Le Regioni anziché fare un piano regolatore dei venti e delle pale e promuovere partecipazioni pubbliche allo sviluppo dell’energia pulita, rendendo bene comune, esattamente come l’acqua, il vento e il sole, privatizzano progetti e attuatori.
Tutto demandato agli uffici del Via, microscopici controllori della legalità e del paesaggio che col tempo fungono da predellino delle lobbies. “L’Europa ci vieta, per le norme sulla concorrenza, di prendere parte all’impresa”. Un leit motiv non soltanto falso, ma irriconoscente della realtà: non era vero, né poteva esserlo. Ma era comodo dirlo.
Pensate che la signora Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, nel primo semestre di quest’anno ha prodotto circa 230 nomine tra consulenti e consiglieri di amministrazione nelle più diverse e bizzarre diversificazioni merceologiche dell’intervento pubblico. Manca solo l’azienda regionale per la promozione del cioccolato bianco.
Tutto si può e tutto si fa, ma l’energia non è un bene pubblico, e lo sfruttamento delle risorse naturali non è questione collettiva. Ricordiamo le parole di sintesi – a proposito della discussione sulla misura degli incentivi da dare ai privati – di Gianfranco Micciché, viceministro al tempo del governo Berlusconi, noto a tutti per le sue battaglie ambientaliste: “Chi tocca il fotovoltaico si propone di far cadere il governo”.
E così i raggi del sole si sono trasformati in infiltrazioni private sulla terra.
Affari della Sanyo, come a Torre Santa Susanna, in provincia di Brindisi. Decine di ettari di terreno confiscati all’agricoltura sui quali sono stati riposti 33mila moduli solari per farne l’impianto tra i più grandi d’Europa. Finanziamento tedesco e tecnologia giapponese. “Vorrei esprimere le nostre sincere congratulazioni per il completamento di questo progetto e ringraziare Deutsche Bank per averci dato fiducia nella scelta dei nostri moduli solari”, commentò Misturu Homma, executive vice President di Sanyo. Giusto. Il sole è italiano, ma non conta, non vale. Non si vende. Si regala. Come pure i terreni. Pochi quattrini e affare fatto.
Oggi il ministro dell’Agricoltura, l’unico sensibile al consumo del suolo, propone una moratoria uno stop al consumo del suolo. Il governo ha appena licenziato il disegno di legge. Catania non è stato certo aiutato dal collega dell’Ambiente, il prode Clini. Clini non sa o non ricorda che in Italia esistono circa 13 milioni di abitazioni costruite dopo il 1970, quindi senza particolare tutele.
Sui tetti i pannelli e gli ulivi per terra: era più naturale e forse possibile?
Possibile senz’altro ma troppo dispendioso per i privati: molto più facile tombare di silicio centinaia di ettari di terreno. Molto più veloce e produttivo.
Sono stati cementificati 750mila ettari di territorio solo nell’ultimo decennio. Una parte poteva essere destinata ad ospitare i pannelli? Macché, troppo complicato. Via col vento e col sole dunque. E via con le imprese.
Il Mezzogiorno è stato spartito in spicchi d’influenza. Ad alcune aziende monopoliste sono stati affidati i lucchetti: la Fortore Energia ha cinto la Puglia, l’Ipvc la Campania, Moncada la Sicilia. In Calabria molte srl, alcune delle quali facenti capo indirettamente alle famiglie più importanti della ‘ndrangheta. La Piana lametina e il Crotonese sono stati assoggettati all’illegalità più clamorosa, plateale. Non c’è pala messa che non sia stata accompagnata da un’inchiesta giudiziaria. Truffa, corruzione, falso. Il trittico dei reati tipici, la serializzazione dell’attività giudiziaria. Energia pulita per mani sporche. Non tutte sporche, naturalmente. E non tutti imprenditori affaristi, naturalmente. Ma di certo tutti hanno goduto di una deregulation mai vista, incredibile solo a pensarci.
Edison, Sorgenia, Green Power, Sanyo e poi olandesi, spagnoli, cinesi. Tutti nel business. Solo privati però, sempre privati. Lo Stato non ha partecipato in nessuna forma, e gli enti locali neanche per sogno hanno accompagnato lo sviluppo eolico con una loro presenza, magari anche minoritaria, nelle società di produzione.
In Puglia la fabbrica ideologica di Nichi Vendola, secondo cui l’energia, per il solo fatto di essere rinnovabile e pulita fosse obbligatoriamente da catalogarsi a sinistra, ha permesso a essa di straripare. A nord della regione le pale, a sud i pannelli. Nichi ha chiuso la stalla quando i buoi erano già tutti scappati.
La Campania è stata comprata come detto dal signor Vigorito, capo dell’Ipvc, pioniere del vento. Acclamato presidente dell’Anev, l’associazione degli industriali del vento. Associazione “ambientalista” secondo i protocolli in uso per i tavoli del ministero dell’Ambiente. Una benemerita. Nel 2005 Legambiente e Anev hanno sottoscritto un protocollo d’intesa con lo scopo di promuovere l’eolico in Italia.“Insieme organizzano e collaborano”, scrive il sito ufficiale degli imprenditori. Purtroppo nel 2009 il presidente dell’Anev, questa titolata associazione ambientalista, viene arrestato. La Guardia di Finanza sequestra sette “parchi” eolici in diverse regioni e accusa Vigorito….
Era ieri. Torniamo all’oggi. Al 2011 sono state installate 5500 torri eoliche per quasi settemila megawatt di potenza installata. Altrettante sono in arrivo. Tutte concesse a tempo di record.
E chi vorrà dedicarsi alla coltivazione del mini eolico (torri alte anche cento metri fino a 1 megawatt) non dovrà neanche attendere la firma: basta la dichiarazione di inizio attività. Sarà zeppo di acciaio anche ciò che ora è libero da impianti.
Anche le vostre montagne e i vostri occhi dovranno abituarsi. Serve energia pulita. E che nessuno fiati.
di Antonello Caporale
da Il Fatto Quotidiano del 16 settembre 2012
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Sono nativo di Campomaggiore prov di Potenza ma vivo da molti in Venezuela.Ritorno al mio piccolo paese di 700 abitanti .Mi sono rimodernata la case che mi ha lasciato mio padre perche ‘amo la mia terra pero’da quando hanno installato 7 pale eoliche a un distanza di 50 metri dalle case e’ finita la pace.A parte lo scempio paseaggistico non c e stato lesson beneficial per i cittadini una piccola miseries Di trenta Milan euro all anno.Spero in un vostro aiuto sperando che possiate della vicenda e divulgarla .Grazie ed un auto da un vostro connazionale preoccupato per il suo territorio
Grazie Antonello Caporale! a nome dell’Italia tradita, a nome soprattutto di questo nostro Sud, devastato prima dal petrolchimico e ora e sempre da tutto quanto fa business…
A quanto detto da te, così bene e con tanta passione, non posso aggiungere altro.
penso che ci siano dei responsabili e che lo stesso Niki Vendola sia stato vittima di un gruppo di propagandisti dell’eolico, che andarono in Puglia a convincerlo che questo era morale , corretto, auspicabile , moderno ed ecosostenibile per battere le multinazionali del petrolio.
quel gruppo vedeva ex esponenti verdi ora passati al PD.
Sono portatori di idee eversive quali quella che il paesaggio cambia. E’ sempre cambiato per l’opera dell’uomo e che le torri eoliche sono il bello del paesaggio del xxi secolo.
Chi sa dica nomi e cognomi e il nome della associazione nella quale si afferma che le gigantesche macchine, adatte solo a zone industriali ” abbelliscono il paesaggio ”
oreste Rutigliano
E’ stato una sbaglio strategico puntare sull’eolico, oltre i vari problemi legati all’ecosistema, non è assolutamente adatto all’Italia: poco vento, conformazione del suolo, enorme patrimonio storico artistico,molto turismo. L’impatto è enorme soprattutto se a viverci vicino ci sono paesi o case sparse.
La conversione indiscriminata ad area industriale del territorio italiano equivale a consentire l’edificazione di un eliporto in piazza del Campo a Siena.
E questi predoni in cravatta ce la fanno pagare a noi.
Ci fregano soldi e terra, reddito e territorio, salute e identità.
Non si sono risposte per questa gente. Non ha senso neppure discuterci.
qui siamo riusciti a sporcare anche le energie pulite!
Nessuno si è mai posto il problema nocivo del rumore e che tali impianti hanno una durata limitata nel tempo, e dopo che faremo? Lo dicano i signori del vento. Sono solo cattedrali nel deserto!
Conosco la zona di Candela e dintorni. Un territorio ricco di valenze ambientali e paesaggistiche è stato completamente devastato dalle pale eoliche. E lo scempio continua con la benedizione di Vendola che poi va in televisione a blaterare sull’importanza della tutela del paesaggio. Antonello Caporale ha perfettamente ragione. Con le pale si produce ben poco e si distrugge tantissimo, per giunta il tutto viene scandalosamente ed abbondantemente finanziato con soldi pubblici. E l’affare é quanto mai ghiotto per le varie mafie che evidentemente sanno farsi ascoltare dove è utile.
GRAZIE sig.STEFANO,solo chi ha visto con i propi occhi si rende conto realmente che la realtà sull’eolico industriale e molto diversa da come ci viene raccontata ho propagandadata dai mass media e dalle varie lobby,per il resto condivivo in pieno il suo commento.
Guido Ferraguti mi sembra cogliere anche se un po sarcasticamente, il nodo del problema anche se una politica del paesaggio va fatta a tutti i costi. Vengo ora da un viaggio dove ho attraversato tutta la Germania, parte dell’Austria, e della Francia e poiché ho fatto lo stesso viaggio 5 anni fa, mi sono reso conto di come le pale eoliche e il fotovoltaico a terra sia enormemente aumentato in questi paesi che per altro hanno tutti il nucleare.
Se vogliamo dire no a tutto rischiamo di finire vittima di noi stessi. Le zone ad eolico sono paesaggisticamente degradate ma il fotovoltaico a terra e le pale eoliche si possono anche smontare ma il disastro che nessuno vuol affrontare delle Apuane che vengono demolite pezzo per pezzo per un indotto che è ormai per la maggior parte all’estero, non interessa a nessuno.
Lamberto Tosi
Riporto qualche dato impressionante già pubblicato nei mesi scorsi Fonte: ANSA.
Scritto da: Via dal Vento – 10 maggio 2012 Archiviato in Criminalità
e pubblicato sulle nostre pagine fb e sui siti e blog di RRC Rete della Resistenza sui crinali e di Italia Nostra Firenze e sito nazionale
Mafia: per il CNEL è grave l’infiltrazione nel settore eolico: ridurre gli incentivi.
“Fa gola alle mafie il mercato dell’energia eolica europeo, sul punto di superare entro il 2015 68 miliardi di investimenti in cinque anni. Gli arresti nell’ambito di inchieste sugli impianti italiani, tra il 2007 e il 2011, sono stati oltre 125 in cinque Regioni. Il presidente del Cnel, Antonio Marzano, parla di una ‘grave penetrazione mafiosa’ presentando il rapporto ‘I rischi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dell’energia eolica’. Il sottosegretario agli Interni, Carlo De Stefano, invoca ‘un sistema di contrasto scientifico per rispondere alla presenza capillare delle mafie nel settore’ e punta sulla massima trasparenza delle procedure e sull’incremento dei controlli, anche attraverso la tracciabilità dei pagamenti. Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, sottolinea invece come ‘incentivi, assolutamente fuori linea rispetto ai costi degli impianti, hanno creato rendite, un grasso che ha attratto la criminalità organizzata’. Secondo il rapporto sono quattro i principali aspetti di debolezza del settore: la concentrazione degli impianti in superfici ridotte, l’elevato costo di realizzazione, la scarsità’ dei mezzi degli uffici tecnici chiamati a dare i permessi e la presenza della quasi totalità degli impianti in regioni con ‘tradizionale presenza di criminalità organizzata’ a partire dalla Sicilia, la Puglia e la Campania”
ATTENZIONE l’invasione sta salendo verso il centro dopo aver devastato il sud.
Un progetto di 11 pale Eoliche alte 150 metri è previsto nel comune di Sassoferrato (Ancona)sui monti Mezzano,Le Siere,Chicosse e Niesola. Siamo all’interno del parco di M.te Cucco e Gola della Rossa e al margine della Grotte di Frasassi, famose nel mondo. La zona è bellissima, qui l’Appennino si dirama tra l’umbro marchigiano e il marchigiano che arriva fino ai Sibillini. Le piccole valli formate da questa diramazione sono coltivate e piene di monasteri, pievi ed abazie. Negli ultimi anni nella zona sono nate piccole attività recettive e i paesini si sono, in parte, ravvivati sia per l’incremento di un turismo escursionistico sia per il ritorno di alcuni abitanti, spinti anche dagli alti prezzi delle abitazioni nelle città limitrofe. E’ rinato un tessuto sociale e conviviale a misura d’uomo con la ripresa di attività, in parte, scomparse: taglio dei boschi, agricoltura biologica, apicultura.
Questo delicato equilibrio faticosamente ricostruito sta per essere spazzato via da una……..folata di vento. Gli anemometri (misuratori di vento) campeggiano quasi invisibili sulle cime ma lasciano presagire il peggio. Anche i volenterosi comitati locali (comitato per la difesa del monte Mezzano) con la raccolta firme, temo che poco possano. Sono pessimista.
Trovo meschino cercare delle ragioni economiche, finanziarie ed energetiche contro l’installazione massiccia di aerogeneratori giganti in Italia di fronte alle immagini apocalittiche che provengono, ad esempio, dalla Daunia. Esse sono un mememto mori per tutte le montagne, le colline e le coste d’Italia, se si installeranno quei 26.000 MW (finora abbiamo combinato tutti questi disastri con “solo” 7.000 MW installati) di potenziale eolico come riportato, ad esempio, da “La Repubblica” del 3 aprile scorso. 26.000 MW tanto per cominciare, si intende…
Sarebbe come distruggere i centri storici di tutte le città e dei paesi italiani per costruire al loro posto, che so, dei supermercati… ma ad alta efficienza energetica, mi raccomando! Eppure bisogna: queste ragioni puramente materiali pare che siano le uniche che ormai contano e fanno presa nel nostro Paese, di fronte alla caduta di tutti i tabù culturali.
L’idea di puntare tutto sulle rinnovabili elettriche è davvero balzana, ma i 12,5 miliardi all’anno che sono stati recentemente stanziati per incentivi a loro esclusivo favore (a carico delle bollette elettriche dei consumatori e non del bilancio dello Stato, per sfuggire con una gherminella contabile agli obblighi comunitari di contenimento della spesa pubblica) sono davvero una bella torta, da cui potrebbero cadere briciole grandi in proporzione. Sarebbe bello che qualcuno (che ne ha il potere, oltre che il dovere) indagasse se tali briciole non finiscano nelle tasche sbagliate, come temo. Altrimenti non sarebbero spiegabili mutamenti d’idea tanto repentini del concetto di tutela del territorio e di secolari canoni estetici, ed il venir meno di obblighi istituzionali e statutari da parte di una molteplicità di soggetti preposti alla prevenzione e al controllo.
Al pregresso debito di 170 miliardi per incentivi(fonte: Ministero dello Sviluppo economico) si sono infatti recentemente aggiunti, e proprio per l’unico obiettivo comunitario già raggiunto nel programma “20-20-20 per il 2020”, altri 3,5 miliardi all’anno per venti anni. Si vanno realizzando tutte le condizioni per uno dei maggiori scandali dell’Italia repubblicana per quello che riguarda gli arricchimenti illeciti. Ottenendo in cambio il peggiore disastro di ogni epoca in termini ambientali, paesaggistici e di valori identitari.
Complimenti ai (molti e spesso inimmaginabili) responsabili: saranno famosi.
SONO UN CITTADINO di CANDELA,si propio della localita da dove parte il bel reportage di ANTONELLO CAPORALE,che ringrazio pubblicamente per aver descritto l’altra faccia delle rinnovabili,quella che non compare mai nei spot tv e dei mass media generali.
VORREI dire ha tutti quelli che fanno finta di non sapere,che vengano nella prov. di FG,x rendesi conto con i propi occhi cosa vuol dire eolico industriale e solare nei terreni fertili e poi ne parliamo…,io personalmente non sono contro le rinnovabili in generale ma contro gli abusi che si fanno in nome di esse ,facendo passare il messaggio mediatico che sono ha zero emissioni ed impatto ambientale,aproffitando di incentivi altissimi che vanno a finire hai soliti noti,senza nessuna programmazione per un vero sviluppo compatibile con tutele sia del paesaggio che delle persone,basterebbe per fare una vera rivoluzione “energetica verde” che questi incentivi venissero dirottati verso le famiglie e le piccole imprese per l’autoconsumo,con pannelli fotovoltaici sulle case, edifici pubblici e capannoni industriali e zone degratate,invece che darli alle poche lobby dell’ eolico industriale che hanno anche la legge per espropio pubblico(espropio pubblico ad uso privato un vero abuso oltre ad essere vergognoso)e chi dice il contrario ho è in malafede ho campa a spese di queste lobby(che noi tutti cittadini finanziamo) e sicuramente non ama la natura ed il paesaggio che e la vera risorsa dell’ITALIA che tutto il mondo ci invidiava,e che solo chi ci governa non si accorge che si stà distruggendo giorno dopo giorno come il sig.VENDOLA nella PUGLIA favorendo sempre con leggi permissive il degrado ambientale,per il resto sottoscrivo in pieno i commenti del sig.MARCO GALLIANO e l’analisi di ENZO CRIPEZZI.
Ho riportato il reportage da Candela nella mia pagina perchè ora i progetti sono arrivati anche nell’appennino tosco-emiliano. Siamo ovviamente molto preoccupati di questa proliferazione anche in zone dove non c’è vento sufficiente e anche dove la conformazione del terreno non lo permetterebbe perchè zone impervie e soggette a frane. Evidentemente i signori del vento non si fermano davanti a niente … ci vorrebbe un’altra tangentopoli eolica che scoperchiasse il velo …
Questo articolo di Antonello Caporale è un risarcimento morale per tutti quei cittadini che hanno subito la violenza di vedere il loro ambiente completamente stravolto dall’eolico industriale selvaggio. Visitando i luoghi racontati da Caporale si capisce benissimo che dietro tutto ciò non c’è MAI stata alcuna politica di tutela dell’ambiente, casomai esattamente l’opposto. Si è trattato semplicemente (purtroppo) di una rapina ambientale tesa a far guadagnare un sacco di soldi a speculatori della peggior specie.
Chi ha appoggiato queste paratiche, anche partiti e associazioni ambientaliste, si è macchiato di un gravissimo “crimine”, un crimine ambientale e paesaggistico.
Si possono e si devono sviluppare le energie rinnovabili, ma bisogna farlo nell’Assoluto rispetto dei territori, dell’ambiente e della legalità.
Bisogna chiedere i danni morali ed economici a chi ha permesso questo schifo, a tutti quegli sviluppatori, speculatori, imprese che hanno lucrato con i soldi pubblici e che li hanno poi investiti all’estero o nelle finanziarie, a quelli che hanno inventato il meccanismo per cui questi incentivi li paghiamo noi in bolletta, a quei qualunquisti che dicono non volete le energie PULITE ? Allora cosa volete ? A quei qualunquisti a quei finti ambientalisti lancerei una scommessa … quando saranno finiti i soldi di questa energia sovvenzionata dallo stato e da noi cittadini, quante di queste pale rimarranno funzionanti ?
La situazione è a dir poco catastrofica e mi dispiace che vi siano commenti abbastanza qualunquisti, della serie “le pale bisogna farle altrimenti rimanete senza luce”. Sono anzitutto un CITTADINO di queste aree ormai deformi in cui l’urbanistica è diventata un aborto e mi sono ampiamente documentato. La questione è inoppugnabile e vorrei esplicitarla nelle righe seguenti.
Spero che il Forum continui fare luce su questo gigantesco, immenso fenomeno di speculazione energetica da troppo tempo avvolto nell’intoccabilità.
Il senso del servizio getta un minimo squarcio di verità su una imperversante omertà mediatica stratificata in anni di disinformazione.
Tra chi commenta, poi, non metto in conto chi può scrivere per chiaro conflitto di interessi, mi sembra un atto dovuto quando si affrontano certi fenomeni per altro non a caso privi di pianificazione e programmazione.
Criticare le rinnovabili, denunciarne storture e i limiti è più utile, per le stesse rinnovabili, che non illudersi e fare finta che sia tutto rose e fiori per poi trovarci domani con un pugno di mosche e miliardi di euro che potevano essere spesi con maggior vantaggio di riduzione dei gas serra e per un futuro migliore. Altrimenti diventa solo una sterile gara a chi vuole più rinnovabili accusando, in maniera puerile e infantile, gli altri di essere per il carbone.
A parole tutti vogliamo energia pulita ma poi bisogna documentarsi, scendere nello specifico e verificarne pregi e difetti. Scrivere “meglio l’eolico che il carbone”, o il nucleare, : il problema non si pone proprio.
Il vero nemico delle rinnovabili sono i loro stessi sostenitori (non tutti ovviamente), con i loro atteggiamenti di intolleranza e di imposizioni delle idee in perfetto stile Realacci.
Ho visto l’eolico e il fotovoltaico, da vicino e da lontano, dai primi impianti ad oggi, ho studiato non meno di 150 proposte progettuali e ho conosciuto i “signori” del vento. Conosco le norme di settore, se di norme si può parlare, e la quantità oceanica e ingestibile di progetti che stanno trasformando le cartine del centrosud in un enorme morbillo, con buona pace dei valori territoriali, che, è bene ricordarlo, avrebbero anche loro un valore economico se meglio considerati.
Quella che si è sviluppata sulle rinnovabili è stata una vera e propria dittatura, prima culturale e poi di fatto, con l’imposizione degli impianti sul territorio, in nome di un becero affarismo che non ha nulla da invidiare a chi realizza le peggiori centrali a carbone.
Non basta che le rinnovabili siano pulite DEVONO essere anche sostenibili.
Le rinnovabili si dovevano fare a “patti e condizioni”, oggi ancora mancano ancora gli uni e gli altri.
Si poteva sovvenzionare armoniosamente e in maniera diluita il fotovoltaico da qui alla scadenza del 2020 e non “tutto e subito” facendo cosi da cavia e favorire (NOI ITALIANI) il ribasso dei costi a vantaggio di altri stati che ora ne godranno insediando più lentamente i pannelli.
In due anni siamo passati da 1000 a 11.000 MW installati e questo solo grazie alla speculazione, non di certo a una seria valutazione e programmazione, di cui sarebbe stato capace anche un bambino nella sua banalissima logica: dove mettiamo ‘sti pannelli?
Sul suolo, già massacrato e consumato da ogni genere di urbanizzazioni, industrializzazioni, asfalto e cemento?
O ne spalmiamo l’insediamento sui tetti dei condomini, cosi magari le famiglie possono beneficiare anche di una integrazione al reddito, che in tempi di crisi avrebbe svolto anche una funzione sociale?
E magari non c’era nemmeno bisogno di realizzare costosi interventi sulla rete con elettrodotti per conferire l’energia dalle aree rurali a quelle cittadine in cui vi è il consumo.
Lo stesso dicasi per l’eolico, che ha goduto di anni di intoccabilità e per il quale non si sta dicendo “NO” ma se mai “BASTA”, visto che è stato impedito qualsivoglia dibattito preventivo.
E’ incredibile: la più grande ed epocale trasformazione territoriale sviluppata a uso e consumo di una lobby e senza che vi siano state a monte almeno decisioni ragionate e quindi programmazioni e pianificazioni o, almeno, una sentenza di condanna con cui ci si dicesse “dovete beccarvi 10.000 pale e qualche 1000aio di ettari di pannelli. Il vostro Mezzogiorno non esiste più. Punto”.
E cosi fra poco finiranno di seppellirci con 2-3 progetti di pale sugli stessi siti e che nessuno sa più come fermare ! E non mi si venga a dire che la Puglia o altre regioni hanno delle pianificazioni o che lo Stato abbia emanato qualsivoglia regola degna di questo nome. Sfido chiunque a definirli tali, spesso innocui, nel migliore dei casi arrivati a babbo morto.
E non esiste nemmeno un catasto degli impianti e con la folle deregolamentazione delle macchine da 1 MW (definito speculativamente “minieolico”, si avete capito bene!!!), eludendo cosi perfino le poche regole in materia: e cosi, se devi presentare un progetto come altre società per un impianto da 2-3 MW basta realizzare 2-3 pale da 1 e fotti il prossimo.
Tanto poi nessuno osa dover parlare sui giornali perché sennò viene tacciato di essere contro le rinnovabili e a favore del carbone.
Cosa vuoi di più, una speculazione favorita dalla cittadinanza attiva !!
Allora è bene precisare anche altri aspetti come quelli incontrovertibili dei dati, partendo dal bilancio energetico nazionale e magari anche da quello di altri blasonati paesi.
Tanto per confutare percentuali che speso si vedono sparate a destra e a manca ecco di seguito la verità estratta dai dati di produzione e consumo nazionali, PRECISANDO che ogni volta che si danno dei dati è opportuno indicare rispetto a quale comparto si riferisce.
Ad esempio se qualcuno dice che siamo già al 7 % di contributo energetico dell’eolico… FALSO. Rispetto a cosa si riferisce quel 7%???? Ebbene rispetto al totale della SOLA rinnovabile (!) …. però, a sua volta di quale comparto??? Ebbene del solo comparto elettrico perché poi ci sono riscaldamento, trasporti, ecc. vale a dire il fabbisogno totale di tutta la nazione rispetto al quale quello elettrico rappresenta un terzo.
Ecco che allora nel 2010 tutto l’eolico ha contribuito per il 2,7% rispetto al fabbisogno energetico ELETTRICO (ovvero lo 0,9 % del fabbisogno energetico complessivo di tutta la nazione).
Sempre nel comparto elettrico, il fotovoltaico vi ha contribuito per lo 0,6%, l’idraulico per il 15,3%, il geotermico per 1,5% e le bioenergie per 2,7%. Tutte le rinnovabili hanno contribuito al 22,8 % dei consumi elettrici ma soprattutto grazie al tradizionale idroelettrico.
Nel 2011 eolico e fotovoltaico hanno raggiunto il 3% ciascuno al fabbisogno elettrico nazionale e si prevede che nel 2012 il fotovoltaico raggiungerà quote superiori grazie ai vorticosi incrementi speculativi.
Con il Piano d’Azione Nazionale per le fonti rinnovabili, l’Italia ha l’obiettivo comunitario di arrivare al 2020 con il 17% di copertura energetica da rinnovabile rispetto ai consumi finali di energia TOTALE.
Ogni comparto dovrebbe fare la sua parte e la previsione in quello elettrico è del 26,3%.
Ebbene questo obiettivo è stato GIA’ raggiunto quest’anno, con 8 anni di anticipo, complice anche la crisi che ha prodotto quello che invece doveva essere fatto con una politica di risparmio energetico mai attuata.
Per contro la politica nel campo dei trasporti, delle rinnovabili termiche, dove l’Italia ha eccellenze imprenditoriali, e, appunto, nel campo del risparmio e efficienza energetica, è al palo.
Anzi si realizza il PARADOSSO di tagliare fondi e risorse a tutto, dagli ospedali alle scuole e…. ai trasporti pubblici che dovrebbero contribuire al contenimento della CO2, oltre a innegabili servizi sociali, mentre si continuano a foraggiare le rinnovabili elettriche e nello specifico l’eolico che comporta effetti degradanti per il territorio.
Sulla scia dei dati incontrovertibili aggiungo anche quanto segue che non ha bisogno di commenti.
930 euro: onere per la produzione di 1 TEP (Tonnellata Equivalente di Petrolio) di energia con fonte rinnovabile elettrica (certificati verdi)
350 euro: stesso onere se derivante da fonte rinnovabile termica
100 euro: stesso onere se derivante da interventi di risparmio energetico.
(Sebbene tra interventi nella produzione e quelli nel Consumo, ci sia attualmente un rapporto di circa 1 a 6 ma il vantaggio di intervenire negli altri comparti rimane)
Alla fine della giostra, se la coperta delle risorse è quella che è, bisognerebbe spostarla la dove è più conveniente, fa meno danno e avvantaggia più cittadini e meno speculatori famelici che di questo Paese hanno già abusato abbastanza.
Non solo. Bisognerebbe anche avere la piena consapevolezza che in prospettiva di breve termine le rinnovabili hanno due limiti, che piaccia o no ma che è bene affrontare:
– la loro intermittenza e quindi un limite entrinseco di penetrazione in un sistema elettrico pena la sua instabilità. Ciò si può migliorare e, forse, in prospettiva ridurre, progettando sistemi di accumulo che però oggi sono embrionali e per di più comportano pesanti perdite energetiche nella necessaria trasformazione da una forma all’altra di energia.
– la loro scarsa produttività che di riflesso comporta la necessità di mettere nel conto grandi spazi e, quindi, scegliere appunto gli spazi più innocui da occupare e le tecnologie che maggiormente si adattano a questi spazi
Appare strategico a questo punto evitare di dissipare fiumi di risorse e valorizzare anche la ricerca che si rivela imprescindibile.
E visto che si chiama in causa sempre la Germania, andiamola a vedere ma facciamolo sul serio e scopriremo che rispetto all’Italia è un po’ “inguaiata” !
In Germania (2009), patria dell’eolico:
16,4%: apporto delle fonti rinnovabili al solo comparto elettrico (di cui 6,7% l’apporto eolico, 1,1 da fotovoltaico)
10% : apporto di tutte le fonti rinnovabili alla totalità dei consumi energetici, 1,6% l’apporto eolico
21.164: numero di pale eoliche installate per 25.730 MW di capacità (praticamente a saturazione di tutto il territorio disponibile, con un certo numero di impianti off-shore).
Vogliamo prevedere nel conteggio qualche altro migliaio di pale? Facciamo anche finta di aggiungere altre migliaia e migliaia di MW di fotovoltaico? Ve le regalo! Cosi aggiungiamo qualche ulteriore 2-3%. E poi ?
L’Italia nel comparto elettrico sta meglio della Germania che risulta inguaiata perché :
– ha quasi saturato i suoi siti eolici, per altro ben più produttivi di quelli italici, mentre il fotovoltaico ha una resa di gran lunga inferiore all’Italia (il rendimento è la metà di quello che si avrebbe in Sicilia) e quindi si assottiglia sempre più la possibilità di poter incrementare sensibilmente la produzione rinnovabile e cosi…. approfitta della Grecia chiedendo il suo “sole”. Caso eclatante e gigantesco di colonizzazione energetica rinnovabile
– la stragrande maggioranza della sua produzione elettrica deriva da nucleare e carbone. Con la decisione di chiudere il nucleare aprirà nuove centrali a carbone (una inaugurata di recente) e gas, con quello che comporta in termini di emissioni. Mentre guardando alla produzione esistente basata sul carbone ha un bel da fare visto che tale fonte ha emissioni molto più alte rispetto al gas a parità di kWh prodotto
– In Italia, invece, già non ci sono centrali nucleari mentre una grossa parte della produttività termoelettrica già si basa sul gas, anche se ha costi maggiori
Voglio poi evidenziare un parallelismo interessante circa la concertazione degli impianti eolici sul territorio che per loro natura sono fortemente invasivi.
Non nel moderno 2012 ma nel lontano 1997-2000, ben 50.000 persone furono informate e ascoltate durante l’elaborazione del progetto eolico off-shore di Middelgrunden– Copenaghen (Danimarca) che poi vide un azionariato popolare di 10.000 aderenti e ridimensionamento del progetto.
In Italia, grazie alle non-leggi “dettate” dalla lobby ai politici (vedi ostruzionismo dell’allora Ministro Rutelli alla proposta di V.I.A. obbligatoria, con i diktat di ANEV e Legambiente) per 10 anni l’evidenza pubblica è stata limitata all’affissione della notizia di deposito del progetto all’albo pretorio del piccolo comune interessato.
E oggi la situazione non è tanto migliorata, con avvisi di evidenza pubblica circoscritti a caratteri microscopici una tantum sul quotidiano di turno e con l’impossibilità di accedere ai progetti (centinaia e centinaia) sul web delle istituzioni.
Non si vengano a lamentare le aziende dei tempi di valutazione di uffici sapientemente lasciati sotto organico e perennemente esposti ai ricorsi al TAR delle aziende più forti e poi con carichi di innumerevoli progetti che non si sa più dove mettere perché tanto non ci sono pianificazioni(avversate proprio dall’ANEV) che possano già scremare a monte la presentazione dei progetti nelle aree più delicate.
In conclusione (anche a nome di tantissimi cittadini consapevoli e arrabbiati che “vivono” i territori) dico: BASTA eolico perché ha già sottratto enormi valori che potevano servire a creare seri e veri posti di lavoro e, per altro, nuove centrali eoliche sorgerebbero ormai in aree sempre meno produttive, SI al fotovoltaico ma SOLO sui tetti, deviare le risorse dell’eolico e della speculazione verso EFFICIENZA ENERGETICA, rinnovabili TERMICHE e MOBILITà sostenibile, a sostegno del sistema Italia. Contestualmente non senza un serio sostegno alla RICERCA e alla INNOVAZIONE verso tutti i settori, senza della quale le nuove rinnovabili sono condannate a produttività con numeri vicini a quelli di un prefisso telefonico.
Auspico un seria e serena riflessione su quanto sopra e che, dopo un decennio di calcolato deficit informativo, ben vengano servizi come quello del Fatto e la divulgazione nel Forum.
Molte grazie ed un plauso ad Antonello Caporale per aver messo a fuoco le conseguenze negative dell’uso spregiudicato (dovuto alla mancanza di buone norme nazionali,con conseguente Far West speculativo privato) delle fonti energetiche rinnovabili che, per definizione, non possono non essere naturalmente altro che benvenute.
Ed anche condivido il punto di vista di Marco Pagani.
Ma sopratutto ringrazio Enzo Cripezzi per il suo illuminante contributo, riassunto benissimo in quella dozzina di righe della conclusione finale.
Sono d’accordo con l’articolo con il fatto che l’energia eolica debba essere gestita in accordo con le comunità locali; NON sono d’accordo con l’approccio ideologico di chi non vuole le pale per “salvare il paesaggio”. Il paesaggio è modificato dall’uomo; se viene modificato per avere energia sostenibile con attività che non creano veleni per l’uomo e per l’ambiente, dov’è il problema? Le pale devono essere fatte seguendo l’atlante del vento; si può in alcuni casi mitigarne l’impatto visivo, ma non si può fare a meno di costruirle, a meno che non si voglai vivere senza energia elettrica come gli Amish
Gli Amish non c’entrano nulla. Qui il discorso è molto semplice le pale eoliche sono impianti industriali. Gli impianti industriali devono essere realizzati tutelando al massimo gli ecosistemi, i territori, anche i paesaggi (che sono tutelati dalla costituzione).
Non lo si è quasi mai fatto. Gli impianti industriali appartengono alle zone industriali.
Questione complessa e apparentemente irrisolvibile: prima gli ambientalisti tuonavano contro il mancato utilizzo di energie alternative pulite, adesso tuonano perché se ne utilizzano troppe a scapito del paesaggio. Ma, visto che di nucleare manco se ne parla più, che i rigassificatori nessuno li vuole vicino a casa, che i valorizzatori della spazzatura per carità, che di acqua ce n’è sempre meno e che anche il solare deturpa il paesaggio, da dove prendiamo l’energia che ci serve? Dove sta la soluzione? Forse si potrebbe chiedere agli albanesi di produrre energia pulita per nostro conto e poi trasmettercela attraverso un bel cavo sottomarino. Sì, ma l’effetto delle radiazioni elettromagnetiche sui pesci?
Sant’Agata di Puglia è, come tanti borghi del nostro Bel Paese, una splendida rosa racchiusa in una cinta di spine di acciaio, l’acciaio delle pale eoliche che taglia lo sguardo di un orizzonte di sole,di vento e di grano.
Che sofferenza,caro Nichi!
Uno “sterminio dei campi”avrebbe detto Zanzotto!
Basta!
Il Paesaggio non deve essere piu’ una questione locale!
La revisione profonda del Titolo V nel rispetto di uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione, l’articolo 9, è divenuta ormai una priorità improrogabile.