www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Tue, 19 Nov 2024 11:13:50 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Valpolicella paesaggisticamente alla deriva: nuovi capannoni industriali a San Pietro in Cariano http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/valpolicella-paesaggisticamente-alla-deriva-nuovi-capannoni-industriali-a-san-pietro-in-cariano/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/valpolicella-paesaggisticamente-alla-deriva-nuovi-capannoni-industriali-a-san-pietro-in-cariano/#respond Tue, 19 Nov 2024 11:12:55 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16871 Prosegue la cementificazione delle terre dell’Amarone, già deformate dalla speculazione edilizia e dalla monocoltura della vite

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata da Gabriele Fedrigo, scrittore e abitante della Valpolicella, al Sindaco di San Pietro in Cariano (Verona), relativa alla costruzione di nuovi edifici industriali al posto delll’ex acciaieria Lonardi, già demolita, per la nuova sede della Isap Packaging, produttrice di prodotti di plastica monouso. L’insediamento coprirà una superficie grande come dieci campi da calcio, con nuova impermeabilizzazione di suolo, incremento del debito ecologico e danno al paesaggio.

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Negrar di Valpolicella, 10 novembre 2024

Al Sindaco del Comune di San Pietro in Cariano Dott. Gerardo Zantedeschi

Ai Consiglieri del Consiglio Comunale di San Pietro in Cariano

All’Ufficio Tecnico edilizia privata del Comune di San Pietro in Cariano Dott. Andrea Marzuoli

Al Soprintendente di Verona Dott. Andrea Rosignoli

Isap Packaging Parona (Vr)

p.c. alle associazioni in indirizzo

alla cittadinanza della Valpolicella

agli organi di stampa

Oggetto: Lettera sul futuro dell’area ex Lonardi – San Pietro in Cariano (Verona)

Signor Sindaco,

è da tempo che le volevo scrivere, precisamente da quando ho saputo della demolizione di un muro storico nella frazione di Castelrotto; un muro storico reo di essere stato costruito in un borgo medievale prima che i SUV potessero girare per strada. Se lo ricorda quel bellissimo muro? Ora al suo posto ce n’è uno che sembra uscito da un computer tanto sa di finto. Un capitolo tristissimo per la storia di quella frazione e per tutta quella Valpolicella che non smette di amare «disperatamente i segni del passato in quanto bellezza» (P.P. Pasolini).

Poiché sono fedele a quanto mi insegna la saggezza degli uomini: Mors certa, hora incerta, non vorrei finire improvvisamente sotto terra senza prima averle espresso tutta la mia contrarietà alla pratica edilizia n. 16580 rilasciata dall’Ufficio Tecnico del suo Comune alla Ditta Immobiliare Cameri Srl (gruppo Cordifin). La conosce quella pratica edilizia, vero? Sì, quella che vedrà la nascita di uno dei capannoni più impattanti della Valpolicella sull’area ex Lonardi. Un nuovo scempio, come se non ce ne fossero già abbastanza in una Valpolicella paesaggisticamente alla deriva in cui i segni nefasti dell’ingordigia di profitto del capitale agrario e industriale si riversano non solo sulla sua storia, cancellandola, ma anche su chi la abita. Un capannone a ridosso delle colline di Castelrotto; un capannone industriale da delirio edilizio viste le dimensioni. Un capannone grande come dieci campi da calcio, per un colossale trasloco dell’Isap Packaging di Parona. Un capannone che sorgerà prospiciente il poggio dove c’è Villa Fumanelli. E che vuole che sia? lei mi dirà. E la vista sulle colline? E l’impatto ambientale? Ma dico, e la Soprintendenza? Se c’è, dov’è? La Soprintendenza dovrebbe essere al corrente del vincolo paesaggistico della Valpolicella. La responsabilità della Soprintendenza in questo ennesimo gioco al massacro del paesaggio non può essere sottaciuta. Come si è pronunciata la Soprintendenza sull’impatto paesaggistico di questo nuovo mostro, dopo quelli che la Valpolicella ha dovuto ingoiare in questi ultimi anni?

E così dopo la lavorazione dell’acciaio della Lonardi ora arriva in Valpolicella la plastica dell’Isap. Ci mancava solo questa! Sì, plastica, naturalmente una produzione sostenibile, attenta all’ambiente, ecc. Ma si può sapere di quale sostenibilità? La storia della sostenibilità chi la beve più? Come se la produzione di bioplastica fosse a zero emissioni e non comportasse allo stato attuale alcun costo ambientale, come invece riportato, fra gli altri, dall’inchiesta giornalistica di Aryn Baker del Time del 28 novembre 2023, The dirty secret of alternative plastic.

La produzione di una tonnellata di cemento causa l’emissione di una tonnellata di CO2. Il debito ecologico della demolizione e della costruzione della nuova Isap a quanto ammonta? Lo possiamo sapere? Signor Sindaco, lei lo sa? E la nuova impermeabilizzazione del suolo, le dice proprio niente in epoca di riscaldamento globale e di alluvioni? E che dire della futura dismissione dell’Isap che, se non sbaglio, è a Parona dal 1963? Su quell’area non sono forse puntati già da anni gli occhi per un’altra mega operazione di speculazione edilizia nel martoriato Parco dell’Adige, come già avvenuto con la lottizzazione della gated community denominata VerdeAdige? Ma quali saranno mai gli attori di questa futura mega-lottizzazione nel Parco dell’Adige?

Fa specie che la cittadinanza della Valpolicella venga a sapere dai giornali e da facebook il destino dell’area ex Lonardi fagocitata da un progetto di tali dimensioni e di tale impatto paesaggistico e ambientale. La cittadinanza non ha avuto alcuna voce in capitolo in questa vicenda. O mi sbaglio? Le chiedo allora: perché non ha convocato un’assemblea aperta a tutti i cittadini in cui informare quanto si stava approvando? Possibile che la cittadinanza venga sempre a sapere di ciò che avviene sul territorio quando i giochi sono già chiusi? Nel prossimo Consiglio Comunale del 13 novembre 2024 si ratificherà di fatto quel che è già stato deciso altrove. Possiamo sapere dov’è questo altrove? Possiamo conoscere l’iter che ha portato a tale scelta paesaggisticamente scellerata?

Quando ho visto i lavori di demolizione dei capannoni dell’ex Lonardi, non volevo credere ai miei occhi. Sì, mi sono ben fatto la domanda: e ora, tutte quelle macerie di rifiuto speciale dove andranno a finire? Lei lo sa? Possiamo conoscere la discarica in cui verrà smaltito questo enorme ammasso di macerie? Eppure le confesso che vedere l’orizzonte libero dai capannoni mi ha galvanizzato come non mi era mai successo prima, quanto meno qui in Valpolicella, dove vivo la mia alienazione e quella di chi mi circonda.

Pensavo che con questa demolizione di capannoni fatiscenti dell’ex Lonardi il Comune di San Pietro in Cariano avesse voluto svoltare definitivamente pagina e mostrare a tutti che anche qui in Valpolicella è ora di dire basta a decenni di sfruttamento e di maltrattamento di Madre Terra. Un sindaco e un’amministrazione finalmente all’altezza dell’emergenza climatica e ambientale che stiamo tutti vivendo e subendo a causa di una conduzione economica rapace, onnivora e distruttiva. Un sindaco e un’amministrazione che dicono un solenne NO! a chi vuole ancora cementificare e a chi pensa alla terra come mero strumento di profitto. Un sindaco e un’amministrazione che finalmente decidono di impiantare migliaia di alberi all’ex Lonardi forse per saldare un po’ i conti con l’ambiente. Che illuso! Ma quali alberi? Cemento, cemento, e ancora cemento… per un’attività produttiva retta da mere logiche di profitto e di crescita. Quella stessa crescita che sta portando la nostra specie all’autodistruzione…

Possiamo sapere che ne viene alla cittadinanza della Valpolicella da questo ennesimo scempio, che non sia la solita solfa di chi benedice l’attività produttiva del privato che porta lavoro? E a vantaggio di chi porterebbe lavoro? Forse a vantaggio dell’operaio che aliena la sua vita in fabbrica?

Non pensa che sia la comunità a dover decidere il proprio destino e il destino del proprio territorio?

In attesa di riscontro.

Le scrivo da cittadino della Valpolicella e da cittadino del mondo. Le scrivo da amante della bellezza.

Gabriele Fedrigo

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Osservazioni di Italia Nostra Puglia sulle aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/osservazioni-di-italia-nostra-puglia-sulle-aree-per-linstallazione-di-impianti-a-fonti-rinnovabili/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/osservazioni-di-italia-nostra-puglia-sulle-aree-per-linstallazione-di-impianti-a-fonti-rinnovabili/#respond Sun, 17 Nov 2024 15:17:26 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16868 Riceviamo e pubblichiamo il documento di Italia Nostra Puglia contenente le Osservazioni al Disegno di legge regionale n. 222 del 23/10/2024.

Bari 11 novembre 2024

Ai Sigg Presidenti della IV e V Commissione Consiliare Regione Puglia

Si trasmettono di seguito le osservazioni al Disegno di legge n. 222 del 23/10/2024Individuazione delle superfici e delle aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili in attuazione dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 8/11/21, n.199 e dell’art. 3, comma 1, del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica del 21/06/24 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili)

Questionario partecipazione “Disegno di legge n. 222 del 23/10/2024. Aree idonee: Individuazione delle superfici e delle aree per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”.

Art. 1 Finalità e principi

–  Sono condivisibili le finalità di contrasto ai cambiamenti climatici attraverso la decarbonizzazione del sistema energetico e industriale regionale, ma da contemperare con le esigenze di tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e del corpi idrici.

Art. 2 Definizioni

Si chiede di inserire la seguente integrazione/formulazione:

–  Lettera d) non sono permessi impianti fotovoltaici a terra, impianti di agrovoltaico ed eolico;

– Lettera n) Le “aree agricole non utilizzabili” per la coltivazione sono anche aree a rischio idrogeologico quindi da classificare come “aree inidonee” per gli impianti.

Art. 3 Individuazione delle superfici e aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili

Si chiede di inserire la seguente integrazione/formulazione:

–  Non si rispetta il Decreto 21 giugno 2024 all’art. 7 comma b) prescrive che le superfici o le aree idonee devono essere differenziate e classificate sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto (es. dove è previsto l’agrivoltaico?);

– Al comma 3 si fa riferimento ai 40 ulteriori contesti paesaggistici del PPTR come prescritto alla lettera c) Decreto 21 giugno 2024;

–  Mancano le aree del Demanio statale in cui si stanno collocando impianti fotovoltaici (vedi Demanio della Marina a Taranto);

– Per zone industriali vanno considerate solo quelle realizzate (capannoni industriali, parcheggi…) e non solo tipizzate degli strumenti urbanistici vigenti;

– Le aree classificate idonee non tengono conto delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e la dislocazione della domanda elettrica (art.7 comma 1 Decreto 21 giugno 2024).

Art. 4 Procedure autorizzative specifiche per le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili
Si propone la seguente integrazione/formulazione:

–  Il Ministero della Cultura non può esprimere un parere obbligatorio non vincolante perché ha co-pianificato il PPTR, come è da ritenere negativa la semplificazione della lettera b) comma 1 in cui i termini per le autorizzazioni sono ridotti di un terzo.

Art. 5 Piattaforma digitale nazionale per le aree idonee

Si propone la seguente integrazione/formulazione:

–  La piattaforma digitale con anagrafica unica su WebGis deve riportare tutti gli impianti rinnovabili esistenti (Impatto cumulativo), approvati ed in corso di realizzazione (compreso quelli sul Demanio Statale). Gli avvisi di nuovi procedimenti e le autorizzazioni finali devono essere integralmente pubblicati anche su BURP (non solo sul sito dell’autorità competente) come le mappe del SIT Puglia con impianti FER DRG 2122 e contemporaneamente alle aree non idonee.

Art. 6 Individuazione delle superfici e aree non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili
Si propone la seguente integrazione/formutazione:

–   Alla lettera c) sono compresi solo 14 ulteriori Contesti paesaggistici del PPTR si devono aggiungere gli altri 26 UCP;

–  Nelle aree non idonee mancano le IBA (Important Bird Areas) censite a livello europeo per designare le ZPS per la conservazione degli uccelli selvatici.

Art. 7 Individuazione delle superfici e aree ordinarie per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili
Si propone la seguente integrazione/formulazione:

–  II DdL fa riferimento al PNIEC, ma il Piano Energetico Regionale non è aggiornato agli obiettivi dell’art. 2 del Decreto 21 giugno 2024 e non è conforme al PPTR.

Art. 8 Individuazione delle aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e disposizioni specifiche per le aree agricole

Si propone la seguente integrazione/formulazione:

– Le aree in cui è vietata l’istallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra ed anche gli impianti agrovoltaico sono escluse?;

–   Il comma 2) è una ripetizione delle aree idonee dell’art. 3;

–  Le “aree agricole non utilizzabili” per la coltivazione di cui all’art. 2 sono anche aree a rischio idrogeologico quindi “aree inidonee” per gli impianti;

–  Nelle zone classificate agricole dai piani urbanistici non devono essere realizzati neanche gli “impianti agrovoltaici sperimentali”, le caratteristiche sono demandate ad una DGR successiva;

–  anche gli impianti fotovoltaici a terra delle Comunitá energetiche rinnovabili consumano suolo Rapporto ISPRA, 2022.

Art. 10 Disposizione transitoria

Considerazioni finali:

–  Devono essere considerate “non idonee tutte” le aree tutelate dal PPTR, come ad esempio le aree di rispetto del paesaggi rurali e i coni di visuale;

–  L’attuale DdL, è peggiorativo rispetto al Regolamento n.24/2010;

–  Non si possono fare salvi progetti presentati o bocciati che sono in contrasto con la normativa previgente;

–  Vanno considerate zone industriali solo quelle previste dagli strumenti urbanistici e già realizzate e non solo tipizzate.


II Referente Settore Urbanistica e Paesaggio Italia Nostra APS Puglia

Arch. Giacinto Giglio

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Presentazione Rapporto SNPA 2024 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/presentazione-rapporto-snpa-2024-consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/presentazione-rapporto-snpa-2024-consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici/#respond Sun, 17 Nov 2024 10:24:15 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16865 Roma, sede ISPRA, sala Conferenze, Via Vitaliano Brancati 48 e Online

Martedì 3 dicembre 2024 (ore 10.00-13.00), presso la sede ISPRA di Roma, sarà presentata l’edizione 2024 del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), che assicura le attività di monitoraggio del territorio e del consumo di suolo. Il Rapporto, insieme alla cartografia e alle banche dati di indicatori disponibili per ogni comune italiano, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo e permette di valutare il degrado del territorio e l’impatto del consumo di suolo, dell’urbanizzazione e delle infrastrutture sul paesaggio e sui servizi ecosistemici.

In occasione della presentazione del Rapporto saranno presentate le immagini vincitrici del Photo Contest 2024 “Uno scatto per raccontare il cambiamento”.

Per la partecipazione in presenza, a causa del numero limitato dei posti disponibili, è necessario effettuare la preiscrizione e attendere la conferma da parte della segreteria organizzativa, che avverrà una settimana prima dell’evento.

L’evento sarà comunque trasmesso anche in streaming sul canale Youtube ISPRA

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Fughe di metano a Melendugno http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/fughe-di-metano-a-melendugno/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/fughe-di-metano-a-melendugno/#respond Fri, 15 Nov 2024 08:48:45 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16861 Nei terminali del gasdotto che porta gas dall’Azerbaijan all’Italia, sono state scoperte emissioni continue da sfiati che dovrebbero attivarsi solo in caso di emergenza. Un gruppo di attivisti locali ha cercato di misurare il problema

Segnaliamo l’interessante inchiesta condotta da TERESA DI MAURO e VITTORIA TORSELLO per IRPI MEDIA.

Leggi qui l’articolo.

L’inchiesta in breve

A Melendugno un’associazione ambientalista, utilizzando una termocamera, ha verificato che sia nel terminale di ricezione di Melendugno sia nell’adiacente Interconnessione Tap ci sono “emissioni fuggitive” di metano. In pratica, a causa di malfunzionamenti, dichiarano Tap e Snam, tre sfiati hanno sprigionato nell’aria un non precisato quantitativo di metano, uno dei principali responsabili del cambiamento climatico.

Il terminale di Melendugno è gestito dalla società Tap Ag e rappresenta la fine del Trans adriatic pipeline (Tap), uno dei tre gasdotti che forma il Corridoio meridionale del gas che parte dall’Azerbaijan. L’Interconnessione Tap, che conduce il gas nella rete nazionale, è gestito da Snam. Entrambe le società dicono di essere a conoscenza delle emissioni e di averle già comunicate alle autorità competenti.

L’Unione europea ha introdotto un regolamento teso a ridurre le “emissioni fuggitive” di gas. Prevede che le aziende monitorino le perdite e comunichino come intendono porvi rimedio. Ma la stessa perdita era già stata osservata nel 2021 e non è ancora chiaro quando sarà riparata.

Il lavoro di monitoraggio civico messo in campo dagli attivisti locali è ad oggi uno degli strumenti più efficaci per portare la questione sui tavoli delle amministrazioni locali e nazionali.

Foto di copertina: © Donato Fasano/Getty

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Un nuovo supermercato a Schio? Ancora suolo consumato! http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/un-nuovo-supermercato-a-schio-ancora-suolo-consumato/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/un-nuovo-supermercato-a-schio-ancora-suolo-consumato/#respond Tue, 12 Nov 2024 06:38:21 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16857 di Legambiente Schio Val Leogra

Comunicato del 06.11.2024

Ci risiamo: il suolo, un bene comune che si può sacrificare in nome di ipotetici futuri benefici economici (a favore di chi?) derivanti da un modello di sviluppo che ha portato alla crisi climatica i cui effetti si fanno sentire sempre più frequentemente e intensamente.

Nel 1972 è stato pubblicato uno studio del MIT sui limiti dello sviluppo e le conclusioni degli scienziati furono chiare: se l’attuale tasso di crescita dell’inquinamento e dello sfruttamento delle risorse naturali continuerà inalterato, i limiti di sostenibilità su questo pianeta saranno raggiunti entro il XXI secolo, con sconvolgimenti climatici e socioeconomici che renderanno critiche le condizioni di vita di miliardi di persone.

Tra le risorse naturali il suolo rappresenta una delle voci più importanti e delicate, ma continuiamo a consumarlo senza sosta, mantenendo saldamente il Veneto al secondo posto in Italia per consumo di terreno naturale.

Ricordiamo inoltre che in Veneto nel 2015 gli eventi estremi furono 4 e nel 2020 18, nel 2024 siamo arrivati a 40 (e l’anno non è finito) e a Schio siamo già in una situazione di sovrasfruttamento del territorio con una percentuale di suolo impermeabilizzato che sfiora il 40% del totale (se si esclude il territorio collinare e montano).

In questo quadro si inserisce la costruzione a SS. Trinità di un nuovo supermercato che impermeabilizzerà circa 16000mq di terreno, a qualche centinaio di metri da uno già esistente e che verrà dismesso.

Siamo di fronte alla perdita netta di più di 2 campi di calcio di suolo naturale, senza che sia prevista alcuna rinaturalizzazione di altro terreno impermeabilizzato.

Sa di presa in giro vedere sui documenti riguardanti questo intervento che si parla di “Benefici Ambientali con aumento della biodiversità” perché ci sono alberi nuovi lungo la nuova strada e arbusti sulla nuova rotonda; non una parola sulle opere di mitigazione delle bolle di calore e neppure sul destino del fabbricato che verrà dismesso, che secondo noi dovrebbe quanto meno essere rinaturalizzato, magari creando un piccolo bosco urbano.

Tutto secondo norme e regolamenti, certo, ma norme e regolamenti che devono essere cambiati perché la situazione ambientale è drammaticamente mutata, le previsioni anche recenti non sono più valide: siamo in un’epoca di emergenza climatica che ci impone un cambio radicale di rotta e non possiamo più permetterci di perdere altro suolo, e invece continuiamo ad agire in questi tempi straordinari come vivessimo in tempi normali.

E poiché sembra che ogni scelta venga fatta su basi economicistiche ISPRA è riuscita a stimare un costo annuale per ettaro derivante dalla perdita dei suoi servizi ecosistemici (stoccaggio e sequestro di carbonio, qualità degli habitat, produzione agricola, impollinazione, regolazione del microclima, rimozione di particolato e ozono, protezione dall’erosione, regolazione del regime idrologico, disponibilità di acqua, purificazione dell’acqua): sono 88.000,00 euro per ciascun ettaro di suolo consumato/impermeabilizzato. È vero: non c’è uscita di cassa, non c’è pagamento, ma basta pensare che in Italia nel periodo 2013/2023 sono stati spesi oltre 13,8 miliardi di euro in fondi per la gestione delle sole emergenze meteo-climatiche (dati Protezione civile). La perdita di suolo genera quindi un “danno” non soltanto sotto il facilmente intuibile profilo ambientale, ma anche sotto quello economico-finanziario: un aspetto, purtroppo, poco valutato dalle nostre amministrazioni: a Schio questi nuovi 16000mq di terreno perso costeranno 140.800€/anno… per sempre…

Quanto sopra per ribadire la nostra contrarietà a questo intervento urbanistico di cui non cogliamo l’utilità per il bene comune, chiedendo ai decisori pubblici, e anche gli investitori privati, di valutare ogni volta se le decisioni che si accingono a prendere rispondono ai principi di responsabilità sociale, anche nei confronti delle future generazioni, come chiesto dall’art 41 della Costituzione Italiana.

Immagine: Supermercato già esistente in via SS Trinità, a poche centinaia di metri dall’area in cui dovrebbe sorgere quello nuovo.

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Ripristino della Natura e Agricoltura http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/ripristino-della-natura-e-agricoltura/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/ripristino-della-natura-e-agricoltura/#comments Mon, 11 Nov 2024 22:47:34 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16855 L’agricoltura produce una notevole quantità di gas climalteranti ed è responsabile di circa un quinto di tutte le emissioni antropiche di gas serra. Rappresenta quindi uno dei settori più coinvolti dalle misure di ripristino della natura. Il nodo cruciale sarà la capacità di ogni Stato di trovare un equilibrio tra la tutela della biodiversità e le esigenze economiche

di Giuseppe Sarracino (agronomo)

Il 17 giugno 2024, l’Unione Europea ha approvato il Regolamento sul Ripristino della Natura, parte integrante del Green Deal europeo, finalizzato al ripristino degli ecosistemi degradati e al miglioramento della biodiversità, entrato in vigore il 18 agosto. Questo regolamento, vincolante per gli Stati membri, impone l’obbligo di attuarlo integralmente. Nella relazione di accompagnamento si evidenzia che “la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi proseguono a un ritmo allarmante, danneggiando le persone, l’economia e il clima”. Solo un ripristino tempestivo degli ecosistemi potrà garantire benessere, prosperità e sicurezza a lungo termine ai Paesi membri.

Questo approccio non è dettato da una visione puramente bucolica o ideologica della natura, ma riconosce l’esistenza di un nesso sempre più stretto tra la salute umana, quella degli animali e un ambiente naturale integro e resiliente. Si tratta di obiettivi ambiziosi ma indispensabili, che gli Stati membri sono chiamati a perseguire in una visione multidimensionale e integrata. Il crescente squilibrio tra spazi naturali e artificiali richiede, come previsto dal regolamento, un aumento e un recupero delle aree naturali. Questo obiettivo non è privo di difficoltà, poiché le azioni di ripristino degli ecosistemi richiedono spesso la conversione di terreni attualmente destinati a usi potenzialmente più redditizi dal punto di vista economico.

L’articolo 4 stabilisce che Gli Stati membri mettono in atto le misure di ripristino necessarie per riportare in buono stato le zone dei tipi di habitat”. Infatti, entro il 2030, dovranno ripristinare almeno il 30% della superficie totale di tutti i tipi di habitat non in buono stato, raggiungendo il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050, come stabilito nell’Allegato I del regolamento. A tale proposito, ogni Paese dovrà elaborare un piano nazionale di ripristino, uno strumento di pianificazione fondamentale previsto dall’articolo 14. Tale piano dovrà includere le misure necessarie per il ripristino della natura, stabilendo interventi concreti e monitorando i progressi: “Ciascuno Stato membro prepara un piano nazionale di ripristino ed effettua il monitoraggio e le ricerche preliminari per individuare le misure di ripristino necessarie per conseguire gli obiettivi di ripristino e adempiere gli obblighi di cui agli articoli da 4 a 13″.

Il Ministro dell’Ambiente ha dichiarato che “Le azioni del Piano dovranno conciliare la sostenibilità economica, ambientale e sociale degli interventi, e la definizione di appositi finanziamenti, anche di carattere europeo, sarà fondamentale per evitare l’accrescimento degli oneri per i vari settori coinvolti”. Si tratta di un impegno importante, tuttavia, non sarà sufficiente un semplice obbligo giuridico, soprattutto quando gli interventi previsti possono entrare in conflitto con attività economiche esistenti, come l‘agricoltura. Il settore primario è infatti tra i più coinvolti dalle misure di ripristino, che potrebbero influenzare le modalità di gestione, le tecniche produttive e la destinazione stessa dei terreni agricoli. Per migliorare la biodiversità negli ecosistemi agricoli, sarà necessario adottare misure che consentano adeguati progressi, come ad esempio, il ripristino di almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2030, oppure rafforzerà la biodiversità negli ecosistemi agricoli.

A tale proposito, le organizzazioni agricole hanno espresso forti critiche, dichiarando: “Quella sul ripristino della natura è una legge senza logica che, tra le altre cose, diminuisce la produzione agricola” sostenendo con forza che “Con la nuova normativa verrà messo a rischio il potenziale produttivo del settore”. Queste preoccupazioni hanno allungato l’iter per l’approvazione del regolamento, tanto che è stata necessario stralciare la controversa proposta di ridurre del 10% la superficie agricola produttiva. Le preoccupazioni delle organizzazioni agricole sono comprensibili, ma la diminuzione della produttività non può essere attribuita a qualcosa che ancora deve essere attuato. Al contrario, da anni sulla agricoltura, pesano, invece, serie debolezze strutturali: il VII censimento dell’agricoltura del 2020 ha registrato una diminuzione del 30% delle aziende agricole, pari a circa 500.000, e del 2,5% della superficie agricola utilizzata rispetto al 2010. La dimensione media delle aziende è di circa 11 ettari contro una media europea di circa 60 ettari. Scarsa è la presenza di giovani imprenditori (solo il 9%, contro il 12% della media UE), troppo basso il livello di formazione (il 60% possiede solo la licenza media) inoltre il 93% delle aziende è a conduzione familiare. Anche il sostegno pubblico all’agricoltura è diminuito notevolmente, e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) non ha ancora avuto un impatto significativo.

Al contrario, il regolamento, attraverso il risanamento degli ecosistemi, mira a garantire alimenti e sicurezza alimentare, acqua pulita, pozzi di assorbimento del carbonio e protezione dalle catastrofi naturali provocate dai cambiamenti climatici. L’art. 11, “Ripristino degli ecosistemi agricoli”, prevede che “Gli Stati membri mettono in atto le misure di ripristino necessarie per rafforzare la biodiversità degli ecosistemi agricoli, in aggiunta alle zone soggette a misure di ripristino a norma dell’articolo 4, paragrafi 1, 4 e 7, tenendo conto dei cambiamenti climatici, delle esigenze sociali ed economiche delle zone rurali e della necessità di garantire la produzione agricola sostenibile nell’Unione”.

L’agricoltura è un fattore strategico per la riuscita del Green Deal, in quanto produce una notevole quantità di gas climalteranti ed è responsabile di circa un quinto (21%) di tutte le emissioni antropiche di gas serra. Inoltre, è l’attività economica che più di ogni altra, attraverso le sue pratiche agronomiche, trasforma e modella la natura e le sue risorse. Tuttavia, il nodo cruciale sarà la capacità di ogni Stato di trovare un equilibrio tra la tutela della biodiversità e le esigenze economiche. Questo aspetto politico e sociale è di grande rilevanza, e la sfida sarà quella di creare una sinergia tra sviluppo economico e protezione ambientale, piuttosto che generare conflitti.

L’urgenza di questa mediazione è evidente, soprattutto di fronte alle continue inondazioni, sempre più frequenti e intense a causa della crisi climatica, che stanno danneggiando non solo il territorio italiano ma anche quello di tutti gli Stati membri. Nell’Unione Europea, nel 2021 e nel 2022 si è registrata un’accelerazione delle perdite economiche dovute a eventi estremi; secondo il rapporto dell’ex presidente finlandese, nel 2021 i danni hanno sfiorato i 60 miliardi di euro, e circa 52 miliardi l’anno successivo. “Il Green Deal non è un atto di generosità morale, ma è il tentativo europeo di salvaguardare il proprio futuro.”

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Rinnovabili, l’agrivoltaico è fotovoltaico in altra forma http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/rinnovabili-lagrivoltaico-e-fotovoltaico-in-altra-forma/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/rinnovabili-lagrivoltaico-e-fotovoltaico-in-altra-forma/#comments Sun, 10 Nov 2024 23:01:09 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16853 Il TAR Puglia sconfessa il Consiglio di Stato e ritiene che l’agrivoltaico sia una subspecie del fotovoltaico. Le norme di tutela del paesaggio, quindi, valgono anche in questo caso

 di Fabio Modesti

Tratto da fabiomodesti.it

La sentenza del TAR Puglia – Sezione di Bari è di qualche giorno fa ma già fa parlare di sé e delle possibili ripercussioni per lo sviluppo dell’agrivoltaico. Per i giudici amministrativi pugliesi, infatti, «[…] Può, pertanto, affermarsi che l’impianto agri-voltaico (o agro-voltaico) rappresenta una sub specie del genus fotovoltaico in ambito agricolo, caratterizzato da soluzioni tecniche innovative per non compromettere la continuità dell’attività agricola. Da tale premessa discende l’applicabilità di tutte le regole a cui devono soggiacere gli impianti che producano energie rinnovabili, vieppiù osservando che la norma derogatoria testé esaminata [decreto-legge 1 marzo 2022, n. 17 “Impianti fotovoltaici in ambito agricolo”], nel riconoscere la sussistenza della nuova tecnologia del fotovoltaico rappresentata dall’agri-voltaico, si preoccupa solo dell’aspetto relativo agli incentivi economici, in assenza di deroghe alle nome poste a tutela dei valori territoriali, ambientali e paesaggistici, ivi compresi quelli inerenti gli aspetti rurali e colturali. Non vi sono pertanto, a giudizio (meditato) del Collegio, elementi normativi o regolamentari per ritenere che gli impianti agri-voltaici (o agro-voltaici), sia pur con il suddetto favor legislativo, non debbano rispettare i valori paesaggistici, ambientali e rurali tutelati da norme costituzionali, statali e regionali, anche in base al noto principio in base al quale la legge tam dixit quam voluit». Di parere diametralmente opposto, finora, è il Consiglio di Stato già espressosi in materia con una sentenza di cui abbiamo scritto a gennaio di quest’anno in base alla quale «l’agrivoltaico è un settore di recente introduzione e in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” di terreni agricoli, a metà tra produzioni agricole e produzione di energia elettrica, che si sviluppa con l’installazione, sugli stessi terreni, di impianti fotovoltaici, che non impediscono tuttavia la produzione agricola classica. In particolare, mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva), nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. […] Logico corollario della delineata differenza tra impianti agrivoltaici e fotovoltaici è, come correttamente osservato dalla sentenza impugnata, quello secondo cui gli stessi non possono essere assimilati sotto il profilo del regime giuridico […]».

Anche per l’agrivoltaico valgono le regole del Piano paesaggistico

Il TAR Puglia è stato chiamato ad esprimersi circa la legittimità del diniego di un provvedimento unico autorizzativo (Paur) da parte dell’amministrazione provinciale di Brindisi relativo ad un impianto agrivoltaico della potenza nominale di oltre 5 MW da realizzare su oltre 11 ettari in territorio del Comune di Brindisi. Il diniego all’autorizzazione è scaturito a seguito della conferenza dei servizi nella quale la maggior parte delle amministrazioni pubbliche hanno espresso parere negativo. Le motivazioni alla base del diniego, ritenute dal TAR fondate ed esaustive, hanno riguardato la prevalenza della tutela del paesaggio sullo sviluppo dell’impianto da fonti rinnovabili (FER) proposto. In particolare la conferenza dei servizi ha evidenziato che «la presenza di altri campi fotovoltaici nelle vicinanze rispetto a quello proposto, fa sì che il campo in questione genererebbe ulteriore artificializzazione dei luoghi nelle loro componenti strutturali e percettive; con riferimento alle componenti antropiche e storico/culturali, e in particolare le componenti dei paesaggi rurali, il progetto compromette la conservazione dei paesaggi rurali storici e la trama agraria che nell’area di intervento, mediante alternanza di colture orticole, uliveto, frutteto, vigneto e seminativi, ha generato il mosaico agricolo tipico della campagna brindisina; le stesse direttive contenute nella Sezione C2 della Scheda d’Ambito della Campagna Brindisina prevedono che i soggetti pubblici e privati, nei piani e nei progetti che comportino opere di rilevante ì trasformazione territoriale, come quello in esame, adottino “misure per contrastare la proliferazione delle serre e di altri elementi di artificializzazione delle attività agricole intensive con particolare riferimento … omississ.. alle opere di rilevante trasformazione territoriale, quali i fotovoltaici al suolo che occupano grandi superfici; gli interventi progettati, riconducibili al sito del campo agrovoltaico, alle cabine di trasformazione e smistamento e al tracciato del cavidotto interrato, comportino pregiudizio alla conservazione dei valori paesaggistici dei luoghi e contrastino con le previsioni della NTA del PPTR e con quanto previsto dalla Sezione C2 della Scheda d’Ambito della Campagna Brindisina, nei suoi Obiettivi di Qualità Paesaggistica e Territoriale e nella normativa d’uso in essa riportati; in riferimento alle componenti visivo percettive, il campo agrovoltaico in progetto altera le componenti e le relazioni funzionali, storiche, visive, culturali, simboliche ed ecologiche che caratterizzano la struttura delle figure territoriali d’ambito interessate; il parco agro-voltaico comporterebbe un’ulteriore sottrazione di suolo andando a modificare non solo gli attuali assetti colturali ma l’omogeneità di un paesaggio altrimenti occupato da vegetazione naturale o ad uso agricolo; il parco agro-voltaico con le relative opere annesse andrebbe ad incidere sulla giacitura della maglia agricola tanto più in ragione del fatto che il progetto ricade in aree agricole destinate, anche solo potenzialmente, alle produzioni di qualità e che il territorio in cui è immerso il progetto in questione è interessato da produzioni agricole di particolare qualità e tipicità». Vedremo se il Consiglio di Stato sarà chiamato ad esprimersi su questa sentenza e se confermerà l’orientamento espresso in passato. Certo è che almeno in Puglia il via libera all’agrivoltaico, forse pure con la legge sulle aree idonee, non idonee ed ordinarie in discussione in Consiglio regionale, non è in discesa.

In copertina: impianto agrivoltaico dell’azienda agricola Svolta s.r.l. a Laterza (TA)

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Vendesi bosco http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/vendesi-bosco/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/vendesi-bosco/#respond Sun, 10 Nov 2024 20:09:53 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16847 di Dante Schiavon

Nei nostri boschi  capita di leggere cartelli “Vendesi bosco”. Nel leggere questi cartelli non posso non andare con il pensiero all’articolo 42 della Costituzione: “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di godimento, i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale”. E non posso non  trasalire al pensiero che il 66,4% dei boschi italiani è di proprietà privata e  solo il 33,2% è  di proprietà pubblica (demani civici inclusi). Ecco il tema: per garantire la “funzione sociale” dei nostri boschi quali limiti impone la legge? Quali controlli vengono esercitati dai servizi forestali regionali sul rispetto delle autorizzazioni e delle dichiarazioni di taglio? Una ricerca a livello nazionale del Gruppo di Intervento Giuridico, pur incompleta (mancano i dati di alcune regioni), nel triennio 2020-2022 ha registrato 1122 notizie di reato e 14737 illeciti amministrativi nella gestione dei boschi. Questo accade anche perché non ci sono più i controlli sul territorio del Corpo Forestale dello Stato che 40 anni fa  monitorava la regolarità dei tagli. Se la funzione sociale del taglio degli alberi  viene  intesa come funzione prevalentemente economica (creazione di lavoro e di reddito)  significa non aver capito nulla del periodo geo climatico che stiamo vivendo e si finisce,  inevitabilmente,  per  giustificare la  “concezione produttivistica” nella gestione dei boschi contenuta nel “Testo unico in materia di foreste e filiere forestali”  (Decreto legislativo n. 34/2018). Si finisce per giustificare anche il recente Decreto Legge n.104 del 10 agosto 2023 che esenta dall’obbligo di preventiva autorizzazione i tagli dei boschi su cui c’è un “vincolo paesaggistico”,  in totale contraddizione con l’art. 9 della Costituzione che “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”: è completamente scomparsa la “funzione geo-climatica” dei boschi (per il sequestro del carbonio, per il dissesto idrogeologico, per ciclo dell’acqua, per il contenimento dei processi erosivi, ecc.).

Guardando  i dati reali sul presunto aumento dei nostri boschi è evidente come ad aumentare  sia l’occupazione di aree agricole o pascoli in abbandono da parte di arbusti e di giovani piante, ma sono  i “boschi maturi” di cui abbiamo più bisogno. Ad aumentare sono le utilizzazioni forestali senza controllo, gli incendi, le infestazioni del bostrico successive agli abbattimenti operati da Vaia, le schiantate sempre più frequenti ad opera del vento, un’ininterrotta antropizzazione turistica, selvicolturale, sportiva (olimpica!!!!) e infrastrutturale.

C’è bisogno quindi di una “visione radicalmente diversa” per applicare, nel tempo dei cambiamenti climatici,  un “paradigma  naturalistico conservativo su basi scientifiche” e con una visione economica di largo respiro e nel lungo termine mantenendo e ampliando  i “servizi di regolazione termoclimatica, idrologica e idrogeologica” del bosco. Per applicare tale paradigma scientifico ed ecologico è necessario puntare  all’aumento dei boschi maturi per mantenere e ampliare la  gamma dei servizi ecosistemici e prevedere i “servizi di approvvigionamento” che possano anche soddisfare il bisogno di “legno d’opera”,  ma  che non compromettano i servizi di regolazione termoclimatica, idrologica e idrogeologica e di conservazione della biodiversità del sottobosco. Quindi: no ai boschi a ceduo, ai tagli a raso, no alla legna come “combustibile principale” se non nelle località di montagna e di collina tradizionalmente legate al bosco e si all’ampliamento delle “foreste vetuste”, alla potenziale espansione dei boschi a fustaia (con tagli selettivi anche se più onerosi rispetto ad una selvicoltura industriale).

Ed è per questo che  l’articolo 12  del Regolamento UE sul “ripristino della natura”, recentemente entrato in vigore, indica come necessario il rispetto di alcuni indicatori per gli “ecosistemi forestali” allo scopo di rafforzarne  la biodiversità. 

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Parco Nazionale del Matese: accolto il ricorso di Italia Nostra http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/parco-nazionale-del-matese-accolto-il-ricorso-di-italia-nostra/ Wed, 06 Nov 2024 10:39:55 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16843 Entro 180 giorni il Ministero dell’ambiente dovrà adottare le misure di salvaguardia

di Italia Nostra

Comunicato del 25.10.2024

Il TAR del Lazio ha accolto il ricorso presentato da Italia Nostra per dare attuazione all’istituzione del parco naturale nazionale del Matese. Il TAR Lazio si è così espresso con sentenza  del 24 ottobre 2024: “sul ricorso numero di registro generale 1676 del 2024, proposto da Associazione Italia Nostra (…) occorre ordinare al Ministero resistente di provvedere (…) nel termine di centottanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza o dalla sua notifica, se anteriore, alla delimitazione provvisoria, nonché all’adozione delle misure di salvaguardia necessarie a garantire la conservazione dello stato dei luoghi. In caso di ulteriore inerzia nel provvedere entro il detto termine sarà nominato un Commissario ad acta da individuarsi a seguito di apposita istanza della parte interessata”.

“Grazie alla perseverante azione sul territorio di Italia Nostra – dichiara Edoardo Croci, presidente nazionale di Italia Nostra – sarà finalmente realizzato il Parco nazionale del Matese, attuando una legge dello Stato del 2017. Sarà così possibile garantire un futuro sostenibile alle comunità delle due regioni e dei 50 comuni interessati, fondato sulla salvaguardia e la valorizzazione di un’area di particolare pregio per qualità ambientale, biodiversità e paesaggio. Il parco costituirà anche un’opportunità di sviluppo economico fondato sul rispetto dell’identità culturale e naturale dei luoghi e sul turismo sostenibile. Si tratta anche di un passo in avanti per l’Italia nel quadro della Strategia europea per la biodiversità, che richiede entro il 2030 la creazione di una rete coerente e ben gestita di zone protette comprendenti almeno il 30% della superficie terrestre e marina dell’UE, e della Nature Restoration Law. Chiediamo al Ministro dell’ambiente di procedere subito alla perimetrazione e salvaguardia del nuovo parco e mettiamo a disposizione le competenze della nostra associazione per accompagnare il percorso.”

“La decisione di ricorrere in giudizio, proposta dalle sezioni di Campobasso, Isernia. Matese Alto Tammaro, – dichiara Davide Iannelli della Sezione Matese – si è resa necessaria per sbloccare un iter settennale ostacolato da interessi speculativi e da inerzie burocratiche e politiche.  La salvaguardia è urgente e il MASE può agire con immediatezza. Ispra, infatti, ha già valutato tutte le varie istanze territoriali giungendo a puntuali definizioni tecniche e scientifiche del perimetro e della zonazione.

Italia Nostra aveva adito il Giudice Amministrativo affinché si pronunciasse sulle inadempienze istituzionali relative all’iter istitutivo, chiedendo di provvedere all’adozione del provvedimento di perimetrazione provvisoria del Parco stesso, all’emanazione delle norme transitorie necessarie a garantire la conservazione dello stato dei luoghi e, altresì, alla nomina di un commissario ad acta affinché provveda sostitutivamente in caso di ulteriore inadempimento.

Il Parco Nazionale del Matese, che include oltre 50 comuni, tra quelli della Campania e del Molise, è stato istituito con Legge di Bilancio 2018 (L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1 c. 116) al fine di salvaguardarne lo straordinario patrimonio storico, naturalistico e paesaggistico, trasformando il parco regionale, istituito dalla regione Campania nel 1993, ma in funzione dal 2002, al fine di ampliarlo e garantire livelli di tutela più elevati. Il ritardo nel completamento della procedura istitutiva del Parco nazionale, oltre a non consentire l’adeguata protezione dei luoghi rispetto all’insediamento di attività non compatibili, ha determinato anche il mancato introito di finanziamenti pubblici, destinati per legge alle aree protette, da impiegare per azioni di conservazione e valorizzazione.

La sentenza è consultabile qui

Foto di copertina: Lago del Matese – ph: Mario Merola (Parco Regionale del Matese)

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Convegno “Urbs Civitas Polis. A cinque anni dalla scomparsa di Edoardo Salzano” http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2024/11/convegno-urbs-civitas-polis-a-cinque-anni-dalla-scomparsa-di-edoardo-salzano/ Mon, 04 Nov 2024 23:03:06 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=16837 Pubblichiamo il video integrale del convegno Urbs Civitas Polis. A cinque anni dalla scomparsa di Edoardo Salzano, disponibile sul canale Youtube dell’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli.

Roma 10 ottobre 2024

L’incontro è stato promosso da Mauro Baioni, Paolo Berdini, Vezio De Lucia, Giancarlo Storto, Giulio Tamburini e organizzato da Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, Carteinregola, Eddyburg, Emergenza Cultura, Italia Nostra, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale.

DI SEGUITO GLI INTERVENTI:

00.00.00 IntroduzioneMARGHERITA EICHBERG (soprintendente all’Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Viterbo e Etruria meridionale)

00.10.00 Coordina – RITA PARIS (archeologa, già direttrice del Parco Archeologico dell’Appia Antica)

— TESTIMONIANZE —

00.11.00 Presentazione contributo video MARIA PIA GUERMANDI (Archeologa classica, è responsabile dell’Osservatorio Beni e Istituti Culturali della regione Emilia-Romagna) 14.53 Video CIAO EDDYa cura di Maria Pia Guermandi e Giuseppina Tonet

00.30.20 Ricordo di Eddy – TOMASO MONTANARI (storico dell’arte, saggista, rettore dell’Università per stranieri di Siena)

00.51.16 La vicenda veneziana – FRANCESCO ERBANI (giornalista, saggista)

01.09.45 Saluto della Regione LazioEDY PALAZZI (consigliere della Regione Lazio – FDI, Commissione Cultura e Commissione Urbanistica)

— URBANISTICA COME PASSIONE CIVILE —

01.11.43 Il periodo della formazione – GIULIO TAMBURINI (urbanista, docente Università dell’Aquila)

01.39.31 Negli anni delle riforme – GIANCARLO STORTO (urbanista, ex direttore generale del Ministero delle Infrastrutture)

01.56.30 Dal piano di Venezia alla deregolamentazione urbanistica – PAOLO BERDINI (Urbanista, ex Segretario generale Inu)

02.12.25 La tutela del paesaggio – DANIELE IACOVONE (urbanista, esperto di Piani Paesaggistici, Pianificazione Regione Lazio)

02.31.21 Eddyburg in risposta al declino dell’urbanistica – ILARIA BONIBURINI  (Ricercatrice di urbanistica Università degli Studi della Basilicata, curatrice di Eddyburg.it), 2.42.54 MAURO BAIONI (urbanista, allievo di Salzano, curatore di Eddyburg.it)

— L’ATTUALITÀ DI UN PENSIERO RIGOROSO —

02.47.51 Il lascito nelle parole di Eddy – VEZIO DE LUCIA (architetto, urbanista)

03.02.32 Conclusione – MARGHERITA EICHBERG

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