A Grottammare gli chalet lievitano.
Ai forestieri eventualmente curiosi di costumi locali, va spiegato che nel borgo-bandiera-marron il miracolo si manifesta ogni anno come il sangue di San Gennaro: in prossimità della stagione balneare, qualche nuovo chalet o equipollente bunker acchiappaturisti nasce dal nulla ma più spesso “lievita” sull’esistente, arraffa larghe fette di suolo pubblico e di spiaggia demaniale, gonfia e amplia i suoi volumi, modifica snaturandolo lo skyline del litorale.
Elemento costante, le dimensioni: elefantiache sempre, alla faccia dell’impatto ambientale.
Dal lungomare-centro alla spiaggia sud-Tesino, grandi opere fervono. Qui un azzurro chalet con alto ligneo steccato (stazione di posta per cavalli stanchi? recinzione per rustici rodei?) chiude lo spazio antistante sottraendolo al transito dei pedoni e ne fa cosa sua. Lì un altro chalet perimetra con fioriere lo spazio-pineta sul quale affaccia, non privato, non suo: qua-ci-sto-io.
Un po’ più a sud, in zona “Villaggio dei pescatori” (casermette oblunghe simili alle sinistre berlusconidi new-town aquilane post terremoto) ecco gli erigendi “Chiosco bar e cabine” di altezza irragionevole (salvo aspettarsi una clientela dai Ciclopi in su): avanzano i lavori per fortuna a ritmo da bradipo, per un po’ ancora vedremo il mare, poi il gigantismo edilizio da spiaggia lo cancellerà definitivamente alla vista.
Oltrepassato il Tesino, ecco il vero must della stagione: apoteosi dell’arraffo di suolo, svetta davanti al Parco dei Principi, una Stonehenge quadrangolare in legno chiaro (per ora) su solide fondamenta cementizie, con espansione su altrettanto cementizia piattaforma. “Costruzione di chiosco-bar”: surreale il cartello che definisce chiosco l’iperbolico fortino per giganti Lestrìgoni, sberleffo a quella “smontabilità” che è normativamente vincolante per tali installazioni.
Non si pensi, di fronte all’orripilante che avanza, ad irregolarità o abusi! Con ‘sti furbetti, c’è da giurarci, tutto è autorizzato e strafirmato.
Né mancheranno, alle inesorabili inaugurazioni, tonache benedicenti e luccicose mostrine di Capitani coraggiosi, e sindaco e assessori in trionfo e giornalisti-chierichetti a servir messa. Perché è così che funziona, da ‘ste parti: se il privato chiede (meglio se forzuto, meglio se influente, meglio ancora se occupante utili poltrone comunal-provinciali), il Comune generoso concede e firma e benedice.
Consenso e voti (ma anche finte opposizioni) valgon bene lo stravolgimento delle peculiarità paesaggistiche del territorio e del suo litorale. Ne sa parecchio la spiaggia a sud del torrente Tesino, sfigurata – come ampi tratti di questo litorale – fin dalla nefasta annata 2008/2009 dal dissennato ripascimento con sabbie “morte” – quasi polvere – prelevate dal fondo dell’Adriatico, schifide e dall’inquietante colore nero.
Ovvio che il prossimo anno altri imprenditori balneari (sic) diranno “e perché-io-no?” e il miracolo della lievitazione si manifesterà ancora, e ancora, e ancora…
Forse è solo un pio desiderio, ma se la Soprintendenza Regionale – che di paesaggio e di ambiente anche si occupa – spingesse l’occhio fino al mare, fino a questo litorale sempre più edificato, consumato e stravolto da una malintesa “valorizzazione turistica” – comoda facciata per patti d’acciaio ed interessi di saccoccia e di consenso – forse riuscirebbe a salvarne un pezzettino; così come saggiamente cerca oggi di sottrarre le residue aree agricole all’aggressione del ciclopico scatolone di 72 x 72 (metri) x 30(!) – e delle altre schifezze cementizie che quello si tirerà dietro – che i faraoni de noantri han battezzato asceticamente “ANIMA”.
Sara di Giuseppe
Credo che il problema sia soprattutto culturale.
Bisogna contrastare una concezione di turismo di massa che non può essere applicato “sic et sempliciter” dappertutto.
Bisogna partire dai contesti territoriali e dalla storia e dalla identità dei luoghi, senza cercare di stravolgere nulla. Il Paesaggio, l’amenità, la bellezza dei luoghi, la cultura, la storia, gli usi e la tradizioni, le produzioni locali artigianali, agricole, ecc. e puntare, invece, su un turismo di qualità e far sì che l’effetto duri nel tempo.
Una politica di turismo di massa dove non ci sono le condizioni ambientali, anche se fatta solo con i migliori chalet di questo Mondo(e non con i normali alberghi!) porta a stravolgere e ad annullare proprio quelle caratteristiche che sono servite a far conoscenza la bellezza e le peculiarità di questi luoghi.
Un problema grosso e identico a questo credo che lo stia già vivendo la città di Giffoni Valle Piana(SA) con l’affermazione nel Mondo del Festival del Cinema dei ragazzi, una manifestazione nata e sviluppatasi grazie anche ai gemellaggi tra i ragazzi del posto ed altri provenienti dall’Unione Sovietica ed altri Paesi dell’Est…. gemellaggi che avevano contribuito anche a creare un rapporto di confronto, conoscenza e socializzazione tra questi ragazzi di Giffoni Valle Piana e le loro famiglie con i ragazzi e le famiglie provenienti da questi Paesi.
I ragazzi ospiti sono stati accolti per anni nelle case dei cittadini di Giffonesi e negli agroturismi.
Con l’importanza che negli anni ha assunto nel Mondo questa manifestazione, da più di anno a Giffoni Valle Piana dagli stessi organizzatori del Festival sono venute fuori spinte per la costruzione di grandi alberghi in città.
Non è che il problema di come far fronte alla necessità di garantire l’accoglienza rispetto ad una domanda abbastanza fortemente cresciuta non ci fossero, ma capirete che la scelta di farlo con la costruzione di grandi alberghi non solo rischia di stravolgere pesantemente l’aspetto sociale di questa manifestazione, ma anche le bellezze e le caratteristiche di questo luogo.
Purtroppo quando le cose vengono buttate solo sul piano degli affari economici di chi gestisce certe manifestazioni,ai quali come sempre fanno seguito, come sempre, gli affari dei soliti cementificatori certi problemi finiscono sempre in secondo ordine … se non proprio nel dimenticatoio.
Il problema principale, però, resta nella crescita culturale dell’insieme di una Comunità. Se ciò non avviene,queste spinte speculative continueranno a passare sulla testa della gente.
Onofrio Infantile
Mart. 20 maggio 2014
non so denunciando i parlamentari che propongono queste cose per attentato a bene comune ?
comunicato stampa di Italia Nostra e articolo sul precedente sventato tentativo sulla materia
Case mobili for ever
La solita manina si è infilata di nuovo dentro un decreto legge in conversione, è accaduto ieri in Senato, ad opera di un solerte senatore del PD, che ha risolto un problema alle associazioni di campeggiatori che, nel decreto del Fare di questa estate, erano riusciti a fare il colpo gobbo: far passare per opere precarie le case mobili. Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco, pertanto i lobbisti che avevano scritto l’emendamento avevano bisticciato con le parole, così anzichè scrivere che le case mobili non sono soggette a permesso di costruire, avevano scritto che le case mobili lo fossero qualora (“ancorchè”) ancorate al suolo. A nulla sono valse le grida dei campeggiatori, che si volevano trasformare in novelli affittacamere a costo zero (ricordiamo che le case mobili non pagano una lira nè di oneri concessori nè di TASI), in quanto l’italiano è (per ora) una scienza esatta e gli uffici tecnici degli enti locali (e le procure) in questi mesi gli hanno contestato la loro lettura “elastica” dell’articolo, che essi stessi avevano fatto inserire.
Ma ecco che il Governo interviene sul decreto EXPO (d.l. n. 66/12014) modifica la parolina incriminata in “salvo che”, e oggi la magia è fatta, a suon di fiducia. Sempre oggi il testo arriva di gran carriera alla Camera dei Deputati e il termine per gli emendamenti in commissione è già fissato dalla maggioranza alle ore 22.00. Il decreto scade il 27 maggio ma il Governo ha già fatto sapere che chiederà un’altra fiducia al Parlamento, in modo da far approvare il decreto così com’è stato modificato dal Senato.Ci si vuole sbrigare: ci sono altri 25 milioni di euro da dare all’EXPO, altre norme sugli appalti da rendere più “elastiche” e, appunto, la norma per i campeggiatori da approvare.
Emanuele Montini
Attuale testo art. 3 lett. e.5, DPR 380/2001:
e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati,
e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case
mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti
di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano
diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee ((ancorche’ siano
installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di
strutture ricettive all’aperto, in conformita’ alla normativa
regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti.));
Vecchio articolo sulle case mobili:
Le case mobili diventano immobili
Con il nuovo decreto del Fare, in discussione in questi giorni al Senato, si potranno realizzare case mobili, anche in aree vincolate, senza permesso di costruire.
di Emanuele Montini*
E’ paradossale che, in un momento nel quale praticamente tutte le forze politiche dichiarano che una delle priorità di queste Paese è quella di evitare l’indiscriminato consumo di territorio, il Governo e l’attuale maggioranza facciano a gara per massacrare le nostre coste e le zone d’Italia più suggestive.
Il tutto è avvenuto, come di solito succede, in un comma (4) nascosto dentro l’art. 41 del decreto legge c.d. “del fare”, dal rassicurante titolo “Disposizioni in materia ambientale”, salvo poi rivelarsi una disposizione devastante per l’ambiente stesso.
Il tema è presto detto: le case mobili o “mobil house” si potranno realizzare senza più la necessità del permesso di costruire. Questa disposizione non viene neanche integrata con disposizioni limitative in ordine alle dimensioni e ai materiali, cosicchè potremmo trovarci palazzine viola costruite a pochi metri dalla costa. Già perché, ed è qui una ulteriore assurdità di questa disposizione, queste case-palazzine mobili potranno essere realizzate all’interno delle strutture ricettive all’aperto (i campeggi, per intenderci) e ben sappiamo che i campeggi hanno la caratteristica di essere posizionati proprio nei punti più suggestivi del nostro Paese, lì dove la speculazione edilizia, fino ad ora, aveva avuto più difficoltà ad entrare. Questo grimaldello permette di mettere le mani su queste zone e di decretare la fine dei campeggi come li abbiamo sempre immaginati. Infatti quale sarà il gestore di campeggi che deciderà, avendone ora la possibilità, di dedicare alle tende le aree per la sosta anziché a dei suggestivi chalet dove alloggiare i propri clienti? Quale gestore non correrà subito a ordinare le sue casette prefabbricate nella prospettiva di affittarle a decine di euro al giorno contro la possibilità di fare qualche misero euro per l’utilizzo delle piazzole per tende?
Ed ecco l’obiettivo raggiunto: i campeggiatori si trasformeranno in fittavoli, i gestori si trasformeranno in albergatori e le nostre coste ed i campeggi si trasformeranno in piccole lottizzazioni.
Se qualcuno ha cercato di difendere il provvedimento invocando il fatto che si tratterebbe di case-palazzine ma pur sempre mobili è stato smentito clamorosamente dalla modifica apportata in sede di conversione alla Camera, dalla maggioranza e dal Governo. Infatti una “manina” nella seduta notturna di commissione (Affari costituzionali e Bilancio) ha tolto la parola “posizionati” riferita a queste case prefabbricate, con la parola “installati”, tanto se a qualcuno fosse rimasto qualche dubbio sulla vera intenzione di questa disposizione.
A nulla sono valsi gli emendamenti soppressivi e gli ordini del giorno (n. 9/1248 AR/160 Basilio – M5S) tutti inesorabilmente respinti.
Ora il provvedimento è al Senato fino alla fine di questa settimana e speriamo che sia corretto eliminando questa dannosa disposizione, è l’ultima occasione per evitare l’ennesimo sfregio al territorio del Paese e la fine di quella che viene definita “la filosofia del campeggio”, almeno in Italia.
*Emanuele Montini, avvocato urbanista, Consigliere direttivo di Italia Nostra (Roma
È una maniera rozza e selvaggia per stravolgere irreversibilmente paesaggi, risorse e beni comuni, come i litorali ancora gradevoli e accessibili a tutti, esattamente come sta accadendo in Calabria tirrenica, con meccanismi e cointeressi simili a quelli indicati nell’articolo.
Ma come ci si difende da soprusi di questo tipo?