Inquinamento – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Sun, 17 Nov 2024 10:25:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Inquinamento – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Fughe di metano a Melendugno http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/fughe-di-metano-a-melendugno/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/fughe-di-metano-a-melendugno/#respond Fri, 15 Nov 2024 08:48:45 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16861 Nei terminali del gasdotto che porta gas dall’Azerbaijan all’Italia, sono state scoperte emissioni continue da sfiati che dovrebbero attivarsi solo in caso di emergenza. Un gruppo di attivisti locali ha cercato di misurare il problema

Segnaliamo l’interessante inchiesta condotta da TERESA DI MAURO e VITTORIA TORSELLO per IRPI MEDIA.

Leggi qui l’articolo.

L’inchiesta in breve

A Melendugno un’associazione ambientalista, utilizzando una termocamera, ha verificato che sia nel terminale di ricezione di Melendugno sia nell’adiacente Interconnessione Tap ci sono “emissioni fuggitive” di metano. In pratica, a causa di malfunzionamenti, dichiarano Tap e Snam, tre sfiati hanno sprigionato nell’aria un non precisato quantitativo di metano, uno dei principali responsabili del cambiamento climatico.

Il terminale di Melendugno è gestito dalla società Tap Ag e rappresenta la fine del Trans adriatic pipeline (Tap), uno dei tre gasdotti che forma il Corridoio meridionale del gas che parte dall’Azerbaijan. L’Interconnessione Tap, che conduce il gas nella rete nazionale, è gestito da Snam. Entrambe le società dicono di essere a conoscenza delle emissioni e di averle già comunicate alle autorità competenti.

L’Unione europea ha introdotto un regolamento teso a ridurre le “emissioni fuggitive” di gas. Prevede che le aziende monitorino le perdite e comunichino come intendono porvi rimedio. Ma la stessa perdita era già stata osservata nel 2021 e non è ancora chiaro quando sarà riparata.

Il lavoro di monitoraggio civico messo in campo dagli attivisti locali è ad oggi uno degli strumenti più efficaci per portare la questione sui tavoli delle amministrazioni locali e nazionali.

Foto di copertina: © Donato Fasano/Getty

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Lago del Pertusillo: un sito di interesse comunitario tra i pozzi di petrolio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/10/lago-del-pertusillo-un-sito-di-interesse-comunitario-tra-i-pozzi-di-petrolio/ Mon, 09 Oct 2023 15:38:36 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16113 di Serena Mattia

Nel cuore della Val d’Agri, in Basilicata, sorge il lago del Pertusillo, un invaso artificiale costruito tra il 1957 e il 1963 a sbarramento del fiume Agri, delimitato a sud da una diga lunga 380 metri e alta 95. 

Il lago è stato riconosciuto dall’Unione Europea come Sito di interesse comunitario (Sic) della rete Natura 2000 e si trova nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

È un’oasi di notevole interesse dal punto di vista naturalistico che ha dato vita a un ecosistema ricco di biodiversità: qui, infatti, si trovano specie rare o minacciate di estinzione, come il moscardino, il gatto selvatico, il gufo, il corvo imperiale, la lontra e la salamandra dagli occhiali; sono presenti, inoltre, anche alcune specie protette come il nibbio reale, il picchio rosso, il falco pecchiaiolo, l’upupa e lo sparviero. A fargli da cornice, alberi di faggio, cerro, castagno, nocciolo e rose selvatiche.

Questo invaso fornisce acqua destinata a uso potabile e irriguo a Puglia e Basilicata. Peccato, però, che lungo la sponda occidentale ci siano 27 pozzi di estrazione di petrolio del Centro Olio Val d’Agri di Viaggiano (COVA). 

In Val d’Agri, conosciuta come il “Texas d’Italia”, c’è la più grande  riserva di idrocarburi su terraferma d’Europa. L’80% del petrolio estratto in Italia viene proprio da qui.

E questo desta non poche preoccupazioni.

Succede, infatti, che a dicembre 2022 le acque verde-azzurro del lago si tingono di marrone scuro. L’anomalia inizia dalla sponda ovest, che dista solo un paio di chilometri da alcuni dei 27 pozzi di estrazione di petrolio del centro oli.

A seguito di diverse segnalazioni, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPAB) ha analizzato la chiazza marrone che si allarga sul lago. 

Per l’ARPAB questa colorazione anomala è dovuta a una fioritura algale che, in determinate condizioni, può dar luogo a una proliferazione fuori dal normale ma che non rappresenta un pericolo per la salute umana. Inoltre, sono state trovate quantità di azoto e fosforo superiori ai limiti di legge. 

Secondo l’Agenzia, le cause della proliferazione algale sarebbero da attribuire all’innalzamento della temperatura dell’acqua, agli scarichi industriali e ai pesticidi utilizzati dagli agricoltori. 

Queste conclusioni non hanno convinto l’associazione CovaContro che da anni monitora lo stato di salute del lago. Infatti, i risultati dei campioni prelevati dall’associazione hanno evidenziato anche la presenza di 311 microgrammi di idrocarburi pesanti per ogni litro di acqua. Un dato allarmante, visto che l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) indica 350 microgrammi come soglia oltre la quale si può parlare di contaminazione.

Questa non è la prima anomalia che si registra. Associazioni, ambientalisti e comitati di cittadini sostengono che l’inquinamento del lago sia iniziato già nei primi anni del 2000, in concomitanza con l’inizio delle estrazioni di petrolio nella valle. Nel 2017 si verificò una fioritura algale simile a quella attuale. Esclusa la presenza di idrocarburi, L’ARPAB e l’allora presidente della Regione Marcello Pittella sostennero si trattasse di un “fenomeno naturale”. Uno studio pubblicato nel 2021 dalla rivista scientifica Remote Sensing ha però sostenuto che la presenza delle alghe fosse dovuta agli idrocarburi nelle acque.

È evidente che la presenza del centro oli in prossimità di un invaso le cui acque vengono utilizzate a scopo potabile dagli abitanti della Puglia e con la quale vengono irrigati i campi della Basilicata, rappresenta un grave pericolo per l’ambiente, per la sopravvivenza delle specie che popolano il lago e per la salute umana. 

Resta da capire come sia possibile che sia concesso tutto questo in un territorio dove l’acqua rappresenta una risorsa fondamentale, in una zona da sempre vocata all’agricoltura, in un territorio contraddistinto da un’elevata ricchezza biologica, all’interno di un Parco Nazionale.

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Il 39,8% dei reati ambientali in Italia è legato al ciclo illegale del cemento http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/09/il-398-dei-reati-ambientali-in-italia-e-legato-al-ciclo-illegale-del-cemento/ Sat, 23 Sep 2023 05:03:49 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16068 Il Rapporto Ecomafia 2023 di Legambiente fa il punto sulla criminalità ambientale nel nostro Paese e denuncia la crescita degli illeciti legati al cemento

di Maria Cariota

Le violazioni delle norme poste a tutela dell’ambiente continuano a crescere. Considerando l’anno 2022 esse sfiorano quota 100.000 (97.716 quelle contestate). Di queste i reati contro l’ambiente accertati sono 30.686, in lieve crescita rispetto al 2021 (+0,3%), alla media di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora. Mentre gli illeciti amministrativi toccano quota 67.030 (con un incremento sul 2021 del 13,1%). Il fatturato illegale resta stabile a 8,8 miliardi di euro. A certificarlo è il Rapporto Ecomafia 2023, realizzato dall’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente sulla base dei dati forniti dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, pubblicato nel luglio 2023, edito da Edizioni Ambiente.

Ciclo illegale del cemento, reati contro la fauna e ciclo dei rifiuti sono le tre principali filiere su cui nel 2022 si è registrato il maggior numero di illeciti. A farla da padrone sono gli illeciti relativi al cemento illegale (abusivismo edilizio ed appalti) che ammontano a 12.216, pari al 39,8% del totale, con una crescita del 28,7% rispetto al 2021. In questo ambito crescono del 26,5% le persone denunciate (sono 12.430), del 97% le ordinanze di custodia cautelare (65), addirittura del 298,5% il valore dei sequestri (1.530) e delle sanzioni amministrative, per oltre 211 milioni di euro.

Campania, Puglia e Sicilia le Regioni più colpite

La Campania si conferma al primo posto per numero di reati legati al cemento (ben 1.747, pari al 14,2 % del totale nazionale, con un incremento del 31% rispetto al 2021), persone denunciate (1.855) e sequestri (283). Seguita dalla Puglia, con 1282 reati (10,5% del totale), 1.370 persone denunciate e 281 sequestri. Terza la Sicilia, con 1.057 reati (8,7% del totale), 1.036 persone denunciate e 141 sequestri. L’Emilia Romagna sale in classifica, con 553 reati accertati (+ 127% rispetto all’anno precedente). A livello provinciale Avellino si conferma quella con più reati (445), seguita da Napoli e Cosenza.

Ciclo illegale del cemento – Fonte: elaborazione Legambiente su dati Forze dell’Ordine e Capitanerie di porto

Cresce l’abusivismo edilizio

Viene stimato in crescita, da 1,8 a 2 miliardi di euro, anche il business dell’abusivismo edilizio. Una piaga che, tra costruzioni ex novo e ampliamenti significativi, produce migliaia di case ogni anno, devasta i luoghi più belli del Paese e si lega a doppio filo alle cave fuorilegge, alla movimentazione terra, al calcestruzzo e alle imprese dei clan.

Secondo il Rapporto Bes 2022: il benessere equo e sostenibile in Italia i numeri del cemento abusivo sono preoccupanti: in base alle stime del Cresme la proporzione fra nuove abitazioni abusive e autorizzate è di 15,1 ogni 100. L’abusivismo edilizio colpisce soprattutto il Sud, con 42,1 abitazioni abusive ogni 100 autorizzate (36,3 nelle Isole). Nelle regioni del Sud la maggior parte delle case illegali non viene abbattuta. Secondo l’indagine di Legambiente sulle demolizioni edilizie riportata nel dossier Abbatti l’abuso 2021 dal 2004 al 2020 è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, con profonde differenze tra le regioni: in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria sono state eseguite solo il 17,4% delle ordinanze di demolizione emesse; cioè cinque volte su sei l’abusivo ha la quasi matematica certezza di farla franca.

Mafia e corruzione

Il Rapporto Ecomafia 2023 evidenzia che ciclo illegale del cemento non vuol dire solo costruire dove non si può, ma anche appalti truccati, opere dai costi esorbitanti per alimentare giri di mazzette, corruzione e speculazioni immobiliari con le carte truccate. La distinzione tra l’operato delle famiglie mafiose tradizionali e quello dei sodalizi criminali tra grandi imprese e mala politica si è ormai fatta sempre più labile.

I numeri sulla corruzione ambientale preoccupano: considerando non solo il cemento ma anche i reati contro la fauna, quelli legati ai rifiuti, ai roghi, al settore agroalimentare e all’archeomafia Legambiente dal 1° agosto 2022 al 30 aprile 2023 ha censito 58 inchieste su fenomeni di corruzione connessi ad attività con impatto ambientale. Ma c’è anche allarme per il numero e il peso dei Comuni sciolti per mafia (nel rapporto ne sono stati analizzati 22) e la crescita dei clan mafiosi (dal 1994 ad oggi sono 375 quelli censiti).

Le decisioni di chi ha responsabilità politiche aggravano il fenomeno

Secondo Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, questi dati “dovrebbero sollecitare risposte coerenti ed efficaci da parte di chi ha responsabilità politiche e istituzionali. Accade purtroppo spesso il contrario: deregulation, invece di semplificazioni; condoni edilizi più o meno mascherati, invece di ruspe”.  Consentendo la distruzione irreversibile di suolo e paesaggi e sottoponendo a stress ulteriore territori esposti al rischio idrogeologico o sismico.

Tra le soluzioni proposte nel Rapporto viene sottolineata l’importanza della prevenzione e del controllo (ad esempio nell’attuazione del PNRR), di un quadro normativo condiviso su scala internazionale (a fronte di una criminalità che non conosce confini), della revisione del subappalto a cascata introdotto dal nuovo Codice degli Appalti, di una tutela normativa adeguata in tema di agromafie, fauna e accesso gratuito alla giustizia.

Qui ulteriori approfondimenti.

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Per il Ministero l’inquinamento nella provincia di Cremona non ha responsabili http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2023/01/per-il-ministero-linquinamento-nella-provincia-di-cremona-non-ha-responsabili/ Fri, 27 Jan 2023 09:36:13 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15784 A cura di Maria Grazia Bonfante e Ferruccio Rizzi.

La provincia di Cremona è interessata da inquinamento atmosferico diffuso… impossibile distinguere una specifica fonte di emissione… quindi?…
Nessun responsabile per il danno alla nostra salute!

Nei mesi scorsi è stata presentata una richiesta di adozione di provvedimenti contingibili e urgenti, inviata da cittadini al Ministero della Transizione Ecologica, ora Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica e alla Prefettura di Cremona, per la grave situazione di aria inquinata che interessa Cremona e tutti i Comuni della nostra provincia. Iniziativa conseguente a quanto reso noto nel maggio 2022 dalla Corte di Giustizia Europea.

Il Ministero risponde, in prima istanza, che si sarebbe avvalso della collaborazione di ISPRA (Istituto Superiore Protezione e la Ricerca Ambientale) per la valutazione del danno ambientale.
Nel documento, inviato in questi giorni, supportato da una relazione di ISPRA ed ARPA, comunica osservazioni sulla base dell’ordinamento giuridico ambientale in atto.
Rileva, inoltre, che poiché l’ordinamento si fonda sul principio che “chi inquina paga“, impedisce di intervenire giuridicamente in realtà, come quella della Pianura Padana, che soffrono di inquinamento diffuso e persistente.

L’effetto cumulo di più fonti emissive, infatti, non consente di individuare il singolo responsabile. Pertanto, conclude che non può prendere provvedimenti.

Non considera l’inquinamento come risultato del modello di sviluppo antropocentrico frutto di precise scelte politiche.
Ne consegue che anche l’ultimo inserimento in Costituzione dell’art.9 sul diritto ad una tutela dell’Ambiente, sarebbe solo un esercizio di stile e una pura affermazione di principio. Esiste, quindi, un vuoto legislativo con la grave conseguenza di privare i cittadini di strumenti per difendersi dall’inquinamento diffuso?

Il danno ambientale produce effetti su elementi naturali (piante, zone umide, ecc.) ma, anche, sulle persone e si traduce in morti premature, patologie respiratorie, modifiche del DNA, riduzione del quoziente intellettivo. I dati scientifici sono tutti disponibili e noti.
I toni trionfalistici degli amministratori del Comune di Cremona appaiono fuori luogo, sia rispetto alla riduzione nel tempo dei valori massimi di emissioni, che non si concretizza con un reale miglioramento, perché la provincia di Cremona continua ad essere la seconda area più inquinata d’Europa. E neppure, perché l’inquinamento ha notevoli risvolti anche sociali.

Negli ultimi decenni è avvenuta una notevole trasformazione dell’apparato produttivo di tutta l’area padana, con una costante tendenza alla deindustrializzazione, meccanica e dell’industria pesante, e una elevata delocalizzazione di interi comparti con il conseguente spostamento dell’inquinamento atmosferico.
Il danno ambientale, ma anche morale ed esistenziale, è frutto di scelte politiche che vogliono perpetuare l’attuale economia anche a scapito della salute della moltitudine di cittadini.

Intendiamo, pertanto, continuare ad agire per difendere il diritto ad un ambiente salubre su tutto il territorio nazionale, soprattutto, per quelle aree in Italia maggiormente inquinate.
Per questi motivi, tramite l’avv. Francesco Perez, abbiamo inviato al Ministero le nostre osservazioni relative alle affermazioni contenute nel documento ricevuto.
Ringraziamo Europa Verde di Brescia che sostiene gli aspetti amministrativi e giuridici dell’azione intrapresa in qualità di cittadini condividendone le finalità.

Qui il nuovo documento di osservazioni presentato al Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica.

(Foto di Paolo Baldi)

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Per l’ONU i piani climatici restano insufficienti: ora sono necessarie azioni più ambiziose http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/11/per-lonu-i-piani-climatici-restano-insufficienti-ora-sono-necessarie-azioni-piu-ambiziose/ Sun, 06 Nov 2022 07:44:50 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15613 Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici mostra che gli Stati stanno piegando verso il basso la curva delle emissioni globali di gas serra, ma sottolinea che questi sforzi rimangono insufficienti per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius entro la fine del secolo.

Secondo il rapporto, gli impegni concordati sul clima da 193 parti nell’ambito dell’accordo di Parigi potrebbero mettere il mondo sulla buona strada per un innalzamento di circa 2,5 gradi Celsius entro la fine del secolo.

Il nuovo rapporto mostra anche che gli impegni attuali aumenteranno le emissioni del 10,6% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010. Si tratta di un miglioramento rispetto alla valutazione dello scorso anno, secondo la quale i Paesi erano sulla buona strada per aumentare le emissioni del 13,7% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010.

L’analisi dell’anno scorso ha mostrato che le emissioni previste continuerebbero ad aumentare oltre il 2030. Tuttavia, l’analisi di quest’anno mostra che, sebbene le emissioni non aumenteranno più dopo il 2030, non indica la rapida tendenza al ribasso che la scienza ritiene necessario raggiungere in questo decennio.

Il rapporto del 2018 del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite ha indicato che le emissioni di CO2 dovevano essere ridotte del 45% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010. L’ultimo indicatore dell’IPCC pubblicato all’inizio di quest’anno utilizza il 2019 come riferimento, indicando che le emissioni di gas a effetto serra devono essere ridotte del 43% entro il 2030. Questo è fondamentale per raggiungere l’obiettivo dell’accordo di Parigi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius entro la fine del questo secolo ed evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, inclusi siccità, ondate di caldo e precipitazioni più frequenti e gravi.

“La tendenza al ribasso delle emissioni prevista entro il 2030 mostra che le nazioni hanno compiuto alcuni progressi quest’anno”, ha affermato Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. “Ma la scienza è chiara, così come i nostri obiettivi climatici nell’ambito dell’accordo di Parigi. Non siamo ancora vicini alla portata e al ritmo delle riduzioni delle emissioni necessarie per metterci sulla buona strada verso una crescita di 1,5 gradi Celsius a livello mondiale. Per mantenere vivo questo obiettivo, i governi nazionali devono rafforzare ora i loro piani d’azione per il clima e implementarli nei prossimi otto anni”.

UN Climate Change ha analizzato i piani d’azione per il clima – noti come contributi determinati a livello nazionale (NDC) – di 193 parti dell’accordo di Parigi, inclusi 24 nuovi o aggiornati NDC presentati dopo la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Glasgow (COP 26) fino al 23 settembre 2022. Presi insieme, i piani coprono il 94,9% del totale delle emissioni globali di gas serra nel 2019.

“Alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow lo scorso anno, tutti i paesi hanno deciso di rivedere e rafforzare i loro piani climatici”, ha affermato Stiell. “Il fatto che dalla COP 26 siano stati presentati solo 24 piani climatici nuovi o aggiornati è deludente. Le decisioni e le azioni dei governi devono riflettere il livello di urgenza, la gravità delle minacce che stiamo affrontando e la brevità del tempo che ci resta per evitare le devastanti conseguenze del cambiamento climatico incontrollato”.

E’ il secondo rapporto di questo tipo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che fornisce un aggiornamento critico al rapporto di sintesi inaugurale dell’NDC dello scorso anno. Sebbene i risultati complessivi del rapporto siano netti, ci sono barlumi di speranza.

La maggior parte delle parti che hanno presentato NDC nuovi o aggiornati ha rafforzato il proprio impegno a ridurre o limitare le emissioni di gas serra entro il 2025 e/o il 2030, dimostrando una maggiore ambizione nell’affrontare i cambiamenti climatici.

Anche un secondo rapporto delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici sulle strategie di sviluppo a basse emissioni a lungo termine, pubblicato oggi, ha esaminato i piani dei paesi per la transizione verso emissioni nette zero entro la metà del secolo o intorno alla metà. Il rapporto indica che le emissioni di gas serra di questi paesi potrebbero essere inferiori di circa il 68% per cento nel 2050 rispetto al 2019, se tutte le strategie a lungo termine fossero attuate pienamente in tempo.

Le attuali strategie a lungo termine (che rappresentano 62 parti dell’accordo di Parigi) rappresentano l’83% del PIL mondiale, il 47% della popolazione mondiale nel 2019 e circa il 69% del consumo totale di energia nel 2019. Questo è un forte segnale che il mondo inizia a puntare a emissioni nette zero.

Il rapporto rileva, tuttavia, che molti obiettivi dello zero netto rimangono incerti e rimandano al futuro dell’azione critica che deve aver luogo ora. Un’azione ambiziosa per il clima prima del 2030 è urgentemente necessaria per raggiungere gli obiettivi a lungo termine dell’accordo di Parigi.

Con la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 27) proprio dietro l’angolo, Stiell ha invitato i governi a rivedere i loro piani climatici e a rafforzarli al fine di colmare il divario tra dove si stanno dirigendo le emissioni e dove la scienza indica che dovrebbero essere in questo decennio.

“La COP 27 è il momento in cui i leader globali possono riprendere slancio sul cambiamento climatico, fare il necessario passaggio dai negoziati all’attuazione e andare avanti nella massiccia trasformazione che deve avvenire in tutti i settori della società per affrontare l’emergenza climatica”, ha affermato.

Stiell sta esortando i governi nazionali a partecipare alla COP 27 per mostrare in che modo faranno funzionare l’accordo di Parigi nei loro paesi d’origine attraverso la legislazione, le politiche e i programmi, nonché come coopereranno e forniranno supporto per l’attuazione. Chiede inoltre alle nazioni di compiere progressi alla COP 27 in quattro aree prioritarie: mitigazione, adattamento, perdite e danni e finanza.

“La COP27 sarà lo spartiacque mondiale dell’azione per il clima”, ha affermato Sameh Shoukry, ministro degli Affari esteri egiziano e presidente designato della COP27. “Il rapporto delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e prima ancora dell’IPCC è un promemoria tempestivo per tutti noi. Aumentare l’ambizione e l’attuazione urgente è indispensabile per affrontare la crisi climatica. Ciò include la riduzione e la rimozione delle emissioni più rapidamente e in un ambito più ampio dei settori economici, per proteggerci da impatti climatici avversi più gravi e da perdite e danni devastanti”.

“Il rapporto di sintesi è una testimonianza del fatto che siamo fuori strada per raggiungere l’obiettivo climatico di Parigi e mantenere a portata di mano gli 1,5 gradi”, ha aggiunto Shoukry. “Questo è un momento che fa riflettere e siamo in una corsa contro il tempo. Molti di coloro che dovrebbero fare di più, sono lontani dal fare abbastanza, e le conseguenze di ciò stanno influenzando vite e mezzi di sussistenza in tutto il mondo. Sono consapevole che è e dovrebbe essere un continuum d’azione fino al 2030 e poi al 2050, tuttavia, questi risultati allarmanti meritano una risposta trasformativa alla COP27”.

Il presidente della COP 26 Alok Sharma ha dichiarato: “È fondamentale fare tutto ciò che è in nostro potere per mantenere a portata di mano l’obiettivo 1,5°C, come promesso nel patto per il clima di Glasgow. Questi rapporti mostrano che, sebbene si sia fatto qualche progresso – e ogni frazione di livello conta – è necessario fare molto di più con urgenza. Abbiamo bisogno che i principali emettitori si facciano avanti e facciano crescere le loro ambizioni in vista della COP27″.

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP 27 si svolgerà a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dal 6 al 18 novembre di quest’anno.

Nostra traduzione, qui il testo integrale diffuso da UN Climate Change: https://unfccc.int/news/climate-plans-remain-insufficient-more-ambitious-action-needed-now

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I rifiuti infiniti e i Bogia nen http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/09/i-rifiuti-infiniti-e-i-bogia-nen/ Fri, 09 Sep 2022 11:59:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15548 di Ettore Macchieraldo.

Con la lettera di ritiro del progetto per la realizzazione dell’inceneritore a Cavaglià noi associazioni del territorio, insieme ai sindaci dei piccoli comuni e alle imprese locali, vinciamo la battaglia di opposizione all’opera. La vinciamo soprattutto con strumenti tecnici, con l’apporto sostanziale di consulenze legali e ambientali. Come il famoso granello di sabbia ci siamo infilati, grazie all’apporto di avvocati e consulenti, nell’ingranaggio della Valutazione d’Impatto Ambientale della Provincia di Biella, assumendoci costi e oneri in gran parte coperti con i contributi dei Comuni e dei privati. Certo abbiamo a mano a mano costruito consenso tra la popolazione, ma la strada della mobilitazione era in salita, molto più forte la potenza di fuoco della comunicazione che vede negli inceneritori – ops! si chiamano ora termovalorizzatori – la soluzione magica che ci può far mantenere i nostri livelli di consumo, quindi di produzione di rifiuti, senza dover cambiare niente. In Piemonte abbiamo un modo molto chiaro per definire questa situazione: “Bogia nen”. Wikipedia scrive, a tale proposito, che significa letteralmente “non ti muovere”, ed è un soprannome popolare che si riferisce ai piemontesi e che rimanda a un temperamento caparbio, capace di affrontare le difficoltà con fermezza e determinazione. L’espressione viene però spesso confusa con una traduzione letterale che rimanderebbe invece a una presunta passività troppo succube e prudente. Io l’ho sempre usata in questa seconda accezione, ma, ai fini di questo breve commento, funziona anche la prima.

La strategia della azienda proponente, per niente immobilista, prevede nel Polo tecnologico di Cavaglià un inceneritore. In questo sito vengono già trattati dalla stessa multiutility rifiuti di vario tipo ma, soprattutto, vi è un impianto di riciclo della plastica. Crediamo che proprio per questo è previsto un impianto di incenerimento, probabilmente lo era già ben prima del luglio 2021.

La plastica è il materiale simbolo della fase di espansione economica del ‘900. Prima la bachelite, poi il nylon, la formica, poi il propilene e tutti i diversi polimeri hanno trasformato la vita materiale e i modi di produrre del nostro mondo. Erano anni in cui si era convinti, almeno nella parte più ricca del pianeta, che le risorse fossero infinite, che la crescita economica fosse inarrestabile, che questa potesse assicurare il miglioramento delle condizioni materiali di gran parte della popolazione occidentale, se non di tutta la popolazione mondiale. Non solo al di qua del muro di Berlino, anche al di là i regimi socialisti volevano crescere, avere di più per tutti. E, dopo averli derubati con il colonialismo, anche quelli che chiamavamo paesi in via di sviluppo (appunto!) avrebbero avuto la loro fetta di crescita.

C’erano delle voci fuori dal coro; Pasolini, ad esempio, scriveva di sviluppo senza progresso. Già prima, alla fine degli anni’60, Peccei fondava il Club di Roma e nel 1972 faceva uscire il rapporto I limiti dello sviluppo, dove si prevedevano le crisi che stiamo attraversando. Scrissero già allora, incrociando discipline diverse e basandosi su dati e previsioni, di crisi climatica, demografica, economica e sociale. Insomma, la sto prendendo larga, ma per dire che la situazione attuale ha radici lontane: tante cassandre inascoltate e molto far finta di niente.

Torniamo alla plastica. E’ certamente stata una grande innovazione, ha permesso a tutti di avere oggetti a basso costo di tutte le categorie merceologiche, ma ci lascia un’eredità pesante. E’ in assoluto il materiale meno facilmente riciclabile.

Riusciamo a mala pena in Italia a riciclare circa il 50 % della plastica raccolta con la differenziata. E della restante cosa ne facciamo? La bruciamo nei termovalorizzatori, o inceneritori che dir si voglia, ovviamente.

Beh, non è una soluzione, o se è una soluzione lo è in modo residuale. L’incenerimento è una modalità che produce anidride carbonica, quindi gas serra che aumentano la temperatura del pianeta. Non brucia solo rifiuti ma necessita di metano per poter funzionare. Per quanto di ultima generazione, e quindi con maggiori filtri e sistemi di gestione moderni, è inquinante; lo sono i suoi fumi che escono da camini altissimi, così come le ceneri che vengono prodotte. Ed è inquinante specie se brucia plastiche… avete presente la diossina?

Non possiamo fare finta di niente, la plastica la dobbiamo ridurre e, quando non è riciclabile, eliminare. Possiamo aumentare la quota di quella che viene riciclata, dobbiamo investire su questo. Bisogna tassare chi produce plastica, non può essere un costo a carico della collettività e delle future generazioni. Quella che rimane, finché non risolviamo il problema – e va risolto! – la possiamo bruciare nei termovalorizzatori che in prospettiva vanno ridotti, non aumentati.

Crediamo che non serva un altro inceneritore in Piemonte e per deciderlo adesso la partita è in mano alla Regione. La ‘nostra’ Life Company aveva presentato il progetto di Cavaglià per il trattamento di ‘rifiuti speciali non pericolosi’. Era un modo per derogare dalla pianificazione Regionale e richiedere le autorizzazioni alla sola Provincia di Biella. A quanto pare non è possibile farlo, perché anche lo scarto della raccolta differenziata è da considerare rifiuto urbano, e quindi di competenza della Regione.

E’ in corso la discussione sul nuovo Piano Regionale dei rifiuti (PRUBAI), in quello attuale non è previsto un nuovo inceneritore in Piemonte, quello in discussione invece prevede la possibilità di un nuovo impianto.

Un secondo inceneritore lo si vuole perché la scelta è quella di bruciare di più e riciclare di meno.

Legambiente Piemonte ha presentato le sue osservazioni al PRUBAI lavorando in pieno agosto. Tra le critiche più importanti che l’associazione ambientalista pone vi è che nel Piano è stato aumentato l’obiettivo della quantità di rifiuti che ogni cittadino piemontese potrà produrre nel 2035. Nella pianificazione attuale sono previsti 400 kg/abitante annui, il nuovo obiettivo è tra i 454

e i 476 kg/abitante all’anno.

Se si aumenta la quantità di rifiuti che ognuno di noi può produrre, si aumentano i rifiuti totali e quindi la necessità di un nuovo inceneritore.

Vogliamo fare i Bogia nen passivi e far prendere la decisione di bruciare sempre più rifiuti perché non vogliamo cambiare il nostro modo di consumare, o facciamo i Bogia nen caparbi che affrontano la situazione con determinazione e sono disposti a rivedere il modo di produrre e consumare?

La discussione è aperta, senza progetti di inceneritori già depositati sarà più libera.

Tratto da: https://www.pressenza.com/it/2022/09/i-rifiuti-infiniti-e-i-bogia-nen/

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Davide e Golia http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/08/davide-e-golia/ Tue, 23 Aug 2022 13:11:04 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15524 di Guido Viale.

Riusciranno le oltre 150mila firme raccolte da Repubblica in calce alla “lettera-appello degli scienziati alla politica” perché prenda atto della gravità della crisi climatica a spostare in prima pagina, e tutti i giorni, dal ghetto redazionale di Green&Blue, gli articoli sulle cause della scomparsa del Po, dello scioglimento dei ghiacci, degli incendi di metà delle foreste del pianeta, delle ondate di calore che si alternano ad alluvioni devastanti, ecc.?

E quand’anche quelle firme facessero l’effetto cercato, chi mai si occuperà di realizzarla, la conversione ecologica? La fantomatica agenda Draghi, fatta di guerre, armi, gas e Grandi opere? Cingolani, che pensa solo ai gassificatori e ad allungare la vita della Ferrari? Il ministro Giovannini, alfiere dello “sviluppo sostenibile” con Alta velocità e nuove autostrade (e ora anche con il ponte sullo Stretto)? Oppure “l’agenda Meloni”: Dio, patria e famiglia? Quella sì che ci metterà al sicuro dal disastro!

Basta pensarci per capire che senza una radicale sostituzione di tutta la classe dirigente presente e in arrivo – non solo in Italia, ma in tutto il mondo – non ci si schioderà dalla deriva che ci sta portando alla catastrofe. Ma chi può mai prendere il posto di un establishment bollito in tutte le sue versioni?

Un candidato c’è. Sono le nuove generazioni sotto i cui piedi la Terra brucia, si dissecca, si dissesta, preparando loro, nel migliore dei casi, una vita d’inferno. Che se ne siano accorte lo dimostrano, prima e soprattutto dopo la comparsa di Greta, il movimento Fridays for Future e gli altri movimenti fratelli. Ma per formarsi come nuova classe dirigente nei tempi stretti che rimangono, non basta manifestare, protestare, appellarsi alla “Scienza”. Occorre sperimentare e cominciare a praticare delle vere alternative. A partire da dove il movimento è nato con gli scioperi del venerdì.

Le scuole sono punti nevralgici di ogni possibile ricomposizione di una comunità di umani, di territori e di altri esseri viventi alleati per salvaguardare i rapporti reciproci che li tengono in vita. Le scuole dovrebbero essere i luoghi deputati a trasmettere tra le generazioni saperi frutto di decenni, secoli e millenni di esperienze. Ma la generazione presente, quella adulta, sta dimostrando ben poca attenzione per quello che le succede intorno; ha imparato ben poco dalle generazioni precedenti (relegandolo nelle soffitte di un’Accademia fine a se stessa); e non ha quasi più niente da trasmettere alle nuove generazioni se non tecniche avulse dalla consapevolezza delle conseguenze della loro applicazione.

Per questo è nelle scuole, innanzitutto, che occorre invertire rotta: fare sì che siano le nuove generazioni – quelle che hanno capito o capiscono che ne va del futuro di tutti – a trasmettere alle generazioni precedenti questa loro consapevolezza. Promuovendo un cambio radicale dei programmi scolastici; delle pratiche didattiche; dei rapporti tra allievi e docenti; di quelli tra interno (alla scuola) ed esterno (innanzitutto le rispettive famiglie); di quelli tra vita quotidiana e istituzioni; e, soprattutto, del rapporto tra gli esseri umani e il resto del mondo: alla scoperta del fatto che siamo parte di questo mondo, ma anche che il resto del mondo fa parte di noi. E poi battersi, perché la scuola sia aperta a tutti, tutto il giorno, abbia pannelli solari, pompe di calore, coibentazione dei muri, orti didattici nelle pertinenze; perché sia di esempio per tutti.

E’ dalle scuole, che deve iniziare l’abbandono di quella cultura antropocentrica che ha dominato gli ultimi secoli in Europa e poi nel mondo e delle attività che ne sono conseguite: quelle che con l’avvento dell’antropocene stanno portando all’estinzione la specie umana e non solo.

Un compito da Davide contro Golia! Ma gli adepti di Fridays for Future e i loro compagni di mobilitazione devono avere il coraggio di farsi Davide contro il Golia di un sistema di dominio che fino ad ora ha irriso – o solo finto di prendere sul serio; il che è ancora peggio – la loro irrilevanza, la loro “minore età”, la loro “incompetenza”. Loro sì, invece, che sanno il da farsi … E’ già successo in un non lontano passato che un confronto del genere si verificasse, sconvolgendo per qualche tempo i saperi e i poteri costituiti. Ma quel compito non è riuscito ad arrivare a buon fine. Ora però il tempo stringe; e “non c’è alternativa”.

Le scuole possono diventare un punto di accumulo delle forze necessarie a invertire l’attuale deriva, per poi riverberarsi, anche attraverso un salutare shock nelle famiglie, sui quartieri, sul territorio, sulle aziende, sulle fabbriche, sulle istituzioni. Non si può pretendere che le classi dominanti, e i governi alle loro dipendenze, cambino completamente le loro stupide agende senza che i veri interessati a questo cambiamento dimostrino di essere capaci di farlo loro: per lo meno nel loro ambiente naturale, che è la scuola. Una scuola aperta, dove ci sia posto per tutte le persone di buona volontà ecologica.

Tratto da: https://comune-info.net/davide-e-golia

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28 luglio 2022: è l’Overshoot Day, il giorno del sovrasfruttamento della Terra http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/07/28-luglio-2022-e-lovershoot-day-il-giorno-del-sovrasfruttamento-della-terra/ Thu, 28 Jul 2022 07:23:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15498 In base ai National Footprint & Biocapacity Accounts (NFA) calcolati dal Global Footprint Network, l’Earth Overshoot Day di quest’anno, ovvero il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra, cade il 28 luglio.
La giornata ci ricorda che il perdurare del sovrasfruttamento delle risorse terrestri da ormai oltre mezzo secolo, ha portato ad un enorme declino della biodiversità, a un eccesso di gas serra nell’atmosfera e a una maggiore competizione per l’energia e le risorse alimentari. Sia le cause che i sintomi di questo sovrasfruttamento stanno diventando sempre più evidenti con ondate di calore insolite, incendi boschivi, siccità ed inondazioni.

Le conseguenze delle pressioni economiche sono già visibili. La ricerca del Global Footprint Network mostra infatti che più di 3 miliardi di persone vivono ad oggi in Paesi che producono meno cibo di quanto ne consumano e generano meno reddito della media mondiale. Ciò significa che questi paesi hanno una capacità alimentare inadeguata ed un enorme svantaggio nell’accesso al cibo sui mercati globali. Allargando il discorso a tutte le risorse, non solo quelle alimentari, il numero di persone esposte a questa doppia sfida – economica ed ambientale – sale a ben 5,8 miliardi di persone.

Per rigenerare tutte le risorse ed i servizi ecosistemici che l’umanità attualmente richiede al pianeta sarebbe necessaria la biocapacità di 1,75 Terre.

Il 60% dell’Impronta Ecologica mondiale è costituito dalle emissioni di anidride carbonica. Per evitare un cambiamento climatico inarrestabile, è necessario azzerarle entro il 2050, senza aumentare le altre componenti dell’Impronta.

3 miliardi di persone vivono in Paesi che producono meno cibo di quanto ne consumano e generano meno reddito della media mondiale.

Il cibo da solo occupa oggi il 55%, cioè più della metà, della biocapacità della Terra.

5,8 miliardi di persone, ovvero il 72% della popolazione mondiale, vive in un Paese che ha un deficit di biocapacità e che produce meno reddito della media mondiale.

Quest’anno, ben 156 giorni separano l’Earth Overshoot Day – ovvero il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra – dalla fine dell’anno.

Il perdurare da 50 anni di questa situazione di sovrasfruttamento delle risorse naturali significa che i deficit annuali si sono accumulati in un debito ecologico pari a 19 anni di rigenerazione del pianeta. Il risultato è un degrado diffuso degli ecosistemi e l’accumulo di gas serra in atmosfera.

Ritardando l’Earth Overshoot Day di 6 giorni ogni anno, l’umanità riuscirà a rientrare al di sotto dei limiti di un pianeta prima del 2050. Per seguire il percorso ideale, definito dello scenario IPCC 1,5°C, dovremmo spostare la data di 10 giorni all’anno.

Esistono molte possibilità, economicamente valide, per invertire l’Overshoot. Queste iniziative hanno anche una maggiore probabilità di veder accrescere il proprio valore economico rispetto a quelle che contribuiscono all’Overshoot.

Approfondimenti: qui.

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Le città italiane e la transizione ecologica: a che punto siamo http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/07/le-citta-italiane-e-la-transizione-ecologica-a-che-punto-siamoa/ Mon, 11 Jul 2022 13:57:18 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15456 Snpa offre un’inedita analisi dell’evoluzione della vivibilità, circolarità e resilienza ai cambiamenti climatici dei principali capoluoghi italiani. Criticità particolarmente rilevanti per perdite idriche e suolo.

Il 4 luglio 2022, il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) ha presentato il rapporto Città in transizione: i capoluoghi italiani verso la sostenibilità ambientale”: una prima sperimentazione in termini di valutazione integrata della qualità dell’ambiente urbano nelle 20 città capoluogo e Bolzano, nell’ultimo quinquennio. 

È nei contesti urbani che si giocano molte delle sfide ambientali, soprattutto in un Paese urbanizzato come l’Italia: dal cambiamento climatico, al passaggio da un’economia lineare a quella circolare, fino alla crisi del rapporto uomo-ambiente.Il documento “città-centrico” analizza l’evoluzione nel tempo dei molteplici temi ambientali che regolano la vita quotidiana dei cittadini attraverso la prospettiva di tre differenti, ma interconnesse, chiavi di lettura: la vivibilità, che indaga il rapporto ambiente e salute; la circolarità, volta ad analizzare l’efficienza nell’uso delle risorse naturali, dei materiali e dell’energia; la resilienza ai cambiamenti climatici, finalizzata a mettere a fuoco la capacità della città di reagire e adattarsi ai cambiamenti del clima.

L’obiettivo principale di questa analisi è di comporre un quadro complessivo in grado di orientare al meglio gli amministratori locali sia nell’implementazione che nella verifica degli interventi e delle politiche di sostenibilità ambientale. 

Dall’analisi dei risultati emerge un quadro eterogeneo che rispecchia le differenti realtà urbane, ma si possono evidenziare alcune tendenze che accomunano buona parte dei territori osservati.
Per evidenziare il legame con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, il report ha provato a dare una lettura dei risultati con riferimento ai Goal e/o Target di riferimento dell’Agenda Onu 2030.

Continua qui: https://asvis.it/home/10-13092/le-citta-italiane-e-la-transizione-ecologica-a-che-punto-siamo

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Piano di bonifica dei terreni inquinati a Magliano Alfieri, Govone e Neive http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/05/piano-di-bonifica-dei-terreni-inquinati-a-magliano-alfieri-govone-e-neive/ Fri, 13 May 2022 10:22:21 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15353 Nei giorni scorsi un folto gruppo di associazioni del territorio (Comuneroero, Italia Nostra, Canale Ecologia, Osservatorio del Paesaggio di Langhe e Roero, Forum Salviamo il Paesaggio, Pro Natura, Piedi x Terra) ha inviato ai Sindaci dei tre Comuni e al Presidente della Provincia di Cuneo una formale richiesta per conoscere gli aggiornamenti della vicenda legata all’operazione “Fertil Plastic” e sollecitare le fasi di bonifica dei terreni inquinati.

Ricordiamo che i fanghi di depurazione non trattati risultano essere stati sversati anche nelle campagne coltivate alla periferia di Asti (a San Marzanotto, nella valle del Tanaro) e nel torinese, in particolare nel circondario di Chieri.

Ecco il testo del documento trasmesso:

Oggetto: TRAFFICO ILLECITO RIFIUTI (operazione denominata Fertil Plastic) – Piano di bonifica dei terreni inquinati.

Egregi Signori, facciamo riferimento al tema in oggetto ed alle conclusioni dell’Arpa che nella sua Relazione Tecnica del 7.7.2021 scriveva testualmente:

«Tutti i campioni di suolo prelevati risultano non conformi alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) di riferimento. Per quanto emerge nella presente risulta necessario attivare le procedure di cui al titolo quinto, parte quarta del D.lgs. 3.4.2006, n. 152 (Bonifica dei Siti contaminati), per i seguenti appezzamenti:
– Campo di papaveri, Govone, Fg 2, mapp 325
– Campo delle ru, Magliano Alfieri, Fg 7, mapp 70 e 71
– Frutteto dei ciliegi, Magliano Alfieri, Fg 13, mapp 47 e 165
– Pioppeto, Neive, Fg 1, mapp 89,109,110,119,120,121,147,148.
Le operazioni di campionamento hanno riguardato esclusivamente alcuni degli appezzamenti sottoposti a sequestro, pertanto non si può escludere che anche altri fondi agricoli usati dalla Olmo possano essere potenzialmente contaminati».

Rileviamo dai media che in attesa dell’apertura del processo alla Olmo Bruno srl, imputata quale persona giuridica: “A tempo di record si è di recente addivenuti a 9 patteggiamenti e all’avvio delle procedure di bonifica”.

L’iter giudiziario seguirà il suo corso e siamo certi che chiarirà le responsabilità, in particolare in merito alle violazioni agli obblighi di responsabilità delle imprese coinvolte.
Quello però che a noi sta a cuore è che vengano prontamente effettuate le bonifiche dei terreni inquinati e che i responsabili ne assumano i costi.

Al riguardo, vorremmo chiarire che cosa significhi in concreto “avvio delle procedure di bonifica” e quale sia il suo sviluppo, per questo vi chiediamo con la presente un incontro da tenersi presso la sede che riterrete più opportuna, in tempi ravvicinati.

In particolare gradiremmo:

– avere conferma dei siti da bonificare noti alla data;

– conoscere il cronoprogramma dei lavori;

– chiarire l’attribuzione delle responsabilità in capo ai privati ed alle istituzioni (Comuni coinvolti, Provincia, Regione);

– prendere atto del piano dei costi dalla progettazione all’attuazione del piano di bonifica e dei centri di costo;

– essere messi a conoscenza di eventuali documenti ufficiali emessi recentemente da istituti e/o istituzioni.

Certi che comprenderete le ragioni della nostra richiesta dovuta anche dalle sollecitazioni che riceviamo dal territorio che rivendica chiarezza e trasparenza nelle azioni e con tempi certi, restiamo fiduciosi di un sollecito riscontro alla presente.

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