Puglia – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Tue, 19 Nov 2024 11:13:50 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Puglia – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Osservazioni di Italia Nostra Puglia sulle aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/osservazioni-di-italia-nostra-puglia-sulle-aree-per-linstallazione-di-impianti-a-fonti-rinnovabili/ Sun, 17 Nov 2024 15:17:26 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16868 Riceviamo e pubblichiamo il documento di Italia Nostra Puglia contenente le Osservazioni al Disegno di legge regionale n. 222 del 23/10/2024.

Bari 11 novembre 2024

Ai Sigg Presidenti della IV e V Commissione Consiliare Regione Puglia

Si trasmettono di seguito le osservazioni al Disegno di legge n. 222 del 23/10/2024Individuazione delle superfici e delle aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili in attuazione dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 8/11/21, n.199 e dell’art. 3, comma 1, del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica del 21/06/24 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili)

Questionario partecipazione “Disegno di legge n. 222 del 23/10/2024. Aree idonee: Individuazione delle superfici e delle aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”.

Art. 1 Finalità e principi

–  Sono condivisibili le finalità di contrasto ai cambiamenti climatici attraverso la decarbonizzazione del sistema energetico e industriale regionale, ma da contemperare con le esigenze di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e del corpi idrici.

Art. 2 Definizioni

Si chiede di inserire la seguente integrazione/formulazione:

–  Lettera d) non sono permessi impianti fotovoltaici a terra, impianti di agrovoltaico ed eolico;

– Lettera n) Le “aree agricole non utilizzabili” per la coltivazione sono anche aree a rischio idrogeologico quindi da classificare come “aree inidonee” per gli impianti.

Art. 3 Individuazione delle superfici e aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili

Si chiede di inserire la seguente integrazione/formulazione:

–  Non si rispetta il Decreto 21 giugno 2024 all’art. 7 comma b) prescrive che le superfici o le aree idonee devono essere differenziate e classificate sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto (es. dove è previsto l’agrivoltaico?);

– Al comma 3 si fa riferimento ai 40 ulteriori contesti paesaggistici del PPTR come prescritto alla lettera c) Decreto 21 giugno 2024;

–  Mancano le aree del Demanio statale in cui si stanno collocando impianti fotovoltaici (vedi Demanio della Marina a Taranto);

– Per zone industriali vanno considerate solo quelle realizzate (capannoni industriali, parcheggi…) e non solo tipizzate degli strumenti urbanistici vigenti;

– Le aree classificate idonee non tengono conto delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e la dislocazione della domanda elettrica (art.7 comma 1 Decreto 21 giugno 2024).

Art. 4 Procedure autorizzative specifiche per le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili
Si propone la seguente integrazione/formulazione:

–  Il Ministero della Cultura non può esprimere un parere obbligatorio non vincolante perché ha co-pianificato il PPTR, come è da ritenere negativa la semplificazione della lettera b) comma 1 in cui i termini per le autorizzazioni sono ridotti di un terzo.

Art. 5 Piattaforma digitale nazionale per le aree idonee

Si propone la seguente integrazione/formulazione:

–  La piattaforma digitale con anagrafica unica su WebGis deve riportare tutti gli impianti rinnovabili esistenti (Impatto cumulativo), approvati ed in corso di realizzazione (compreso quelli sul Demanio Statale). Gli avvisi di nuovi procedimenti e le autorizzazioni finali devono essere integralmente pubblicati anche su BURP (non solo sul sito dell’autorità competente) come le mappe del SIT Puglia con impianti FER DRG 2122 e contemporaneamente alle aree non idonee.

Art. 6 Individuazione delle superfici e aree non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili
Si propone la seguente integrazione/formutazione:

–   Alla lettera c) sono compresi solo 14 ulteriori Contesti paesaggistici del PPTR si devono aggiungere gli altri 26 UCP;

–  Nelle aree non idonee mancano le IBA (Important Bird Areas) censite a livello europeo per designare le ZPS per la conservazione degli uccelli selvatici.

Art. 7 Individuazione delle superfici e aree ordinarie per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili
Si propone la seguente integrazione/formulazione:

–  II DdL fa riferimento al PNIEC, ma il Piano Energetico Regionale non è aggiornato agli obiettivi dell’art. 2 del Decreto 21 giugno 2024 e non è conforme al PPTR.

Art. 8 Individuazione delle aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e disposizioni specifiche per le aree agricole

Si propone la seguente integrazione/formulazione:

– Le aree in cui è vietata l’istallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra ed anche gli impianti agrovoltaico sono escluse?;

–   Il comma 2) è una ripetizione delle aree idonee dell’art. 3;

–  Le “aree agricole non utilizzabili” per la coltivazione di cui all’art. 2 sono anche aree a rischio idrogeologico quindi “aree inidonee” per gli impianti;

–  Nelle zone classificate agricole dai piani urbanistici non devono essere realizzati neanche gli “impianti agrovoltaici sperimentali”, le caratteristiche sono demandate ad una DGR successiva;

–  anche gli impianti fotovoltaici a terra delle Comunitá energetiche rinnovabili consumano suolo Rapporto ISPRA, 2022.

Art. 10 Disposizione transitoria

Considerazioni finali:

–  Devono essere considerate “non idonee tutte” le aree tutelate dal PPTR, come ad esempio le aree di rispetto del paesaggi rurali e i coni di visuale;

–  L’attuale DdL, è peggiorativo rispetto al Regolamento n.24/2010;

–  Non si possono fare salvi progetti presentati o bocciati che sono in contrasto con la normativa previgente;

–  Vanno considerate zone industriali solo quelle previste dagli strumenti urbanistici e già realizzate e non solo tipizzate.


II Referente Settore Urbanistica e Paesaggio Italia Nostra APS Puglia

Arch. Giacinto Giglio

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Fughe di metano a Melendugno http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/fughe-di-metano-a-melendugno/ Fri, 15 Nov 2024 08:48:45 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16861 Nei terminali del gasdotto che porta gas dall’Azerbaijan all’Italia, sono state scoperte emissioni continue da sfiati che dovrebbero attivarsi solo in caso di emergenza. Un gruppo di attivisti locali ha cercato di misurare il problema

Segnaliamo l’interessante inchiesta condotta da TERESA DI MAURO e VITTORIA TORSELLO per IRPI MEDIA.

Leggi qui l’articolo.

L’inchiesta in breve

A Melendugno un’associazione ambientalista, utilizzando una termocamera, ha verificato che sia nel terminale di ricezione di Melendugno sia nell’adiacente Interconnessione Tap ci sono “emissioni fuggitive” di metano. In pratica, a causa di malfunzionamenti, dichiarano Tap e Snam, tre sfiati hanno sprigionato nell’aria un non precisato quantitativo di metano, uno dei principali responsabili del cambiamento climatico.

Il terminale di Melendugno è gestito dalla società Tap Ag e rappresenta la fine del Trans adriatic pipeline (Tap), uno dei tre gasdotti che forma il Corridoio meridionale del gas che parte dall’Azerbaijan. L’Interconnessione Tap, che conduce il gas nella rete nazionale, è gestito da Snam. Entrambe le società dicono di essere a conoscenza delle emissioni e di averle già comunicate alle autorità competenti.

L’Unione europea ha introdotto un regolamento teso a ridurre le “emissioni fuggitive” di gas. Prevede che le aziende monitorino le perdite e comunichino come intendono porvi rimedio. Ma la stessa perdita era già stata osservata nel 2021 e non è ancora chiaro quando sarà riparata.

Il lavoro di monitoraggio civico messo in campo dagli attivisti locali è ad oggi uno degli strumenti più efficaci per portare la questione sui tavoli delle amministrazioni locali e nazionali.

Foto di copertina: © Donato Fasano/Getty

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Rinnovabili, l’agrivoltaico è fotovoltaico in altra forma http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/rinnovabili-lagrivoltaico-e-fotovoltaico-in-altra-forma/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/rinnovabili-lagrivoltaico-e-fotovoltaico-in-altra-forma/#comments Sun, 10 Nov 2024 23:01:09 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16853 Il TAR Puglia sconfessa il Consiglio di Stato e ritiene che l’agrivoltaico sia una subspecie del fotovoltaico. Le norme di tutela del paesaggio, quindi, valgono anche in questo caso

 di Fabio Modesti

Tratto da fabiomodesti.it

La sentenza del TAR Puglia – Sezione di Bari è di qualche giorno fa ma già fa parlare di sé e delle possibili ripercussioni per lo sviluppo dell’agrivoltaico. Per i giudici amministrativi pugliesi, infatti, «[…] Può, pertanto, affermarsi che l’impianto agri-voltaico (o agro-voltaico) rappresenta una sub specie del genus fotovoltaico in ambito agricolo, caratterizzato da soluzioni tecniche innovative per non compromettere la continuità dell’attività agricola. Da tale premessa discende l’applicabilità di tutte le regole a cui devono soggiacere gli impianti che producano energie rinnovabili, vieppiù osservando che la norma derogatoria testé esaminata [decreto-legge 1 marzo 2022, n. 17 “Impianti fotovoltaici in ambito agricolo”], nel riconoscere la sussistenza della nuova tecnologia del fotovoltaico rappresentata dall’agri-voltaico, si preoccupa solo dell’aspetto relativo agli incentivi economici, in assenza di deroghe alle nome poste a tutela dei valori territoriali, ambientali e paesaggistici, ivi compresi quelli inerenti gli aspetti rurali e colturali. Non vi sono pertanto, a giudizio (meditato) del Collegio, elementi normativi o regolamentari per ritenere che gli impianti agri-voltaici (o agro-voltaici), sia pur con il suddetto favor legislativo, non debbano rispettare i valori paesaggistici, ambientali e rurali tutelati da norme costituzionali, statali e regionali, anche in base al noto principio in base al quale la legge tam dixit quam voluit». Di parere diametralmente opposto, finora, è il Consiglio di Stato già espressosi in materia con una sentenza di cui abbiamo scritto a gennaio di quest’anno in base alla quale «l’agrivoltaico è un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica. In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva), nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. […] Logico corollario della delineata differenza tra impianti agrivoltaici e fotovoltaici è, come correttamente osservato dalla sentenza impugnata, quello secondo cui gli stessi non possono essere assimilati sotto il profilo del regime giuridico […]».

Anche per l’agrivoltaico valgono le regole del Piano paesaggistico

Il TAR Puglia è stato chiamato ad esprimersi circa la legittimità del diniego di un provvedimento unico autorizzativo (Paur) da parte dell’amministrazione provinciale di Brindisi relativo ad un impianto agrivoltaico della potenza nominale di oltre 5 MW da realizzare su oltre 11 ettari in territorio del Comune di Brindisi. Il diniego all’autorizzazione è scaturito a seguito della conferenza dei servizi nella quale la maggior parte delle amministrazioni pubbliche hanno espresso parere negativo. Le motivazioni alla base del diniego, ritenute dal TAR fondate ed esaustive, hanno riguardato la prevalenza della tutela del paesaggio sullo sviluppo dell’impianto da fonti rinnovabili (FER) proposto. In particolare la conferenza dei servizi ha evidenziato che «la presenza di altri campi fotovoltaici nelle vicinanze rispetto a quello proposto, fa sì che il campo in questione genererebbe ulteriore artificializzazione dei luoghi nelle loro componenti strutturali e percettive; con riferimento alle componenti antropiche e storico/culturali, e in particolare le componenti dei paesaggi rurali, il progetto compromette la conservazione dei paesaggi rurali storici e la trama agraria che nell’area di intervento, mediante alternanza di colture orticole, uliveto, frutteto, vigneto e seminativi, ha generato il mosaico agricolo tipico della campagna brindisina; le stesse direttive contenute nella Sezione C2 della Scheda d’Ambito della Campagna Brindisina prevedono che i soggetti pubblici e privati, nei piani e nei progetti che comportino opere di rilevante ì trasformazione territoriale, come quello in esame, adottino “misure per contrastare la proliferazione delle serre e di altri elementi di artificializzazione delle attività agricole intensive con particolare riferimento … omississ.. alle opere di rilevante trasformazione territoriale, quali i fotovoltaici al suolo che occupano grandi superfici; gli interventi progettati, riconducibili al sito del campo agrovoltaico, alle cabine di trasformazione e smistamento e al tracciato del cavidotto interrato, comportino pregiudizio alla conservazione dei valori paesaggistici dei luoghi e contrastino con le previsioni della NTA del PPTR e con quanto previsto dalla Sezione C2 della Scheda d’Ambito della Campagna Brindisina, nei suoi Obiettivi di Qualità Paesaggistica e Territoriale e nella normativa d’uso in essa riportati; in riferimento alle componenti visivo percettive, il campo agrovoltaico in progetto altera le componenti e le relazioni funzionali, storiche, visive, culturali, simboliche ed ecologiche che caratterizzano la struttura delle figure territoriali d’ambito interessate; il parco agro-voltaico comporterebbe un’ulteriore sottrazione di suolo andando a modificare non solo gli attuali assetti colturali ma l’omogeneità di un paesaggio altrimenti occupato da vegetazione naturale o ad uso agricolo; il parco agro-voltaico con le relative opere annesse andrebbe ad incidere sulla giacitura della maglia agricola tanto più in ragione del fatto che il progetto ricade in aree agricole destinate, anche solo potenzialmente, alle produzioni di qualità e che il territorio in cui è immerso il progetto in questione è interessato da produzioni agricole di particolare qualità e tipicità». Vedremo se il Consiglio di Stato sarà chiamato ad esprimersi su questa sentenza e se confermerà l’orientamento espresso in passato. Certo è che almeno in Puglia il via libera all’agrivoltaico, forse pure con la legge sulle aree idonee, non idonee ed ordinarie in discussione in Consiglio regionale, non è in discesa.

In copertina: impianto agrivoltaico dell’azienda agricola Svolta s.r.l. a Laterza (TA)

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La Via Appia Patrimonio dell’Unesco: un’occasione che andrebbe colta per tutelare un “museo a cielo aperto” di inestimabile valore http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/la-via-appia-patrimonio-dellunesco-unoccasione-che-andrebbe-colta-per-tutelare-un-museo-a-cielo-aperto-di-inestimabile-valore/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/la-via-appia-patrimonio-dellunesco-unoccasione-che-andrebbe-colta-per-tutelare-un-museo-a-cielo-aperto-di-inestimabile-valore/#comments Mon, 04 Nov 2024 20:55:17 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16827 di Maria Cariota

L’iscrizione nella lista dell’Unesco servirà a valorizzare e salvaguardare l’Appia Antica? Ne abbiamo parlato con Rita Paris, archeologa e ex direttrice del Parco archeologico dell’Appia Antica, e Paolo Berdini, urbanista

Il 27 luglio 2024 il Comitato del Patrimonio Mondiale, riunito a Nuova Delhi, ha deliberato l’iscrizione della “Via Appia. Regina Viarum” nella Lista del Patrimonio Mondiale. Si tratta del 60esimo sito italiano riconosciuto dall’UNESCO

Lunga più di 800 chilometri, la Via Appia è la più antica e la più importante delle strade costruite dagli antichi romani. Tracciata a partire dal 312 a.C. da Roma fino a Capua, arrivò a Benevento nel 268 a.C. e nel 190 a.C. a Brindisi, che funzionò quale principale porto dell’Impero romano verso l’Oriente, la Grecia e l’Egitto. Originariamente concepita come strada strategica per la conquista militare, divenne rapidamente una via fondamentale per il commercio e la produzione agricola. Lungo il tracciato, costruito con tecniche durature e innovative e disseminato di grandi opere di ingegneria civile, si svilupparono siti funerari, templi, acquedotti, ville patrizie, a cui si sono aggiunte poi sopraelevazioni medievali. Custodisce tuttora un patrimonio storico, archeologico e architettonico unico al mondo.

Il tratto romano

Il riconoscimento coinvolge 19 tratti della Via Appia.

Il primo segmento, quello della Città di Roma, è stato protagonista di vicende travagliate e contraddittorie. Qui già nelle attività di acquisizione, restauro e scavo della metà dell’800 ad opera di Antonio Canova, Giuseppe Valadier e Luigi Canina compare la visione di “museo all’aperto”: i reperti non vanno trasferiti e chiusi nei musei ma devono restare nel contesto in cui si trovano. Negli anni ’50 del secolo successivo, nonostante i primi riconoscimenti istituzionali di notevole interesse pubblico, a ridosso di sepolcri e mausolei vengono costruite strade, ville di attori, piscine, edifici per enti religiosi; il Comune autorizza, imponendo blande mitigazioni architettoniche. Lo scempio viene descritto in modo dettagliato in “I gangsters dell’Appia”, pubblicato su Il Mondo l’8 settembre 1953, il primo dei 140 articoli che Antonio Cederna dedicherà a questa Via («Oggi l’antico è tollerato solo se, fatto a pezzi insignificanti, può essere ridotto a ornamento, a fronzolo, a servo sciocco delle “esigenze della vita moderna”, del “traffico”, del “dinamismo del nostro tempo”, insomma quello che dicono “progresso”»).

Il Piano Regolatore del 1965, in linea con i suggerimenti di Cederna, vincola l’area da Porta San Sebastiano a Marino a parco pubblico e all’inedificabilità assoluta. Dopo poco tempo comincia ad infuriare l’abusivismo. Sorgono abitazioni, impianti sportivi, capannoni industriali, piazzali, magazzini, a cui si aggiungono trasformazioni minori che avvengono senza licenza e senza alcun criterio (dopo il 1967 solo nel Municipio VIII sono stati realizzati oltre un milione e trecentomila metri cubi di nuove costruzioni – Rapporto eseguito dallo studio DeA). Il fenomeno, in parte poi legittimato dalle tre leggi sui condoni edilizi, porta con sé anche l’intenso traffico veicolare. Alcuni edifici vengono demoliti, ma più spesso prevale l’inerzia dell’amministrazione.

Molto importanti i risultati ottenuti negli ultimi decenni dalla Soprintendenza Archeologica di Roma attraverso interventi di liberazione del basolato dall’asfalto e reintegro, dove necessario, con sampietrini dello stesso materiale di lava basaltica, ripristino delle crepidini (bordi dei marciapiedi), scavi di altissimo pregio e una sistematica campagna di acquisizioni (si pensi a Villa dei Quintili, Santa Maria Nova, Capo di Bove, Villa dei Sette Bassi, Mausoleo di Cecilia Metella e Castrum Caetani), consentendo finalmente la fruizione pubblica dei più importanti complessi monumentali.

Villa dei Quintili, V miglio via Appia Antica, è il più grande complesso residenziale del suburbio di Roma – ph Parco Archeologico Appia Antica Roma

L’impatto del riconoscimento Unesco

Per cercare di comprendere quale potrebbe essere l’impatto del riconoscimento Unesco ci siamo rivolti a Rita Paris, una protagonista del lavoro svolto dalla Soprintendenza, dal 1996 al 2018 alla direzione del Parco archeologico dell’Appia Antica di Roma, e a Paolo Berdini, urbanista, che a lungo si è interessato al tema e che ha recentemente aggiornato il libro “Roma Moderna” di Italo Insolera.

Rita Paris

La dott.ssa Rita Paris afferma: “Abbiamo sempre chiesto innanzitutto il rispetto della legalità, la tutela rigorosa contro gli abusi. Ci sono villette costruite a ridosso di monumenti importantissimi, con muri che impediscono persino la vista. In alcuni casi, anche quando la demolizione veniva disposta dal Comune, poi non è stata effettuata. Si potrebbero fare accordi con i privati; neanche a loro conviene questa situazione perché non possono ottenere permessi per i vari utilizzi”.

Il riconoscimento dell’Unesco va benissimo ma sarà utile se le realtà locali lo useranno per recuperare la storia, le testimonianze antiche e del patrimonio culturale, il paesaggio. Oppure il riconoscimento verrà solo sfruttato per attrarre più visitatori?, prosegue la dott.ssa Paris. “L’Unesco non comporta un vincolo; nel centro storico di Roma, nonostante questo sia nella lista dell’Unesco, si è fatto di tutto e di più, senza tenere conto della fragilità e della peculiarità dei luoghi. Non ci resta che stare a vedere. Non possiamo accontentarci dei risultati raggiunti fino ad oggi, perché questi risultati sono una briciola rispetto all’enormità dei problemi dell’Appia”.

È mancato un progetto complessivo di integrazione dell’Appia nella città, conservando la sua diversità. Mancano i servizi pubblici per poterci arrivare.” Molti infatti raggiungono il parco in macchina, parcheggiando lungo i campi. Sarebbero quindi necessarie aquisizioni per realizzare punti di sosta, ristoro e informativi.

L’ex direttrice del Parco conclude: “Non basta fare un parco. L’Appia è un Parco naturalistico della Regione Lazio dal 1988, area protetta dal 1998 e risponde a regole ambientali e naturalistiche. Il Parco Archeologico è stato istituito nel 2016 come istituto autonomo, ma non sono state introdotte nuove normative per la tutela e per facilitare le acquisizioni dello Stato. Rimangono i vincoli di prima, è solo una definizione”.

Roma Moderna” il libro più volte aggiornato di Italo Insolera e Paolo Berdini (Einaudi 2024) dedica all’Appia Antica l’ultimo capitolo e la propone come modello per il futuro della città.

Paolo Berdini

Riguardo al riconoscimento Unesco Paolo Berdini afferma:Sotto i riflettori del mondo è andato un oggetto molto delicato dal punto di vista della sua costruzione. Sono anni che, con difficoltà, si cerca di rendere vivo il progetto del parco su cui si sono spesi in tanti. È importante il fatto che ci sia una istituzione mondiale terza che possa intervenire se il progetto non viene attuato”. “L’abusivismo sarà la cartina di tornasole. Se l’Unesco intervenisse per lanciare l’allarme sulla necessità della demolizione per gli abusi gravi che hanno deturpato le preesistenze romane sarebbe un aiuto straordinario.

Riguardo ai finanziamenti, questi ci sono, ma sempre modesti. Soltanto la grande determinazione delle Soprintendenze ha portato alla costruzione di luoghi meravigliosi. La Villa dei Sette Bassi, sito imponente di una bellezza sublime, non apre, per mancanza di personale.

Berdini conclude affermando che l’Appia Antica fuori dalla città di Roma soffre di una quasi inesistenza.“Non c’è solo Roma (tra l’altro congestionata) ma dobbiamo guardare all’intero sistema dell’Appia Antica, che dovrebbe essere motore del recupero della bellezza in tanti comuni, che la bellezza l’hanno cancellata.”

Mappa Comparti Patrimonio Unesco
Mappa dei tratti Patrimonio Unesco

Da Roma a Brindisi

Il riconoscimento Unesco riguarda 4 regioni (Lazio, Campania, Basilicata, Puglia) e 74 comuni.

Con l’esclusione di alcuni tratti qualche Comune è risultato in prima battuta al di fuori del progetto. Il Ministero della Cultura sta ora lavorando alla richiesta di ricomprendere tutti i tratti originariamente indicati nel dossier candidatura.

Come racconta Paolo Rumiz nel suo libro “Appia” (Feltrinelli 2016), in cui descrive il suo viaggio a piedi lungo l’Appia, questa via ha anche questo di unico, il fatto che taglia con una diagonale un’Italia minore, quella che normalmente non era considerata dai nobili viaggiatori. I punti chiave erano Roma, Napoli, Palermo, ma tutto quello che sta in mezzo, l’enormità di sedimenti storici, raccontano un’epopea infinita, uno spazio dimenticato tutto da riscoprire, dove il passato non è chiuso in una teca, ma è lì, è presente.

ALTRI LINK UTILI:

Piano per la gestione e la funzione Parco Archeologico dell’Appia Antica 2018 a cura di Rita Paris

Archivio Antonio Cederna (la sede si trova nel sito archeologico di Capo di Bove, Via Appia Antica 222)

Canosa di Puglia, ponte sul fiume Ofanto – ph Unesco.org
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http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/la-via-appia-patrimonio-dellunesco-unoccasione-che-andrebbe-colta-per-tutelare-un-museo-a-cielo-aperto-di-inestimabile-valore/feed/ 2
L’antico bosco dell’Arneo rischia di essere cancellato per sempre dall’ampliamento della pista Porsche http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/11/lantico-bosco-dellarneo-rischia-di-essere-cancellato-per-sempre-dallampliamento-della-pista-porsche/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/11/lantico-bosco-dellarneo-rischia-di-essere-cancellato-per-sempre-dallampliamento-della-pista-porsche/#comments Fri, 17 Nov 2023 19:02:53 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16208 di Serena Mattia

La casa automobilistica tedesca Porsche, in accordo con la Regione Puglia, abbatterà un’ampia porzione di foresta per ampliare le piste del Nardò Technical Center.

Dicono si tratti di un intervento di pubblica utilità.

Il contesto

Siamo nella Riserva Naturale Orientata Regionale Palude del Conte e Duna Costiera dove rischiano di essere cancellati 200 ettari dell’ultimo lembo dell’antico bosco mediterraneo dell’Arneo.

La Riserva comprende due siti di interesse comunitario (SIC): il SIC “Palude del Conte – Dune di Punta Prosciutto” e il SIC “Porto Cesareo”, fondamentali per la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali di interesse comunitario. Parliamo dunque di un’area di notevole importanza naturalistica, interessata da vincoli ambientali molto stretti.

Cosa prevede?

Il centro prove proprietà della Porsche si sviluppa su una superficie di 700 ettari e comprende piste, impianti, officine e uffici.

Il progetto di ampliamento prevede la costruzione di altre piste di prova, un parcheggio, edifici tecnici e amministrativi, una mensa, un nuovo centro di logistica e manutenzione e una stazione di servizio.

Secondo la Direttiva Habitat, progetti che ricadono all’interno delle aree Natura 2000 e quelli che ricadono all’esterno ma che possono comportare ripercussioni significative su di esse, devono essere oggetto della valutazione di incidenza (VINCA).

Il comitato VIA (Valutazione di impatto ambientale) e VINCA della Regione Puglia ha affermato che “gli impatti su tali componenti sono negativi e significativi”. Anche l’Ufficio Parco del Comune di Porto Cesareo, ha definito “significativamente negativa e rilevante” l’incidenza dell’intervento richiesto da Porsche.

La Direttiva Habitat, in caso di valutazione negativa, prevede che l’assenso può sopraggiungere solo in presenza di rilevante interesse pubblico e previa progettazione di misure compensative. Ma Porche ha pensato anche a questo. Ha elaborato infatti un piano per il “miglioramento ambientale”, miglioramento che andrà a distruggere l’antico bosco mediterraneo per un progetto di riforestazione che avrà luogo nei terreni di privati, che saranno pertanto espropriati. Inoltre, sono previsti un centro di elisoccorso attrezzato con eliporto e annesse strutture sanitarie e l’implementazione di un centro di sicurezza antincendi. Tutto questo andrà a giustificare la pubblica utilità. E il gioco è fatto.

Quali saranno le conseguenze del progetto?

Circa 200 ettari dell’antico bosco dell’Arneo saranno distrutti per far posto all’ampliamento del circuito, in una regione che si posiziona, secondo l’ultimo rapporto ISPRA, al terzo posto per consumo di suolo.

La riforestazione avverrà su 351 ettari di terreno appartenenti a 134 diversi proprietari che saranno espropriati, molti dei quali perderanno le loro attività agricole. Inoltre, il valore ecologico di questa foresta non potrà essere sostituito da un impianto artificiale. La capacità di un bosco di questo tipo di assorbire anidride carbonica, stoccare carbonio, regolare il clima, ospitare la fauna selvatica, è sicuramente maggiore rispetto alla capacità delle giovani piante messe a dimora.

Ma quello che più preoccupa è che la procedura adottata rischia di creare un precedente pericoloso per aggirare la protezione di altre aree naturali, facendo passare l’interesse privato per interesse pubblico.

Per tutelare questo habitat così ricco di biodiversità, il comitato Custodi del Bosco dell’Arneo ha lanciato una petizione online: firmatela e contribuite a salvare questo bene comune.

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Taranto: per fermare il consumo di suolo nasce il comitato “Città sostenibile” http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/12/taranto-per-fermare-il-consumo-di-suolo-nasce-il-comitato-citta-sostenibile/ Sat, 10 Dec 2022 22:03:19 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15677 Il progetto di nuova edificazione nella «sottozona 32», l’area che si estende da via Speziale fin oltre il centro commerciale «Porte dello Jonio» costeggiando Cimino, ripropone il tema del consumo di suolo in una città – Taranto – che si presenta già estremamente dilatata. In Italia la copertura artificiale di suolo ammonta a circa il 7% del territorio nazionale (dati ISPRA 2022), quasi il doppio della media europea; a Taranto si arriva al 21% della superficie comunale: il triplo della media nazionale, cinque volte il dato europeo.
Il consumo di suolo è riconosciuto come uno dei fattori che contribuiscono ai cambiamenti climatici, poiché i terreni edificati smettono di svolgere una serie di funzioni ecologiche essenziali. Ad esso sono correlati anche problemi di altra natura. L’espansione senza freni della città genera crisi del piccolo commercio, emarginazione sociale, aumento delle patologie legate all’esposizione al traffico, crescenti difficoltà economiche per i Comuni – costretti a servire aree sempre più vaste.

Nonostante la tendenza ormai consolidata al declino demografico (oltre quattordicimila abitanti in meno rispetto al 2013) i terreni edificati continuano ad aumentare anche nella nostra città e si progettano ulteriori colate di cemento. Un vero e proprio spreco di territorio a vantaggio di pochi e a danno della collettività. Tutto questo mentre porzioni crescenti del centro cittadino vanno svuotandosi e Taranto assume sempre più i contorni della “città-groviera” evocata da Alessandro Leogrande.
Per progettare un futuro sostenibile per la nostra comunità è necessario arrestare queste dinamiche: le energie e le risorse delle istituzioni pubbliche e degli operatori privati vanno rivolte al recupero ed alla rigenerazione dell’esistente e alla valorizzazione del paesaggio, a partire dagli immediati adempimenti previsti per il Parco Naturale Regionale del Mar Piccolo e dalla necessaria attenzione ad aree di interesse naturalistico come l’Oasi della Salina Piccola o la pineta in zona Blandamura.

In particolare, riteniamo che le scelte in tema di pianificazione del territorio debbano seguire quattro direttrici fondamentali:

  • respingere qualsiasi progetto che prospetti l’ulteriore espansione dell’abitato e l’edificazione di nuove aree;
  • individuare all’interno della città già edificata gli spazi e i contenitori per lo sviluppo di nuove funzioni;
  • tutelare il paesaggio, anche attraverso l’istituzione di aree naturali protette, adeguando il piano urbanistico alle previsioni del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale;
  • pervenire nel più breve tempo possibile a un Piano urbanistico generale (PUG) indirizzato dal principio di consumo di suolo a saldo zero – obiettivo fissato dalla stessa Commissione europea.

Per sensibilizzare in questo senso la società civile e le istituzioni promuoviamo il comitato «Città sostenibile». L’adesione è aperta a chiunque, singoli e associazioni, riconosca che non si possono più riproporre i modelli di sviluppo che hanno provocato la crisi ambientale ed economica in cui ci stiamo dibattendo e che occorre procedere speditamente in direzione della sostenibilità, per una Taranto che guardi al futuro.
Hanno già aderito:
ARCA Taranto, ARCI AL42, ARCI Futurja. ARCI Gagarin, Associazione culturale Gruppo Taranto, Comitato Parco regionale del Mar Piccolo, Fillea CGIL – Taranto, Forum Salviamo il Paesaggio – Taranto, Fucina 900, Italia Nostra – Taranto, Legambiente – Taranto, Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie – Taranto, LIPU – Taranto, OPS – Osservatorio Permanente Salinella OdV, Peacelink, puntapenna.info,
SiAmo Taranto, Mario Carobbi (architetto), Assunta Cocchiaro (archeologa), Leo Corvace (ambientalista), Giovanni Fanelli (ricercatore CNR Taranto), Rino Giangrande (presidente Associazione Grande Salento). Massimo Prontera (architetto).

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Il 16 novembre, in previsione del possibile approdo in Consiglio Comunale di una proposta di delibera sulla “sottozona 32”, abbiamo rivolto ai consiglieri comunali il seguente appello:
“Il prossimo passaggio in Consiglio comunale della delibera sulla sottozona 32 rende necessarie alcune considerazioni.Il testo licenziato dalla giunta e sottoposto al Consiglio in sostanza stralcia il progetto presentato dalla ditta Marchetti Srl per la realizzazione di capannoni commerciali e, nella stessa zona, prospetta la realizzazione di “servizi di supporto” al nuovo ospedale San Cataldo. Si fa genericamente riferimento a “RSA, laboratori, foresterie, centri direzionali”. Interventi che andrebbero ad anticipare in quell’area le previsioni del Piano urbanistico generale (Pug) per la cui redazione è stato affidato solo pochi giorni fa l’incarico all’architetto Karrer.

Dal nostro punto di vista la delibera presenta diverse criticità. In primo luogo, ci interroghiamo sulla necessità di realizzare proprio in quella porzione di territorio non ancora estesamente urbanizzata i servizi cui si è accennato. Scorrendo le pagine del progetto originario del San Cataldo si legge “il complesso ospedaliero (…) rappresenta (…) un elemento urbano autonomo che non impone la necessità di realizzare nelle aree limitrofe servizi e attività ad esso connesse, ma che rappresenta una realtà sociale in cui soddisfare tutti i principali servizi connessi con le prestazioni che ivi si svolgeranno”. Il nuovo ospedale infatti è stato pensato per comprendere già al suo interno alcune delle funzioni che la delibera intende sviluppare nella sottozona 32, come la foresteria. A ciò sono stati aggiunti, con una recente variante, un “polo direzionale e didattico” e una “scuola per l’infanzia”. Se queste opere non dovessero bastare a rendere il San Cataldo quel “polo di eccellenza” che tutti auspichiamo, è opportuno chiedersi per quale ragione gli altri “servizi di supporto” debbano essere collocati proprio nella sottozona 32 e non in un’area già urbanizzata. Potremmo citare numerosi esempi di ottimi ospedali che si stagliano come “cattedrali nel deserto” nel paesaggio circostante: si pensi al Miulli di Acquaviva delle Fonti, che dista circa sette chilometri dai limitrofi centri abitati.

D’altra parte, è già stato messo in cantiere il collegamento del San Cataldo con la città attraverso le cosiddette “BRT”, le “linee veloci” che congiungeranno le diverse zone dell’abitato. Quanto alle esigenze di ricezione poi, facciamo notare che non mancano in città aree in cui realizzare strutture idonee: lo stesso progetto del nuovo stadio prospetta la costruzione di un grande albergo in una superficie già urbanizzata. Infine, la dislocazione di attività funzionali al San Cataldo all’interno del tessuto urbano potrebbe favorire quel processo di riqualificazione dell’esistente che pure è stato enunciato come uno dei principi che dovranno informare il prossimo Pug. Un tema che torna con forza se si pensa al futuro delle strutture del Santissima Annunziata, che non possono essere lasciate vuote. Un altro elemento ci lascia perplessi, e riguarda proprio il rapporto con il Piano. Se questo dovrà fornire un nuovo disegno di città, archiviando finalmente l’attuale strumento urbanistico in vigore dal 1978, quali pressanti esigenze impongono di anticipare l’edificazione di una zona ancora solo parzialmente urbanizzata? A nostro parere sarebbe più coerente che gli interventi sulla sottozona 32 – come su altre superfici non impermeabilizzate – fossero parte integrante di una visione globale sul futuro assetto della città. Il rischio, in caso contrario, è di elaborare il Piano come somma di decisioni estemporanee, sollecitate ora da questo ora da quel progetto, perdendo la prospettiva d’insieme. La definizione della sottozona 32 va dunque rinviata all’iter di elaborazione del Pug.

Alla luce di tutto questo, chiediamo ai rappresentanti dei cittadini in Consiglio comunale di non prendere una decisione affrettata. Si avvii un percorso di ascolto delle diverse componenti della nostra comunità prima e non dopo l’approvazione della delibera – quando le scelte fondamentali sarebbero già state prese. Si ricordi che è in gioco il futuro della città e di fronte a questo fermarsi a riflettere non è una perdita di tempo. Da parte nostra valuteremo tutte le iniziative necessarie ad arrestare interventi che non rispondano all’interesse pubblico e alla difesa e tutela dell’ambiente”.

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Paesaggio, piccola storia ignobile in salsa gallipolina http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/11/paesaggio-piccola-storia-ignobile-in-salsa-gallipolina/ Fri, 25 Nov 2022 18:16:25 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15643 di Fabio Modesti.

Il Tar di Lecce ricostruisce una storia di dirompente offesa al paesaggio ed all’ambiente del litorale di Gallipoli e di connivenza tra autorità pubbliche e interessi privati.

Gallipoli, punta di diamante del circuito turistico. Di quel turismo mordi e fuggi, tutto spiagge, affitti in nero, sballo e annessa violenza che ormai marcano sempre più le stagioni estive nella “città bella” del Salento. Un ruolo che Gallipoli, certo, si è anche cercata ma che ora sta determinando rigetto nei cittadini. Nei decenni, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, in quella parte di Salento si è abbattuta una vera e propria furia devastatrice del paesaggio appena mitigata dall’istituzione del parco regionale di Isola di S. Andrea e litorale di Punta Pizzo di cui abbiamo raccontato due anni fa. Ora, parte di quel periodo riemerge in una recente sentenza del Tar Puglia sezione di Lecce. Un pronunciamento per un ricorso attivato da una nota società alberghiera che aveva chiesto alla Regione Puglia di rettificare la classificazione di alcune aree di poco più di un terzo di ettaro in zona Baia Verde. Nel Piano paesaggistico (Pptr), si dice nel ricorso, esse erano state erroneamente perimetrate come “zona umida”, “connessione alla Rete Ecologica Regionale” e “immobili e aree di notevole interesse pubblico”. Rimuovendo tali vincoli al paesaggio le aree sarebbero state destinate a parcheggio “ovviamente” «nel pieno rispetto delle caratteristiche paesaggistiche del luogo e con un giusto intervento di ingegneria ambientale che porterà ad aumentare il già presente strato di riporto fino ad una quota di +0,70 mt che mette il terreno in sicurezza rispetto agli eventuali eventi eccezionali sulla previsione fatta a 200 anni».

Il “no” della Regione alla rettifica

La Regione motiva il “no” alla rettifica affermando che «l’individuazione dell’UCP Aree umide effettuata dal Pptr sulle aree in questione non rappresenta un errore, in quanto l’area risulta essere stata oggetto di ripetute trasformazioni, avvenute successivamente alle ricognizioni effettuate dal piano (…) Si evidenzia infine che la trasformazione delle aree sulle p.lle 889, 886 e 888 del fg 25 del Comune di Gallipoli deve essere supportata dai necessari titoli abilitativi, non trasmessi con l’istanza in oggetto». La società ha controdedotto rispondendo che «l’area in questione già da molto tempo prima dell’approvazione del Pptr era priva di qualsivoglia tipo di vegetazione; era stata oggetto di interventi autorizzati dal Comune di Gallipoli fin dal 1989 […] ed era stata interessata da opere oggetto di condono edilizio». Dopo il diniego definitivo da parte della Regione la società ha attivato il ricorso al Tar contestando il mancato coinvolgimento del Comune di Gallipoli nel procedimento regionale e richiamando le autorizzazioni del Sindaco di Gallipoli del 1989 e, di condono, del 1996 «ad eseguire lavori di risanamento dei terreni, attesa la presenza di fenomeni di antigienicità lamentati, previa estirpazione dei canneti, disinfezione e derattizzazione, compattazione del terreno con materiale di riporto e messa a dimora di opere di natura agricola […]» e di sistemazione agricola dei suoli.

La storia ricostruita dal Tar

Ed ora viene il bello perché i giudici amministrativi leccesi ricostruiscono la vicenda risalente nel tempo scrivendo che «corre l’obbligo di precisare che tutta la colmata della zona paludosa esistente nell’area a sud di Gallipoli è stata oggetto di attenzione da parte della magistratura penale con procedimenti che ebbero ad interessare gli amministratori di Praia del Sud S.p.A., società incorporante, a decorrere dal 11.05.1990, la società Praia del Sole, già proprietaria dei terreni de quibus, così come puntualmente evidenziato dalla difesa erariale». Racconta la sentenza che il a gennaio 1994 il Pretore di Lecce – sez. distaccata di Gallipoli – pronunciava la sentenza n. 82/1994, con la quale, dopo aver accertato che i lavori si erano svolti in assenza di autorizzazioni e in spregio delle indicazioni prescritte dalla Regione e dal Comune di Gallipoli, condannava gli imputati, tra i quali l’amministratore dell’epoca di Praia del Sole S.p.a., alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi. Questa prima sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello di Lecce nel 1999 che confermava, tra l’altro, anche la condanna alla demolizione dei manufatti illecitamente realizzati e alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi e, successivamente, nel 2000 dalla Cassazione. «Ciò nonostante – aggiungono i giudici amministrativi leccesi -, nulla veniva demolito ed anzi il Comune di Gallipoli provvedeva a rinnovare per ulteriori due anni la concessione edilizia […] dopo la restituzione nel 1994 delle aree precedentemente sequestrate». A luglio del 1996 il Sindaco del Comune di Gallipoli – continuativamente dal 1993 Flavio Fasano (PDS) -, al quale erano state presentate otto distinte istanze in sanatoria dalla Praia del Sud S.p.a., con cui veniva richiesto il rilascio delle concessioni in sanatoria per le opere illegittime realizzate, adottava le concessioni in sanatoria per tutte le istanze. A gennaio 1997 Praia del Sud S.p.a. (già Praia del Sole S.p.a.),  chiedeva al Sindaco del Comune di Gallipoli, una nuova proroga del termine di efficacia della concessione edilizia n. 4691 ed il Comune concedeva la proroga a febbraio 1997 per un periodo di diciotto mesi.

Un’altra piccola storia ignobile del paesaggio pugliese

Il dirigente dell’ufficio tecnico comunale concedeva ad ottobre 1998 il nulla-osta paesaggistico n. 67 descrivendo l’intervento come minimale, non aggressivo e ben inserito nel contesto dei luoghi, «mentre in realtà aveva una portata dirompente sull’ambiente e sul territorio per l’entità delle opere realizzate e previste», scrivono i giudici del Tar. Il nulla-osta comunale per realizzare strutture turistiche all’aperto è stato annullato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici, artistici e storici a gennaio 1999. L’allora dirigente tecnico del Comune di Gallipoli fu condannato definitivamente per falso ideologico con sentenze del Tribunale di Lecce nel 2005 e della Corte d’Appello di Lecce nel 2008. Un’altra piccola storia ignobile per il paesaggio, questa volta in salsa gallipolina. Il Tar di Lecce, ora, ha respinto il ricorso della società contro la mancata rettifica al Pptr da parte della Regione Puglia.

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Taranto può dire basta al consumo di suolo: No a una nuova espansione in zona Cimino http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/11/taranto-puo-dire-basta-al-consumo-di-suolo-no-a-una-nuova-espansione-in-zona-cimino/ Sat, 12 Nov 2022 08:54:59 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15628 A cura di Legambiente Taranto.

Il consumo di suolo in Italia, in base ai dati dell’ultimo Rapporto ISPRA, nel 2021 è stato pari a 69,1 km quadrati, circa 19 ettari al giorno, più di 2 metri quadrati al secondo. Si tratta del valore più alto degli ultimi 10 anni, in accelerazione rispetto al passato recente, assolutamente insostenibile, causa della scomparsa di aree naturali e agricole sostituite da nuovi edifici, infrastrutture, insediamenti commerciali, logistici, produttivi. La copertura artificiale del suolo nel nostro Paese è ormai arrivata al 7,13% -mentre la media UE è del 4,2%- con gravi conseguenze non solo ambientali, ma anche economiche, per i costi connessi alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo, stimati in ben 8 miliardi di euro.

A Taranto nel 2021 il consumo di suolo nell’anno è stato pari a 16, 41 ettari (in incremento rispetto ai 10,1 ettari del 2020), portando il suolo totale consumato, per effetto di scelte scellerate compiute in passato e di un piano regolatore sovradimensionato, a 5.337 ettari, pari a ben il 21,6% del totale disponibile. Un dato elevatissimo, 3 volte la media nazionale, 5 volte la media UE, che per Legambiente rende prioritaria la necessità di contenere fortemente e possibilmente fermare il consumo di suolo nel nostro territorio. Necessità resa ancora più stringente dalla costante decrescita demografica della città dei due mari: il 31 dicembre 2013 Taranto aveva più di duecentotremila abitanti, agli inizi di quest’anno meno di centonovantamila,con una perdita di oltre quattordicimila abitanti in soli otto anni. Come se fosse scomparso San Giorgio Jonico. O Statte.

Sono dati su cui crediamo occorra fermarsi a riflettere e che, a nostro avviso, vanno assunti come il primo parametro su cui valutare le singole scelte che impattano con il futuro del nostro territorio, come nel caso della proposta di suddivisione della sottozona 32 del Piano Regolatore in sei subcomparti.

Rispetto ad essa, in base alle informazioni disponibili, riteniamo pienamente condivisibile la previsione della realizzazione di interventi attraverso apposito P.I.R.U. (Programma di Rigenerazione Urbana) per i comparti indicati con le lettere E e F, più prossimi alla città consolidata, già antropizzati e sviluppatisi in modo disordinato. Anchela scelta di attendere l’adozione del nuovo P.U.G. ,proposta per il comparto indicato con la lettera D, situato dopo il centro commerciale ex Auchan, in direzione di San Giorgio Jonico, ci appare condivisibile, visto il rinvio ad uno strumento di programmazione frutto di una visione d’insieme estesa all’intera città.

Destano invece forti preoccupazioni le indicazioni relative ai comparti B e C, situati subito prima del centro commerciale, per i quali, pur escludendo la realizzazione di edilizia residenziale, le altre destinazioni d’uso ammesse aprirebbero la strada ad un rilevante consumo di suolo.

In base alla declaratoria contenuta nell’articolo 38 delle N.T.A. risultano in generale ammissibili molteplici destinazioni: possono essere costruiti infatti edifici direzionali, studi professionali e uffici in genere, pubblici e privati, sedi di rappresentanza e attività commerciali di ditte, istituti di credito, banche, mostre di prodotti manifatturieri, sedi e punti di vendita di grandi organizzazioni commerciali, attività commerciali in genere, attrezzature terziarie di supporto connesse o attinenti alle attività commerciali e direzionali, attrezzature alberghiere e turistico-ricettive, edifici per il culto ed opere connesse, attrezzature complementari per il richiamo pubblicitario e il trattenimento sociale e culturale del pubblico (Centri socio – culturali e assistenziali, sale per riunioni, biblioteche, sale per spettacolo e svago, teatri, cinematografici, ecc.), edifici per l’istruzione in genere e relativi annessi anche residenziali, poliambulatori, farmacie, posti di pronto soccorso, laboratori di analisi, cliniche private. Si configurerebbe quindi, nei comparti B e C, una ulteriore espansione urbana cui Legambiente è assolutamente contraria sia per il rilevante consumo di suolo connessosia per il decremento demografico in atto, sia perché non si ravvede una effettiva necessità di allocare proprio in quei comparti tutta una serie di servizi, considerando le possibilità offerte sia dai comparti E e F, limitrofi, che più in generale dalla città nel suo complesso.

Taranto è segnata dalla presenza di molte periferie che non hanno bisogno di nuove espansioni che le dilatino, o della distruzione di ulteriore terreno agricolo per “riempire i vuoti” tra centro abitato e nuovi insediamenti periferici, ma di interventi di riqualificazione, di piani di rigenerazione urbana. Il suolo che si continua a consumare, coprire, impermeabilizzare, inquinare, è essenziale per la lotta ai cambiamenti climatici: esso contiene il più importante stock di carbonio terrestre ed una sua gestione corretta e sostenibile è essenziale per contrastare gli effetti devastanti del climate change. Per questo è indispensabile preservarlo il più possibile.

Per Legambiente la priorità oggi è giungere nei tempi più rapidi possibili alla adozione del nuovo Piano Urbanistico Generale di Taranto, che permetta di inquadrare in un disegno complessivo, frutto di una visione d’insieme, le singole scelte, che dia risposte alle esigenze dei cittadini evitando la reiterazione degli errori del passato, che realizzi una svolta lungamente attesa, nel segno del contenimento, della ricucitura del tessuto urbano esistente, della tutela della natura, rispetto alla realtà di un territorio il cui suolo, negli anni, è stato consumato in maniera devastante.

Pubblicato in La Città

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Questa sarebbe la transizione ecologica nel Mezzogiorno? http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/09/questa-sarebbe-la-transizione-ecologica-nel-mezzogiorno/ Wed, 28 Sep 2022 07:38:58 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15566 A cura del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG).

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) nelle scorse settimane (agosto 2022) ha inoltrato un’istanza di accesso civico e informazioni ambientali rivolta alle Amministrazioni pubbliche nazionali e regionali competenti concernente i numerosi progetti di centrali eoliche nel territorio pugliese e offshore nei mari prospicienti i litorali della Puglia.

Nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2022

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi, in seguito alla complessiva valutazione e armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 3 agosto 1988, n. 400, ha deliberato l’approvazione del giudizio positivo di compatibilità ambientale per undici progetti di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (energia eolica), per una potenza complessiva pari a circa 452 MW. A norma dell’articolo 7 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, le deliberazioni adottate sostituiscono a ogni effetto il provvedimento di valutazione d’impatto ambientale (VIA).

Nel dettaglio, si tratta di otto progetti da realizzare nella regione Puglia e tre nella regione Basilicata:

  • Mondonuovo (Comune di Mesagne – BR), potenza: 54 MW;
  • Valleverde (Comune di Bovino – FG – località ‘Monte Livagni’) e opere di connessione (da ubicare anche nei comuni di Castelluccio dei Sauri e Deliceto – FG), potenza: 31,35 MW;
  • rifacimento parziale e potenziamento (‘repowering’) del parco eolico (Comuni di Motta Montecorvino e Volturara Appula -FG), potenza complessiva 42 MW;
  • San Pancrazio Torrevecchia (Comune di San Pancrazio Salentino – BR) e relative opere di connessione alla Rete di Trasmissione Nazionale (RTN) (comuni di Avetrana – TA – e Erchie – BR), potenza complessiva: 34,5 MW;
  • San Severo La Penna (Comune di San Severo – FG) e relative opere di connessione, potenza complessiva: 47,6 MW;
  • San Potito (Comune di Ascoli Satriano – FG – località ‘Torretta’) e relative opere di connessione (Comune di Deliceto – FG), potenza: 34,5 MW;
  • progetto da realizzare nel comune di San Paolo Civitate (FG), nelle località Pozzilli, Chiagnemamma, Cerro Comunale, Marana della Difensola – Quarantotto, Masseria Difensola e infrastrutture connesse, site nel territorio del comune di Torremaggiore (FG), nelle località Fari e Rascitore, potenza: 42 MW;
  • ‘Parco Eolico San Severo’ (Comune di San Severo-FG), potenza: 54 MW;
  • proroga di cinque anni del termine di validità del provvedimento di valutazione di impatto ambientale per la realizzazione dell’impianto eolico denominato ‘Serra Gagliardi’, da realizzare in agro del Comune di Genzano di Lucania (PZ), potenza 36 MW;
  • proroga di cinque anni del provvedimento di valutazione di impatto ambientale relativo all’impianto eolico denominato ‘Castellan’” da realizzarsi nel territorio del Maschito e Venosa (PZ), potenza: 38,995 MW;
  • Rosamarina (comune di Lavello – PZ) e opere di connessione nei comuni di Venosa e Melfi (PZ), potenza: 37,1 MW.”

Oltre a questi otto progetti (più altri tre nella contigua Basilicata) per una potenza complessiva di 452 MW, sono in progetto ben 10 centrali eoliche offshore, a varia distanza dalla battigia marina, due dei quali bocciati in sede di procedura di V.I.A.

Più di 550 aerogeneratori per una potenza complessiva di 4.726 MW.

Emergono chiare un paio di domande: questa immane potenziale produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, a fronte di un pesante consumo del territorio, quale centrale con produzione da fonte fossile andrà a sostituire?

Quali impegni sono stati formalmente assunti in proposito?

Forse nessuno…

E quali sono i benefici ambientali ed economico-sociali per il territorio pesantemente interessato?

Non quantificati…

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Puglia: pronto il nuovo Piano Casa, ma non è un passo avanti… http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/07/puglia-pronto-il-nuovo-piano-casa-ma-non-e-un-passo-avanti/ Mon, 25 Jul 2022 08:24:49 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15490 La quinta commissione del consiglio regionale ha completato i suoi lavori e ha approvato (con l’astensione dell’opposizione) la bozza del nuovo Piano Casa dopo mesi di “feroci” discussioni. La nuova bozza è stata enfaticamente salutata come una norma in grado di accontentare tutti, tanto che l’edizione locale de “La Repubblica” ha titolato a grandi caratteri: «Gli ambientalisti su Piano Casa: un passo avanti per la Puglia» e ha proseguito annotando la generale piena soddisfazione, comprendendo anche gli Ordini professionali e la stessa minoranza consiliare che non ha votato contro ma, appunto, ha scelto di astenersi.

La notizia non è però corretta: diverse voci “ambientaliste” hanno ripetutamente messo in discussione – e in modo fortemente critico – la proposta normativa. Italia Nostra Puglia, lo scorso 11 luglio aveva trasmesso un significativo documento di osservazioni al Presidente e ai Commissari della V Commissione Consiliare, siglato dal suo delegato regionale e consigliere nazionale Giacinto Giglio, che qui riportiamo per opportuna testimonianza:

Osservazioni alla PdL “Programma eco-casa di riqualificazione, rigenerazione e
riutilizzo del patrimonio edilizio esistente”.

Si prosegue in Puglia con la “deregulation urbanistica” già avviata con la LR 39/2021 (impugnata dal Governo) e proseguita con dodicesima proroga del “Piano Casa” (dichiarata incostituzionale). Ora arriva la PdL “Programma eco-casa di riqualificazione, rigenerazione e riutilizzo del patrimonio edilizio esistente”, ma che sarà veramente un programma eco-sostenibile lo assicura il titolo stesso.
Questo avviene mentre l’Assessore Regionale all’urbanistica ha avviato un tavolo di Consultazione per la stesura di una Nuova legge urbanistica regionale. Sorvoliamo sulla relazione illustrativa delle funzioni “demiurgiche” della PdL “EcoCasa” ed esaminiamo l’articolato:

Art.1 – Non si riesce a collegare riuso, riqualificazione… con il rilancio demografico? Se le aree edificate sono già dotate di urbanizzazione I gli Oneri urbanizzazione II saranno utilizzati per servizi e verde o utilizzati per la spesa corrente? La Delibera CC può individuare ZTO in aree di espiazione che non siano edificate o urbanizzate determinando così ulteriore consumo di suolo! Questo articolo è in contrasto con DM 1444/68 che prevede i Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.765. (1288Q004) (GU Serie Generale n.97 del 16-04-1968).

Art.2 – Va specificato che il parere paesaggistico va richiesto alla SABAP se le aree ricadano in zone di interesse paesaggistico art. 142 e di notevole interesse pubblico art.136 del Dlgs 42/2008 s.m.i.

Art.3 – Gli ampliamenti del 20% producono ulteriore consumo di suolo, destinare a residenza edifici con diversa destinazione che comporta cambio di destinazione d’uso con aumento del carichi urbanistici in aree prive di attrezzature e servizi! Una cosa è “l’artigianato di servizio” ed altro è insediare attività artigianali incompatibili all’interno di aree residenziali? Al comma 2 si prevede un ulteriore aumento fino a 400 mc, ma per l’attività edilizia che raggiunge solo 2 punti ai sensi della LR13/2008, ma questo, comunque, non evita ulteriore consumo di suolo. Si prevede un’ulteriore deroga del DM 1444/1968 Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.765.

Art.4 – ulteriore consumo di suolo con incremento 35% del volume in deroga rispetto al DM 1444/68, gli interventi di ricostruzione a seguito di demolizione non possono modificare la sagoma anche se ricade in area di pertinenza. Incremento volumetrico che rispetta la LR 13/2008 è forse biocompatibile, ma non è ecosostenibile perché consuma ulteriore suolo aggiuntivo al valore 8,15% Regionale nel 2020.

Art.5 – la monetizzazione delle aree a standard a seguito di aumento volumetrico (densificazione) porta ad avere aumento del carico urbanistico e una carenza di servizi. La norma sui parcheggi è in deroga alla Legge “Tognoli” n. 122/198 e la monetizzazione prevista in Puglia e in poche altre regioni crea carenza di parcheggi pertinenziali e pubblici.

Art.6 – Limita la realizzazione di interventi di ampliamento e demolizione/ricostruzione dove gli strumenti urbanistici non lo prevedano, ma invece lo possono prevedere SUE e persino in aree previste a standard urbanistici (servizi e verde). Non si può interventi di ampliamento e demolizione/ricostruzione su beni storici, culturale, architettonici (centri storici) ovvio, ma anche su quelli non tutelati dagli strumenti urbanistici? Sono esclusi gli interventi anche nelle aree vincolate dal PUTT/p e quelle della “città consolidata” (prima degli anni ’50) come definita dall’art. 76 del NTA del PPTR art 143, comma 1, lett. e, del Codice? Sono esclusi gli immobili con vincolo monumentale Dlgs 42/2004 (sic!). Mentre si possono recuperare le volumetrie del Piano Casa (incostituzionale) in aggiunta. Non sono ammessi interventi di ampliamento e demolizione/ricostruzione nelle aree protette, nelle zone a rischio idrogeologico (SIC!).

Per tutte le motivazioni su riportate, Italia Nostra Puglia si dichiara contraria alla PdL “Programma eco-casa di riqualificazione, rigenerazione e riutilizzo del patrimonio edilizio esistente” e chiede all’Assessore Regionale all’urbanistica una nuova Legge Urbanistica Regionale.

Il Delegato di Italia Nostra Puglia (Settore Urban. Paesagg.), Consigliere Nazionale Arch. Giacinto Giglio

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