Trentino Alto Adige – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Tue, 24 Jan 2023 10:14:33 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Trentino Alto Adige – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 In Trentino si finanzia il recupero dei muri a secco http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/01/in-trentino-si-finanzia-il-recupero-dei-muri-a-secco/ Tue, 24 Jan 2023 10:14:29 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15777 “I muretti a secco sono una caratteristica importante del paesaggio rurale del Trentino, soprattutto nelle valli dove sono presenti terrazzamenti a vigneti o a frutteto. Hanno un valore culturale e identitario ma naturalmente anche produttivo ed ecologico, e testimoniano della cura e dell’attenzione che le comunità rivolgono al proprio territorio. Siamo felici perciò che il Fondo per la riqualificazione degli insediamenti storici e del paesaggio, ed in particolare il Bando per i muretti a secco, che abbiamo avviato nel 2021, abbiano riscosso un notevole successo da parte dei privati. Nel biennio i beneficiari sono stati complessivamente 559, per un importo totale finanziato di € 1.670.000,00. Continuiamo così, e trasmettiamo l’amore per il nostro paesaggio rurale alle nuove generazioni”.

Con queste parole il vicepresidente e assessore all’urbanistica e ambiente Mario Tonina ha commentato gli ultimi dati forniti dal Servizio Urbanistica e tutela del paesaggio sul sostegno dato dalla Provincia autonoma di Trento ai progetti di recupero e manutenzione dei muretti a secco nel biennio 2021-2022. Il Fondo per la riqualificazione degli insediamenti storici e del paesaggio è finalizzato a promuovere interventi per il recupero, la conservazione e la tutela del paesaggio, per far fronte, tramite anche piccole contribuzioni a soggetti privati, a eventuali situazioni di degrado ambientale e di abbandono, per interventi di conservazione, sistemazione o ripristino del paesaggio rurale montano.

Il Fondo mette a disposizione contributi dedicati al recupero delle tradizionali murature a secco e dal 2021 è stato avviato il nuovo Bando che prevede la concessione di risorse ai privati per piccoli interventi di recupero e ripristino di murature dei sistemi agricoli terrazzati tradizionali ed eventualmente di sistemazione del terreno adiacente. Presentando una documentazione estremamente semplificata il privato può accedere a finanziamenti oscillanti tra 1.000 e 4.000 euro, determinati in base alla natura e all’estensione dell’intervento.

Nel biennio 2021-22 il bando ha interessato complessivamente 559 beneficiari (306 col bando 2021, 253 col bando 2022) per un importo totale finanziato di € 1.670.000,00. A breve si ripartirà con il bando 2023, con risorse stanziate pari a circa € 800.000.

(Fonte: https://www.paesaggiotrentino.it/it/news/fondo-del-paesaggio-559-interventi-per-il-recupero-dei-muri-a-secco_3754_idn/?anno=2023)

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Ciclabile del Garda: in nome della sostenibilità si può sfregiare il paesaggio? http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/02/ciclabile-del-garda-in-nome-della-sostenibilita-si-puo-sfregiare-il-paesaggio/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/02/ciclabile-del-garda-in-nome-della-sostenibilita-si-puo-sfregiare-il-paesaggio/#comments Thu, 10 Feb 2022 08:43:37 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15164 di Paolo Pileri.

Ultimamente in nome della sostenibilità siamo catapultati davanti a veri e propri dilemmi: realizzare una nuova scuola in super classe energetica rende legittimo asfaltare un’area agricola? I pannelli fotovoltaici possono coprire i suoli fertili? I parcheggi per la ricarica di auto elettriche permettono il consumo di suolo? Fare una ciclabile autorizza lo sfregio di un paesaggio italiano unico come quello del Lago di Garda?

Continua qui.

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In Trentino sono da abbattere costruzioni non abusive ma su terreni del demanio civico http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/12/in-trentino-sono-da-abbattere-costruzioni-non-abusive-ma-su-terreni-del-demanio-civico/ Wed, 29 Dec 2021 07:55:27 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15015 55 anni fa lungo il lago di Cei a Villa Lagarina fu costruita una casetta-baita in lamiera di circa 35 metri quadrati su un terreno ad uso civico. Una costruzione non abusiva, poichè il proprietario ha sempre puntualmente pagato l’affitto agli usi civici e provveduto a collegarlo con la fognatura, l’acqua potabile e la corrente elettrica.

Quasi vent’anni fa il Comune di Villa Lagarina ha definito l’intera area del lago come fascia protetta in un ambito ritenuto naturalistico e paesaggistico e, dunque, da tutelare. La presenza di quella casetta in lamiera è stata pertanto ritenuta non più tollerabile e dal Comune è stata avviata la richiesta al proprietario di provvedere alla sua demolizione, operazione però onerosa dato che oltre al fabbricato si sarebbero dovuti eliminare anche gli ingombranti servizi pubblici.

La decisione su a chi spettasse accollarsi gli oneri della demolizione sono finiti in una lunga disputa che il TAR ha ora portato a conclusione: nonostante tecnicamente la casetta non sia abusiva, va comunque abbattuta.
I giudici amministrativi hanno infatti sentenziato che «dal fatto che l’uso civico costituisce un vincolo posto al fine di tutelare un pubblico interesse, volto ad assicurare un’utilità alla collettività ed ai suoi componenti che ne usufruiscono, discende che, fintanto che il vincolo permane, i terreni in tal senso gravati non hanno alcuna possibilità, anche remota, di essere avviati all’edificazione. Esiste una oggettiva incompatibilità tra l’impiego esclusivo dell’area occupata da manufatti e l’esistenza di determinati usi civici».

Il bene collettivo è, dunque, superiore rispetto all’interesse privato: «L’impossibilità sul piano giuridico di consentire edificazioni di strutture immobiliari da parte di privati su terreni appartenenti al demanio civico comporta, quale logica e diretta conseguenza, che qualora tali manufatti vengano realizzati questi siano abusivi per antonomasia e che, per tali ragioni, essi sono legittimamente assoggettabili al regime della demolizione».

Ma la casetta sul lago di Cei non è l’unico caso: in località Cimana, frazione di Pedersano, paiono essere presenti altre venti costruzioni realizzate nei primi anni Settanta su terreni di uso civico. E la prima sentenza del TAR fa pensare che nelle prossime settimane ci saranno (ci dovranno essere…) altre novità in difesa del diritto collettivo.

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La scheda di Occhio al paesaggio: Tablà, Val Venosta (Bolzano) http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/12/la-scheda-di-occhio-al-paesaggio-tabla-val-venosta-bolzano/ Thu, 02 Dec 2021 08:13:03 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14957 di Frederick Bradley.

Una delle potenzialità insite nella lettura del paesaggio che consideri il suo valore semiotico è la comprensione del tipo di gestione adottata nello sfruttamento agricolo del territorio. Abbiamo già trattato questo argomento in un post precedente dedicato alle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, ma nella scheda che ora presentiamo si focalizza maggiormente l’attenzione sul significato dei segni delle pratiche agricole. Il territorio di Tablà in Val Venosta (Bolzano) ha rappresentato a questo proposito un esempio particolarmente interessante per la chiarezza del suo significato, comprensibile anche per l’osservatore non specialista. Buona lettura…

Il paesaggio di Tablà

Nel 2008, anno in cui è stata effettuata la lettura di questo paesaggio, l’elemento di maggior rilievo del territorio di Tablà era la diffusione delle piantagioni di mele che occupavano praticamente tutto il fondovalle. Questo è costituito da sedimenti depositati nel corso dei millenni dal corso d’acqua che scende dai monti retrostanti, formando un esempio mirabile di quella che, per la sua tipica forma a cono, i geomorfologi chiamano una conoide alluvionale (fig. in alto).

La superficie della conoide appare quasi interamente destinata alla coltivazione di mele. Le piantagioni sono strettamente addensate e organizzate in filari spaziati quel tanto che basta per consentire il passaggio dei trattori utilizzati per le pratiche colturali (fig. sotto).

Coltura a filari

Si tratta di un uso del suolo tipico delle coltivazioni intensive dove la vegetazione spontanea è stata totalmente sostituita dalla monocoltura nell’ottica di ottimizzare al massimo lo spazio disponibile e consentire l’applicazione di un sistema produttivo industriale. Un sistema di produzione agricola che comporta un elevato utilizzo di pesticidi, la distruzione della biodiversità nelle locali associazioni animali e vegetali, e la produzione di mele di qualità e caratteristiche “industriali”.

E’ un uso del suolo relativamente recente impostato sui pascoli e gli arativi che storicamente dovevano rappresentare la sussistenza alimentare del paese di Tablà e che sono ormai scomparsi. Un cambiamento che non riguarda solo l’agricoltura ma comporta significative ripercussioni anche a livello socio-economico. Di fatto l’adozione dell’agricoltura intensiva ha reso l’economia del paese dipendente da variabili non controllabili dai suoi abitanti (scelta delle cultivar, prezzo di vendita delle mele, dinamiche dei mercati, distribuzione, ecc.) esponendoli così a potenziali condizioni di sfruttamento senza dar loro la possibilità di ricorrere a produzioni alternative. Inoltre il massiccio utilizzo di pesticidi crea inevitabili conseguenze sia sulla salute della popolazione, sia sulla potenziale attrattiva turistica del territorio.

Tratto da: http://www.wikitinera.it/index.php/tabl-val-venosta-bz-trentino-alto-adige

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La demolizione dell’ex Hotel Post di Dobbiaco http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/12/la-demolizione-dellex-hotel-post-di-dobbiaco/ Mon, 14 Dec 2020 08:01:45 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14173 L’Hotel Post, costruito sui ruderi di un antico albergo subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, è una struttura alberghiera di notevole pregio storico ed estetico e attraverso la memoria tramandata da fotografie e cartoline d’epoca si sarebbe facilmente potuto restaurarla e portarla al suo antico splendore.

Non è andata così: nonostante petizioni e appelli è stato demolito e la sua ricostruzione pone molti interrogativi…

Qui le considerazioni di Italia Nostra Bolzano.

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La Provincia di Trento contro gli orsi: un vero “scandalo” italiano http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/07/la-provincia-di-trento-contro-gli-orsi-un-vero-scandalo-italiano/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/07/la-provincia-di-trento-contro-gli-orsi-un-vero-scandalo-italiano/#comments Tue, 14 Jul 2020 21:22:23 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=13915 A cura di Franco Tassi, Centro Parchi.

Le Leggi e le Ordinanze da prendere in considerazione nelle vicende dei Grandi Predatori (Lupi in Veneto e Alto Adige, e soprattutto Orsi in Trentino), non sono soltanto quelle locali (comunali o provinciali), perché esistono fondamentali Norme nazionali e internazionali sopraordinate, che in caso di conflitti normativi debbono prevalere. 

Basterebbe ricordare la Convenzione di Berna, la Convenzione di Lisbona e la Convenzione di Washington. E la stessa Carta Costituzionale italiana, che pone in primo piano la protezione del Paesaggio, un valore assoluto primario, che nella più evoluta concezione va interpretato non solo come statica cartolina illustrata, ma come “Paesaggio vivente”, elemento cardinale della stessa identità dei luoghi, e del carattere delle genti che vi abitano.

Anche se è vero che, per un assurdo aborto giuridico, una Norma non recente affida il potere decisionale sull’Orso (specie protetta a livello europeo) alla Provincia, non vi sono dubbi sul fatto che un Presidente Provinciale pro-tempore non deve ritenersi esente da controlli, sia di legittimità che di merito. E non può certo pretendere di ergersi a dispotico “sovrano onnipotente“, giudice di se stesso e non sottoposto a verifiche: perché il Governo può e deve intervenire, specialmente in circostanze eccezionali e situazioni di particolare gravità (come aveva già fatto nel caso del Ponte Morandi, con provvedimenti riconosciuti ora costituzionalmente legittimi dalla stessa Consulta). 

Il Ministro dell’Ambiente avrebbe quindi il dovere di convocare quanto prima il Presidente della Provincia per chiedergli conto dettagliatamente di ciò che sta avvenendo nel suo territorio, con gravi danni erariali e perdita di immagine non solo per il Trentino, ma per l’Italia stessa. E sarà suo compito ribadire che l’atteggiamento del Presidente di una Provincia, ancorché autonoma, non può prevalere sugli interessi generali della Comunità italiana, né deve permettersi di danneggiare l’immagine internazionale della Repubblica.

Andando più a fondo nelle ricorrenti storie di Orsi alpini (aggressioni vere o presunte, condanne ad abbattimenti, castrazioni, sterilizzazioni, catture e detenzioni in recinti del tutto inadeguati, se non addirittura vergognosi), si scoprono fatti e circostanze tali, da mettere seriamente in dubbio che l’azione di quella pubblica amministrazione sia stata condotta con correttezza, equità ed efficienza. Emergono invece una serie di misure improvvide e illogiche, fortemente influenzate dalle pressioni politiche e mediatiche localistiche e dal mondo venatorio, a causa di interessi inconfessabili e di antichi pregiudizi. Tutti sempre dominati dal falso “immaginario collettivo” di una belva feroce e aggressiva, caratteristiche peraltro decisamente e ripetutamente smentite dalle obiettive risultanze della scienza.

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Si torna a parlare del tunnel sotto lo Stelvio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/03/si-torna-a-parlare-del-tunnel-sotto-lo-stelvio/ Tue, 12 Mar 2019 10:41:49 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12773

Con una interrogazione presentata nei giorni scorsi in consiglio provinciale dal Gruppo Verde, si sono riaccesi i riflettori sul vecchio progetto di collegare l’alta Val Venosta con la Valtellina passando sotto il passo Stelvio.

L’interrogazione pone l’accento sull’avvio di una indagine sui vantaggi socio-economici di un tunnel sotto lo Stelvio promossa dalla società lombarda “Mobility in Chain srl”, che pare avere iniziato a sottoporre a tutte le famiglie intervistate un questionario a cui viene allegato lo “Studio di prefattibilità” del tunnel stesso (composto da 700 pagine e 20 elaborati). Sul questionario compare in intestazione il logo della Regione Lombardia affiancato da quello della Provincia autonoma di Bolzano, dando la netta impressione che il progetto sia sostenuto anche dall’Alto Adige.

La Regione Lombardia in questa indagine conoscitiva indica la presenza di sette varianti di tunnel stradale e 6 di tunnel ferroviario per treni-navetta destinati a portare migliaia di auto, bus e camion da una parte all’altra dello Stelvio, con treni in partenza ogni 45 minuti e una capacità di trasporto di 7.500 passeggeri, 3.500 dei quali con veicolo su gomma al seguito.
Eppure solo poco più di un mese fa la Provincia di Bolzano aveva confermato (rispondendo a un’altra interrogazione) di ritenere praticabile esclusivamente l’ipotesi di un tunnel ferroviario.

Il traforo prevede l’attraversamento di aree protette e del parco dello Stelvio con una durata prevista per i lavori di almeno 10 anni, circa 1,5 milioni di metri cubi di materiale di scavo da depositare e lavorare, un costo complessivo oscillante tra 1 e 1,3 miliardi di euro e quasi sei milioni di euro di costi di gestione annuale.

Difficile, dunque, poter definire il progetto come una «ferrovia bimodale con auto al seguito. Siamo invece in presenza di un treno al servizio delle auto – sostengono i Verdi nella loro interrogazione – che aprirebbe un canale di traffico privato su gomma tra due regioni, realizzando così quel canale Milano-Ulm che da anni diverse lobby economiche lombarde sostengono. Le conseguenze di un traforo ferroviario così pensato saranno l’aumento del traffico di auto e camion in Valtellina e in tutta la val Venosta».

La Provincia autonoma di Bolzano sta effettivamente collaborando a questo sondaggio e ha autorizzato la società che lo cura a inserire il proprio logo e quello della Sta nella brochure di presentazione? Perchè non ha immediatamente reagito?
E quale ipotesi di tunnel intende oggi davvero appoggiare?

Attendiamo gli sviluppi…

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Dopo la tempesta Vaia. Riflessioni per il recupero delle foreste nelle Dolomiti http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/01/dopo-la-tempesta-vaia-riflessioni-per-il-recupero-delle-foreste-nelle-dolomiti/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2019/01/dopo-la-tempesta-vaia-riflessioni-per-il-recupero-delle-foreste-nelle-dolomiti/#comments Sat, 05 Jan 2019 21:58:11 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12566 Questo documento rappresenta la sintesi dell’incontro (organizzato da CIPRA Italia, Mountain
Wilderness, LIBERA Nomi e Numeri contro le mafie, Ecoistituto Veneto “Alex Langer”,
WWF O.A. Terre del Piave, Comitato Peraltrestrade Carnia-Cadore, Italia Nostra sezione di
Belluno, Gruppo Promotore Parco del Cadore) tenutosi a Pieve di Cadore, Auditorium CosMo, il 7 dicembre 2018, tavola rotonda “Dopo le devastazioni, il futuro dei nostri boschi”.
I relatori che hanno portato i contributi qui riassunti (e rivisti dagli interessati) sono stati: Luigi Casanova (forestale, vice presidente di CIPRA Italia); Michele Da Pozzo (direttore del Parco delle Dolomiti d’Ampezzo) e Cesare Lasen (geobotanico, membro del Comitato Scientifico Fondazione Dolomiti-Unesco).

Alcune premesse:

a) La tempesta Vaia della notte tra il 28 e il 29 ottobre non è riconducibile a soli limiti della selvicoltura fino a oggi gestita nelle Dolomiti. Le tre regioni interessate, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (più marginalmente la Lombardia) ormai da anni attuano una gestione selvicolturale basata sulla naturalità, tanto che alcuni interventi sono certificati (PEFC) e alcune proprietà dispongono della doppia certificazione (FSC).
Certamente molte delle superfici colpite dalla devastazione erano costituite da foreste fragili (impianti artificiali, boschi coetanei e monospecifici, inadeguata cura selvicolturale), ma il fattore principale che ha scatenato il fenomeno sembra ascrivibile ai mutamenti climatici in atto: da tempo sull’arco alpino si assiste a fenomeni “anormali” sempre più intensi e frequenti.

b) La tempesta Vaia ha causato lo schianto di circa 8 milioni di metri cubi di legname: circa 3 milioni in regione Veneto, nelle province di Belluno e Vicenza, altrettanti nel Trentino, circa 1 milione nella provincia di Bolzano, qualche centinaio di migliaia nella regione Friuli Venezia Giulia. Nella provincia di Belluno al danno forestale si è sommato un vero e proprio evento alluvionale.

c) I danni ai boschi nella intera Europa comportano annualmente la distruzione di una media di 38 milioni di metri cubi: ben il 50% di questi danni sono dovuti a schianti da vento, il 16% a incendi, altre cause sono dovute a attacchi parassitari o a popolamenti non idonei. Nel recente passato si sono avute devastazioni forestali che hanno superato anche i 200 milioni di metri cubi di schianti.

d) 80 anni fa la superficie boschiva italiana copriva 5 milioni di ettari, oggi siamo a 11.778.000 ettari. Nonostante un aumento quasi esplosivo dell’estensione forestale meno di un terzo di questo patrimonio viene gestito, l’Italia importa quasi l’85% del legname usato: nel nostro Paese si utilizzano solo 1,5 milioni di mc. di legname nazionale. Non solo.
Va detto che oggi l’aumento deriva dal fatto che oggi la definizione di bosco è diversa dal passato e include anche formazioni arbustive, neoformazioni più rade, ecc. In ogni caso alla quantità non corrisponde la qualità.

e) Tra tutti gli ecosistemi possibili, comprese le praterie alpine e gli ambienti umidi – consapevoli che ciascuno di essi ha il proprio intrinseco valore e il suo fascino – la foresta è quello che ci dà le maggiori e più preziose istruzioni ecologiche. In assoluto, è l’ecosistema più strutturato e resiliente, almeno nelle condizioni prossimo-naturali. In esso possiamo leggere la storia del passato, la realtà del bosco di oggi.

18 proposte nel breve, medio e lungo periodo

1. Nella gestione dell’evento, in tutte le sue implicazioni, sarebbe stata auspicabile un’unica regia, autorevole: recupero del legname e individuazione delle priorità, assistenza ai proprietari pubblici e privati per evitare che soccombano a fenomeni speculativi nella compravendita del legname, sostegno anche economico ai proprietari, recupero e laddove necessario potenziamento, della viabilità forestale, dei piazzali di stoccaggio, l’avvio di una pianificazione naturalistica nella ricostruzione delle superfici. Questo auspicio non è divenuto realtà. Siamo nel cuore di Dolomiti patrimonio naturale dell’umanità, probabilmente non abbiamo ancora costruito la consapevolezza delle Dolomiti patrimonio delle comunità.

2. Una misura da prendere subito in esame sarebbe stata la sospensione delle utilizzazioni forestali in atto nei comuni interessati, nella logica di una rinegoziazione delle quantità da prelevare.

3. E’ necessario recuperare e laddove presente potenziare una gestione forestale che offra al bosco lo sviluppo dell’insieme delle funzioni ecosistemiche che esplica: sicurezza e tutela idrogeologica, sicurezza dai fenomeni valanghivi, funzione paesaggistica, funzione ricreativa, funzione produttiva, qualità ambientale (acque, sorgenti, aria), accrescimento della biodiversità, assorbimento CO2.

4. E’ necessario riprendere e approfondire un rapporto stretto con la cura della montagna, delle foreste e degli alpeggi. Tale lavoro andrà consolidato nel lungo periodo consapevoli che le ricadute non saranno limitate al solo aspetto produttivo, ma anche alla qualità del paesaggio un aspetto funzionale all’economia turistica.

5. L’evento ci porterà a riconsiderare tutti gli aspetti legati alla sicurezza: idrogeologica, frane, valanghe e a costruire nella futura pianificazioni delle invarianti nella gestione del territorio che dovranno avere la certezza della inderogabilità. La foresta va intesa come fattore di resilienza strategico nella gestione della montagna.

6. L’immediata nuova pianificazione della gestione delle foreste presterà cura alla attenzione rivolta ai cambiamenti climatici in atto. Si rende necessaria una nuova fase di pianificazione poiché la gestione delle foreste non dovrà ignorare gli effetti dei cambiamenti climatici.

7. L’evento ci offre una occasione unica nel potenziare la ricerca scientifica, attraverso attenti monitoraggi del recupero forestale, una occasione storica, imperdibile, che ci è stata offerta.
Anche grazie a un coinvolgimento emotivo, forse inatteso, delle nostre popolazioni si dovrà strutturare una gestione dell’informazione su quanto accaduto, sul recupero dei suoli, sul sostegno sempre più convinto a processi formativi che non coinvolgano solo gli operatori del settore, ma tutti gli attori della vita in montagna, dai residenti, agli operatori turistici, agli ospiti. La foresta, nel suo insieme, va recuperata come bene comune. Perché questa avvenga sarà necessario far comprendere il valore del lavoro e del tempo necessario per una buona ricostituzione: la Natura ha i suoi tempi, e il “bello” a cui siamo abituati (tutto in ordine, pulito, ordinato) non sempre corrisponde al bello reale di una foresta naturaliforme che è, al contrario, quella disetanea e irregolare.

8. L’evento ha aperto una serie di opportunità lavorative che andranno consolidate: la ricerca scientifica, la formazione, la ripresa della cura del bosco a partire dalle nuove semine, anche artificiali, che andranno gestiti nel lungo periodo fino al recupero degli spazi aperti, degli alpeggi in quota, dei prati aridi.

9. Le azioni di rimboschimento dovranno essere studiate con attenzione e, per favorire la biodiversità, differenziate versante per versante. Ovunque possibile si dovrà agevolare la rinnovazione naturale delle superfici.

10. Va recuperata una attenzione particolare nella gestione della viabilità forestale, nella regimazione anche di piccoli e minimi corsi d’acqua facendo attenzione a salvaguardare (salvo alcuni interventi necessari per motivi di sicurezza), le zone umide.

11. Si dovrà recuperare una maggiore attenzione alla gestione degli alpeggi di alta quota ottimizzando gli obiettivi della tutela della biodiversità, del paesaggio, della qualità del foraggio.

12. Specialmente nei primi anni seguenti la ricostituzione del patrimonio forestale va rivolta specifica attenzione alla gestione faunistica, in particolare agli ungulati. Ci viene anche offerta una nuova opportunità nella gestione di specie particolarmente a rischio quali sono tutti i tetraonidi.

13. Nella pianificazione forestale sarà opportuno dare la massima importanza alla conservazione delle foreste vetuste, alle piante monumentali. E’ necessario riprogrammare, in valore estensivo, le foreste destinate unicamente alla protezione.

14. Grazie al sostegno di un potenziamento della ricerca scientifica e al coinvolgimento degli ambiti universitari nazionali e alpini, si dovrà ritornare a dare importanza alla fertilità dei suoli e al loro recupero. Necessita valutare l’importanza dei processi di decomposizione più ancora di quelli di rinnovazione.

15. E’ necessario ridefinire le carte dei rischi geologici, idrogeologici e valanghivi.

16. E’ anche necessario un piano di azione che recuperi tutta la filiera del legno, dalla selvicoltura, alle utilizzazioni, alle prime e seconde lavorazioni, coinvolgendo in questo anche l’artigianato e facendo in modo che sui territori rimanga il massimo possibile del valore aggiunto proveniente dal patrimonio forestale.

17. Si dovranno recuperare alcuni orti e vivai forestali recentemente abbandonati e fare in modo di gestire i ripopolamenti artificiali con le sementi provenienti dai boschi storici.

18. Sono emerse perplessità sulla diffusione dei bruciatori a biomasse. Non tanto verso gli impianti di piccole dimensioni, ma verso un potenziamento di impianti a teleriscaldamento incompatibili con la reale disponibilità di biomassa nel lungo periodo e disarticolati dalla presenza di grandi segherie nelle vallate. In alcune realtà alpine tale diffusione di impianti è ormai da tempo insostenibile e si rende necessaria una notevole importazione di materia prima con costi energetici e di qualità del combustibile inaccettabili.

 

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Maltempo, le parole di Salvini sono un’offesa per chi si batte per l’ambiente http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/11/maltempo-le-parole-di-salvini-sono-unoffesa-per-chi-si-batte-per-lambiente/ Mon, 05 Nov 2018 22:31:19 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12354 di Manlio Lilli.

Alberi piegati e spazzati via. Interi versanti stravolti. Anche da smottamenti e frane. Corsi d’acqua, ingrossati da piogge torrenziali ma anche da detriti e tronchi. Tanti, tantissimi, al punto di avere l’impressione che si tratti di distese, in movimento. Strade interrotte, abitazioni danneggiate fino a comprometterne l’agibilità. Collegamenti impossibili, da giorni. Acquedotti disintegrati. Quasi un cataclisma. Come un inferno. Nel quale le persone, quelle di ogni luogo, cercano di mettere un po’ d’ordine. Mentre l’aria odora di resina e di pioggia.

Ben oltre di un milione di metri cubi di foreste abbattute, in Trentino, in Alto Adige e in Veneto. “È il giorno dei morti, degli alberi morti. Sgomentano le fotografie che mostrano l’immane cimitero di guerra di uno tra i nostri più preziosi patrimoni naturali”, ha scritto il 2 novembre Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere della sera. Insomma, “è cambiato per sempre il profilo delle Dolomiti, nostra straordinaria riserva di ossigeno, pregiatissimo magazzino-vita che non sarà possibile ripristinare chissà per quanto”. Chiaro? “Per sempre”. Lassù, sulle montagne nelle quali d’estate si va in vacanza a passeggiare oppure d’inverno a sciare, nulla sarà più come prima. Come è stato fino al disastro. “La situazione è pesante, apocalittica, strade devastate, tralicci piegati come fuscelli”, ha detto il Direttore del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale Angelo Borrelli al termine del sopralluogo sulle zone più colpite dal maltempo.

Il presidente del Veneto, Zaia, parla di “almeno 1 miliardo di euro di danni” in tutta la regione e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti annuncia di aver deciso di destinare 1 milione di euro al recupero dei boschi dell’Altopiano di Asiago, devastati dal maltempo. Il vicepremier Luigi Di Maio ha annunciato che sarà dichiarato lo stato di emergenza per tutte le regioni colpite e Matteo Salvini, dopo aver sorvolato in elicottero le zone sconvolte dagli eventi, è arrivato all’aeroporto di Belluno dove è stata istituita una sala operativa dalla Prefettura. Chi si sarebbe aspettato, almeno in questa occasione, che Salvini, rispettando il ruolo istituzionale, avesse parlato con toni pacati, sarà rimasto deluso. Chi immaginava che il ministro degli Interni e vice presidente del Consiglio dei ministri avrebbe rinunciato al suo naturale desiderio di protagonismo, di fronte al cataclisma, si sarà sorpreso, forse.

Troppi anni di incuria e malinteso ambientalismo da salotto che non ti fanno toccare l’albero nell’alveo ecco che l’alberello ti presenta il conto”, ha detto Salvini. Certo ha dichiarato anche che “il bosco vive e deve essere curato e il greto del torrente dragato”, aggiungendo che “la tutela della montagna dovrebbe essere affidata alle comunità locali”. Certo, ha anticipato che “in settimana ci sarà un Consiglio dei ministri per questi eventi”. Innegabile. Ma quel riferimento al “malinteso ambientalismo da salotto” e ai guasti che avrebbe comportato sommerge tutto il resto. Detto e fatto. Vanifica le altre parole e i prossimi impegni.

Quindi l’ecatombe di Trentino, Alto Adige e Veneto è la conseguenza dei comitati ambientalisti che da anni si battono perché proprio quelle aree non siano spazi nei quali gli affari prevalgano sulla natura?

Non siano zone nelle quali gli interessi di pochi vedano il sacrificio di beni comuni?

Quindi per Salvini le contrarietà avanzate da tante associazioni, a partire dalla sezione di Belluno di Italia Nostra, sono corresponsabili di quel che sta accadendo? Quindi il disastro “è colpa” anche della battaglia contro il prolungamento della A27 lungo la direttrice Cadore-Comelico? Quindi il disastro è imputabile anche alla scelta di plaudire alla decisione, seguendo peraltro la normativa europea a tutela delle acque, di dire basta ai finanziamenti al mini-idroelettrico che distrugge gli ultimi torrenti naturali e produce poca energia? Quindi il disastro va ascritto alla decisione di schierarsi avverso la candidatura di Cortina come sede delle Olimpiadi invernali del 2016? Molti quesiti, ai quali se ne potrebbero aggiungere altri. Molte le domande che il sasso lanciato da Salvini con le sue dichiarazioni, suggerisce.

Quel che sembra indubitabile, fra molte incertezze, è che il “malinteso ambientalismo da salotto” evocato dal ministro degli Interni e vice presidente del Consiglio, può anche suonare come una offesa. Per gli abitanti dell’Agordino, quelli del Feltrino, del Comelico e dell’Ampezzo. Per quelli di Pieve di Livinallogo del Col di Lana. Persone che hanno conosciuto la guerra, della quale rimangono ancora le trincee sulla montagna. Lavoratori che preferiscono le azioni alle parole. Soprattutto quando inappropriate.

Lì sulle montagne i tweet non contano. Lassù ci si aspetta aiuto, ma si esige rispetto.

Tratto da: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/11/04/maltempo-le-parole-di-salvini-sono-unoffesa-per-chi-si-batte-per-lambiente/4742029/

 

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Niente seconda casa in Alto Adige per gli italiani non residenti http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/10/niente-seconda-casa-in-alto-adige-per-gli-italiani-non-residenti/ Wed, 10 Oct 2018 20:52:35 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12300

Lo dice un provvedimento approvato da poco, non senza clamore, dalla giunta del governatore uscente della provincia di Bolzano Arno Kompatscher: agli italiani non residenti nella regione non sarà consentito acquistare un immobile di nuova costruzione come seconda casa.

Solo chi abita in Alto Adige potrà comprare le strutture che stanno sorgendo e che sorgeranno nei prossimi anni. Questo, pare, perché il territorio sta diventando sede prediletta dei facoltosi provenienti da tutta la penisola, che frequentano le loro case vacanza solo per qualche settimana l’anno, lasciando interi quartieri di paesi disabitati per diversi mesi. Questo, ovviamente, fa sì che le coppie giovani e chiunque si sposti all’interno della provincia faccia fatica a trovare una residenza.

Il divieto non è però assoluto, si estende “solamente” alle più frequentate località turistiche della regione, che comprendono 25 comuni e 26 frazioni. Al momento si stima che circa il 10% delle seconde case sul territorio siano in mano a non residenti nella zona. Per sapere se la misura si rivelerà o meno controproducente, non resta che aspettare.

Tratto da: http://www.montagna.tv/cms/131169/niente-seconda-casa-in-alto-adige-per-gli-italiani-non-residenti/

 

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