Bologna – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Sat, 30 Jul 2022 13:46:27 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg Bologna – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Bologna: accordo territoriale tra Città metropolitana e Regione: stop a nuovi insediamenti logistici nell’area metropolitana http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2022/07/bologna-accordo-territoriale-tra-citta-metropolitana-e-regione-stop-a-nuovi-insediamenti-logistici-nellarea-metropolitana/ Sat, 30 Jul 2022 13:46:21 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15510 Il via libera in Consiglio metropolitano e in Giunta regionale. Nasce anche l’Osservatorio metropolitano sul consumo di suolo.

Stop a nuovi insediamenti logistici, rispetto a quelli già autorizzati, per contenere il consumo di suolo e favorire una crescita sostenibile, preservando i margini residui previsti dalla legge regionale per insediamenti di carattere manifatturiero e produttivo ad alto valore aggiunto. Sono questi gli obiettivi principali dell’Accordo territoriale tra Città metropolitana di Bologna e Regione Emilia-Romagna approvato mercoledì 27 luglio dal Consiglio metropolitano con 14 voti favorevoli (Centro sinistra e Alleanza metropolitana) e 2 astenuti (Uniti per l’alternativa) e dalla Giunta regionale, un’intesa innovativa sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.

Dal 2018 infatti – come dimostrato dalle analisi effettuate dal tavolo interistituzionale di Città metropolitana di Bologna e Regione Emilia-Romagna che in questi mesi ha lavorato all’Accordo – l’entità della superficie territoriale già consumata e consumabile per funzioni logistiche, a seguito dell’attuazione dei procedimenti recentemente approvati e avviati, è molto elevata: circa 66 ettari all’anno di nuovo suolo agricolo sono stati consumati per la logistica, che corrispondono a quasi la metà di quello che il Piano Territoriale Metropolitano e la legge urbanistica regionale (la riforma approvata nel 2017 che punta al consumo di suolo a saldo zero, al recupero e alla riqualificazione dell’esistente) concedono per il consumo di suolo fino al 2050. 

Con questo Accordo si vuole dunque, da un lato confermare che la priorità dello sviluppo economico nel territorio metropolitano bolognese è assegnata alle attività produttive e in particolare alla manifattura meccanica e ad alto valore aggiunto. Dall’altro – in piena coerenza con la Carta metropolitana per la logistica etica – si ribadisce il ruolo strategico dell’Interporto di Bologna come la più importante piattaforma logistica intermodale ferro/gomma di rilievo metropolitano, regionale e nazionale, prevedendo che i prossimi insediamenti siano qui localizzati.

L’Interporto è e sarà oggetto di investimenti strategici quali:
– il potenziamento del terminal ferroviario con l’allungamento dei binari
– una totale riorganizzazione dell’accesso sud fino al casello autostradale Bologna Interporto,
– la realizzazione di un nuovo accesso nord (solo per trasporto pubblico e mezzi leggeri).
La piattaforma interportuale – stabilisce l’Accordo – potrà essere ampliata per superficie territoriale e utile, per funzioni logistiche. A tal fine è in corso la redazione di un apposito accordo territoriale che definirà la misura, le caratteristiche e le condizioni del suddetto ampliamento.


A partire dal 12 luglio
 (data della seduta conclusiva del tavolo interistituzionale) non sono dunque più attivabili altri procedimenti per funzioni logistiche, rispetto a quelli già avviati. 

Questo significa che invece di esaurire in 4 anni la quantità di suolo solo per la logistica, avremo a disposizione 250 ettari per 30 anni, fino al 2050, da consumare parsimoniosamente per il nostro tessuto produttivo. Oltre al non aumentare il numero di ettari per nuova logistica, l’accordo produce con effetto immediato per una riduzione di circa 60 ettari, che tornano alla loro originaria funzione agricola. 

Nuovi insediamenti logistici saranno viceversa ammissibili solo se strettamente funzionali al processo di produzione di aziende appartenenti alla filiera produttiva metropolitana (realizzazione di propri magazzini, dedicati generalmente in parte al prodotto finito e in parte allo stoccaggio di materie prime e semilavorati) e potranno insediarsi esclusivamente all’interno del territorio urbanizzato degli ambiti produttivi, privilegiando il riuso e la rigenerazione del patrimonio edilizio produttivo dismesso laddove presente. 

La scelta contenuta nell’Accordo di forte limitazione alla nuova logistica deriva dalla convinzione che “la diversificazione e differenziazione funzionale delle attività produttive sono alla base di uno sviluppo armonico del territorio metropolitano, mentre ciò non avviene se gli investimenti di logistica tendono ad assumere un rilievo maggiore rispetto agli investimenti produttivi”. C’è dunque “la necessità di garantire un adeguato supporto logistico ai processi dell’industria e delle imprese di eccellenza del territorio metropolitano bolognese orientando gli ulteriori insediamenti di logistica unicamente al soddisfacimento delle esigenze delle imprese insediate dell’area metropolitana”. 

I numeri della logistica nel bolognese
Al 2018 il numero di imprese operanti nel settore della Logistica nel territorio metropolitano è pari a circa 2.300, mentre la Superficie Coperta (Utile) è stata stimata in circa 1.600.000 mq.
Sulla base della ricognizione effettuata dalla Città metropolitana, a decorrere dalla data di adozione del PUMS (27 novembre 2018) e sino alla data di conclusione del tavolo interistituzionale (12 luglio 2022), sono stati conclusi una serie di procedimenti urbanistici inerenti alla funzione di logistica specializzata e altri sono stati avviati formalmente e pertanto sono in corso. In particolare:
-I procedimenti approvati dopo l’adozione del PUMS e in corso di realizzazione, corrispondono a circa 103,3 ettari di Superficie Territoriale;
-I procedimenti avviati con atto formale del Comune e formalmente comunicati alla Città metropolitana corrispondono a circa 139,2 ettari di Superficie Territoriale;
-La quantità di superficie territoriale destinata allo sviluppo dell’Interporto è di circa 100/150 ettari, da definire con lo specifico Accordo Territoriale in corso di redazione;

A seguito di detta ricognizione, risulta che il territorio metropolitano utilizzato per questa funzione o di prossimo utilizzo con procedimenti attuativi avviati, sia pari a circa 342,5/392,5 ettari (242,5+100/150), e che il consumo di suolo ai sensi dell’art. 6 della LR 24/2017 risulta pari a circa 202,7/252,7 ettari, attestandosi su quasi la metà del 2% metropolitano (518 ettari) destinato dal PTM allo sviluppo degli insediamenti ritenuti strategici di eccellenza fino al 2050.
A fronte del rischio di un’inadeguata diversificazione e differenziazione funzionale delle attività produttive nel territorio metropolitano, che si ritiene invece debba essere alla base dello sviluppo armonico e della ricchezza del territorio stesso, il nuovo Accordo territoriale varato oggi da Città metropolitana di Bologna e Regione Emilia-Romagna, risulta particolarmente innovativo e sfidante sia sul piano quantitativo che qualitativo.

Sempre la Città metropolitana ha dato l’ok all’Osservatorio metropolitano sul consumo di suolo un nuovo strumento che ha l’obiettivo di monitorare il consumo di suolo (a partire dal 1955 ad oggi) ai fini della pianificazione territoriale.

Tratto da qui.

]]>
Passante di Bologna: c’è chi dice no http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/12/passante-di-bologna-ce-chi-dice-no/ Thu, 30 Dec 2021 08:25:43 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=15029 di Pasquale Pagano.

Dopo una seduta fiume cominciata alle 13 e finita all’1.15 della notte è arrivato il via libera del Consiglio Comunale di Bologna, 25 voti favorevoli e 12 contrari, alla delibera di conformità urbanistica che apre all’ allargamento in sede del sistema tangenziale-autostrada ovvero il Passante di Mezzo. Esultano il Sindaco e Coalizione Civica. I Verdi votano contro, la rete delle lotte ambientali non ci sta, convoca per il 16 gennaio 2022 una biciclettata e promette azioni di disobbedienza civile…

Premessa

Sebbene io sia interessato direttamente dalla vicenda, in quanto cittadino attivo e membro di Extinction Rebellion Bologna, una delle sigle presenti nella rete delle lotte ambientali bolognesi, in questo articolo proverò a svestire i panni dell’attivista deluso dal voto di ieri e ad analizzare lucidamente alcuni punti, nella speranza di alimentare il dibattito con una voce diversa, perché se è vero che la delibera di ieri è l’antipasto ai cantieri, non significa che non ci sia ancora la possibilità di mettere in discussione l’opera.

I fatti

La delibera si inserisce nel quadro complesso della conferenza dei servizi che vede al tavolo Regione, Società Autostrade, Comuni interessati dall’opera e lo Stato. La delibera di ieri esprime il parere positivo del Comune all’infrastruttura, dopo le integrazioni fatte dallo stesso Comune, successivamente all’accordo di governo pre-elettorale. Se non ci saranno altre richieste nella seduta della conferenza prevista per il 18 gennaio 2022, i cantieri partiranno- assicura il Sindaco- già a settembre 2022. La fine prevista è il 2027.

L’opera oggi consta di 12 corsie ed emette, si stima, il 40% di CO2 dell’intera città. Con l’allargamento a 18 corsie l’opera sarà responsabile del 50% delle emissioni, in quanto è previsto un incremento di circa 600 mila veicoli annui (numeri derivanti dallo Studio di Impatto Ambientale di ASPI).

Quanto impatta l’opera sulla salute dei cittadini? Quanto emette in termini di agenti inquinanti l’opera? A queste domande non c’è una risposta. Non esistono centraline che rilevano i livelli di inquinanti- tra l’altro previste nell’ultimo progetto di allargamento del 2008- e mai, nel corso degli anni, è stata effettuata un’indagine epidemiologica.

Proprio per questo nel 2016 in concomitanza con il nuovo accordo tra Comune, Aspi e Ministero , che riproponeva l’allargamento, è nata Aria Pesa, una campagna di rilevamenti dal basso di cittadini residenti a ridosso dell’opera. I dati dei rilevamenti sono disponibili qui.

Opposizione e effetto tappo

In questa nuova legislatura, con Coalizione Civica al governo, l’opposizione all’opera è rimasta in mano alle destre. All’opposizione, dal 2004 a oggi, si è spesso trovata la destra estrema e la sinistra dei movimenti. Proprio la sinistra dei movimenti rappresentata da Coalizione Civica, insieme alla fuoriuscita dei 5s Dora Palumbo (ora coordinatrice di Sinistra Unita) e i consiglieri 5 stelle sono stati protagonisti di una strenua opposizione nel merito dell’opera nello scorso mandato, con un netto no, sostenendo le tesi dei movimenti confluiti nella rete delle lotte ambientali, ovvero:

1) in emergenza climatica ed ecologica non si allargano strade che incentivano il trasporto su gomma;

2) la salute dei cittadini è sacra e dunque prima di ogni ipotesi di allagamento bisogna capire l’impatto dell’opera;

3) per disincentivare l’utilizzo dell’auto privata, bisogna investire sul trasporto pubblico locale, implementando il servizio ferroviario metropolitano.

Invece, per le destre il problema non era l’allargamento in sé, ma l’allargamento in loco. Infatti negli anni hanno più volte sostenuto l’idea di un Passante a sud di Bologna (perforando i colli, sic).

L’ingresso di Coalizione Civica nel governo della città e in Consiglio (2 consiglieri su 3 hanno animato per anni la rete delle lotte e i movimenti ambientalisti) ha creato un effetto tappo delle istanze sollevate dal basso, neutralizzando l’opposizione nel merito e alimentando l’opposizione strumentale a colpi di emendamenti. Ieri ne ho contati più di un centinaio.

Con Dora Palumbo non eletta al Consiglio e i 5s con un solo consigliere, anche lui in maggioranza, è chiaro che chi animava l’opposizione nello scorso mandato, oggi ha il difficile ruolo di governare con chi quest’opera l’ha sostenuta sin dal 2016 – alcuni anche da prima.

E così, le richieste base della rete delle lotte ambientali – moratoria di un anno per permettere un’indagine epidemiologica, assemblee cittadine per discutere con la cittadinanza dell’opera – sono state per forza di cose silenziate, in quanto non presenti nell’accordo pre elettorale, che visto il peso -decisivo ma pur sempre minoritario di Coalizione Civica- non includeva le succitate richieste in quanto giudicate troppo radicali.

Così ieri abbiamo assistito a un ribaltamento della realtà: la sinistra compatta, se si esclude il niet del consigliere dei Verdi, a favore dei cantieri e le destre sugli scudi, contro l’opera. Nel lunghissimo dibattito non si è mai entrato nel merito delle mitigazioni presenti nell’accordo e i consiglieri di Coalizione Civica hanno riservato frecciatine sia alla strumentale opposizione delle destre, ma anche alla rete delle lotte ambientali, senza mai citarla chiaramente. Un corto circuito paradossale, soprattutto se si pensa al ruolo di collegamento tra la cittadinanza attiva e le istituzioni che Coalizione Civica ha avuto nel precedente mandato. Solo per citare due esempi: la dichiarazione d’emergenza climatica ed ecologica e la modifica dello Statuto comunale per inserire le assemblee cittadine, entrambe richieste portate avanti da Extinction Rebellion Bologna con due scioperi della fame.

Metodo

In questi giorni sono apparsi moltissimi articoli che snocciolano i numeri dell’accordo di governo e altri che li confutano. Io non entro nel merito perché per me c’è una questione pregiudiziale: non si può -al di là del posizionamento politico- allargare un’autostrada senza sapere prima quanto ha impattato sulla salute dei cittadini e senza stime di aumento o diminuzione degli inquinanti.

Viviamo nel bacino più inquinato d’Europa. Bologna ogni inverno sfora per moltissimi giorni i limiti di legge di pm10 e pm 2.5. Il sistema tangenziale-autostrada a ridosso della città esiste dagli anni ‘60; è dunque più che logico pensare che parte dello sforamento costante derivi dai milioni di veicoli in transito ogni anno sul Passante. Questa pregiudiziale non è mai stata affrontata davvero, sebbene la richiesta di un’indagine epidemiologica arrivi da tempo immemore. Anche su questo punto c’è stata bagarre e vi è confusione, in quanto l’indagine che la rete chiede è a monte, da fare hic et nunc. Non durante i cantieri, non dopo l’allargamento. Insomma è come se un cardiopatico decidesse di percorrere la maratona di New York, senza previ controlli, ma con al polso un misuratore di battiti; immaginate come andrebbe a finire.

Un’altra nota di metodo riguarda il coinvolgimento della cittadinanza. Nel 2016 ci fu un percorso partecipato finanziato da Autostrade che si risolse in nulla, più volte criticato dal Prof Lewanski, uno dei massimi studiosi di democrazia partecipativa. Dopo quel processo, nessun altro coinvolgimento se non qualche incontro a porte chiuse, che non ha avuto alcuna rilevanza. In una democrazia che funziona, soprattutto per opere strategiche, il reale coinvolgimento dei cittadini è imprescindibile. Diversamente ci ritroveremo ad essere sudditi, a ricevere provvedimenti calati dall’alto, che però impattano enormemente sulle nostre vite. Ma i cittadini, soprattutto a Bologna, hanno storicamente dimostrato di poter governare insieme alle istituzioni.

A luglio sono state recepite all’interno dello Statuto Comunale le assemblee cittadine. Emily Clancy, esponente di Coalizione Civica e Vice Sindaca, ha la delega alle assemblee cittadine. Rimane un mistero il perché non si è deciso di convocare un’assemblea cittadina sulla mobilità, magari approfittando della candidatura di Bologna tra le cento città carbon neutral entro il 2030. Questo, a mio parere, avrebbe indicato la reale volontà di invertire la rotta e diventare davvero la città più progressista d’Italia

Greenwashing

Questo è l’ultimo punto della mia analisi e anche il più doloroso. Infatti, ho scelto Bologna per il suo fermento, per la capacità di essere all’avanguardia nei momenti cruciali del Paese, per la capacità di dare voce ai cambiamenti dal basso. Ho scelto di vivere ed essere attivo a Bologna perché credo che sia la città più progressista d’Italia.

Un dato di fatto, che nel corso dell’ultimo anno è diventato un vuoto slogan da campagna elettorale che, come dimostra la vicenda del Passante, può essere riempito da qualsiasi cosa, anche da provvedimenti che ci portano indietro agli anni ’60.

E’ stato difficile ascoltare che il Passante di Mezzo, che per l’occasione è stato definito di nuova generazione, rappresenti un simbolo della transizione ecologica nazionale. Transizione ecologica significa passare da un sistema economico altamente emittente ad uno non emittente. Tant’è vero che il termine è usato anche per designare il passaggio da un sistema energetico basato sul fossile ad uno basato sulle rinnovabili, che emettono zero. Adesso, per le stesse ammissioni del Sindaco il Passante ad oggi emette il 40% di CO2; in futuro anche con tutte le mitigazioni continuerà a produrre CO2. Come può un’infrastruttura emittente essere simbolo della transizione? E se questo è il simbolo della transizione ecologica, quali saranno gli altri provvedimenti? Regalare una tanica di benzina ad ogni famiglia da bruciare ad ogni felice ricorrenza?

Come può un’amministrazione sedicente progressista evitare il confronto costruttivo con la cittadinanza?

Spiace dirlo, ma allargare un’autostda e compensare parte delle emissioni con mitigazioni- ancora tutte da approvare- è mero greenwashing. Bologna e i Bblognesi non meritano questa mistificazione della realtà.

Non ci resta che scendere in piazza

Sebbene quello di stanotte sia un voto decisivo, la partita dell’allargamento è ancora aperta. C’è ancora molto da discutere, ci sono punti che non sono mai stati toccati dal dibattito sul Passante. Temi che se sviscerati con calma restituirebbero l’illogicità di una scelta del genere. Non è il momento di rimanere neutrali. Come diceva Desmond Tutu: “Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore”. Quella del Passante di nuova generazione, così posta è un’ingiustizia. Non ci rimane che scendere in strada e vincere in extremis una partita che non è ancora chiusa. Il 16 gennaio 2022 alle ore 14 da piazza dell’Unità partirà una biciclettata rumorosa.

Ci vediamo in strada.

Tratto da: https://www.pressenza.com/it/2021/12/passante-di-bologna-ce-chi-dice-no/

]]>
Il buio oltre la siepe, dal sonno della pianificazione alla città sprecata http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/11/il-buio-oltre-la-siepe-dal-sonno-della-pianificazione-alla-citta-sprecata/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/11/il-buio-oltre-la-siepe-dal-sonno-della-pianificazione-alla-citta-sprecata/#comments Tue, 13 Nov 2018 18:05:27 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12396

L’Istruttoria Pubblica sui Prati di Caprara e la politica urbanistica di Bologna.

di Paola Bonora.

I Prati di Caprara sono una grande area (45,7 ha) a ovest del centro storico di Bologna a poca distanza dalle mura, interclusa tra le espansioni urbane novecentesche, l’Ospedale Maggiore e i fasci di binari che portano alla stazione centrale e all’ex scalo ferroviario Ravone.
Dismessa da decenni dopo aver conosciuto utilizzi diversi e come ultimo quello militare, si presenta rinaturalizzata in un rigoglioso bosco spontaneo scrigno di biodiversità, che può costituire un prezioso polmone ecosistemico per l’intera città, ma che l’Amministrazione comunale, dopo molte promesse di trasformazione in parco pubblico, ha inserito in un piano di valorizzazione immobiliare.

Nell’immagine sottostante (tratta dal Poc – esecutivo dal 6/4/2016 con validità quinquennale) si notano in blu il posizionamento centrale e l’ampiezza dell’insieme di aree che costituiscono i Prati di Caprara e l’ex scalo Ravone. Una porzione importante di territorio a ridosso delle mura, in cui il Comune vuole edificare un nuovo quartiere (1.100 abitazioni ai Prati e circa 800 al Ravone).

L’area dei Prati di Caprara è attualmente di proprietà di INVIMIT, Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A., società a capitale pubblico emanazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze con “ruolo di cerniera tra i soggetti pubblici proprietari di ingenti patrimoni immobiliari e il mercato” (da http://www.invimit.it). L’area Ravone è di proprietà delle Ferrovie dello Stato che la sta proponendo in vendita attraverso Invest in Italy https://www.investinitalyrealestate.com/it/property/bologna-ravone/

Il Comune di Bologna, contro l’opinione di migliaia di cittadini attivi, attraverso il Poc ha posto le basi della cementificazione di un bene straordinario che abbandono e natura hanno donato alla città.
Oltre alla grande quantità di abitativo previsto, ingiustificata in una situazione di esubero di offerta immobiliare, nell’area sono previsti una scuola, anch’essa poco sensata in una fase di rovesciamento delle piramidi di età e che in ogni modo avrebbe potuto essere allocata in un edificio dismesso, attualizzando il mantra del riuso di cui tanto si discorre.
Un’occasione irripetibile che viene piegata alla “densificazione”, a dispetto delle preoccupazioni ambientali e climatiche, che stanno alla base delle esperienze europee e delle raccomandazioni nazionali “per la promozione di foreste urbane e periurbane” (in Strategia nazionale del verde urbano, Ministero dell’ambiente, maggio 2018).
Intanto sono stati realizzati i lavori di sbancamento dell’area destinata alla scuola, un panorama raccapricciante.

I cittadini protestano da lungo tempo in maniera vivace e costruttiva: nel sito https://rigenerazionenospeculazione.wordpress.com/ sono disponibili documenti informativi utili e fondati; nella pagina https://www.facebook.com/Rigenerazionenospeculazione/ gli eventi (spettacoli, performance, passeggiate, ecc.) e immagini.

foto dal sito del Comitato RigenerazioneNoSpeculazione

Il Comitato rigenerazione no speculazione ha raccolto più di 7.000 firme a favore del mantenimento del bosco; ha promosso #parteciPrati, un Forum civico di progettazione partecipata autogestito, supportato da esperti e garanti; resoconti e materiali scientifici qui;  tra cui il “Manifesto”  un documento di grande spessore scientifico.
Ha raccolto più di 2.500 firme certificate con la richiesta di Istruttoria pubblica che si è svolta tra il 7 e il 10 novembre.

In cui l’Amministrazione, pur davanti a una partecipazione civica straordinaria, rimane ostinatamente ancorata a un’idea di crescita superata e contraddittoria. Un’idea sconfitta da una crisi dilaniante che ha mostrato la fatalità di un ciclo economico che, ribaltato il rapporto tra domanda e offerta in un’euforica quanto esiziale bolla speculativa, ha seminato nel territorio urbano inutili costruzioni ora abbandonate. Ma la dura lezione della crisi, l’esubero di costruzioni, l’abbattimento dei valori immobiliari, la rovina di lavoratori, famiglie e imprese, non sono bastati ai nostri amministratori, che rimangono pervicacemente convinti che la via allo sviluppo debba passare attraverso nuove edificazioni.

Le dichiarazioni ridondanti sulla limitazione del consumo di suolo smentite da scelte che vanno in direzione opposta (ma ben conoscendo il valore fondiario di un’area strategica a ridosso del centro città), in una paradossale comparazione tra suolo agricolo, che in questo modo verrebbe protetto, e suolo dismesso che, benché ricoperto da un bosco lussureggiante, viene trattato al pari di una discarica, con speciosi allarmi su inquinanti ed eventuali residuati bellici; bonificabili in tutt’altro modo che sbancando, come hanno chiarito con competenza specialistica i consulenti scientifici del Comitato nel corso dell’Istruttoria.

Una schizofrenia che i cittadini non intendono più sopportare, ne va del benessere e della qualità della vita.

Una città che spreca le proprie risorse, quelle naturali come quelle economiche. Mentre ben artate campagne comunicative urlano la carenza di alloggi per studenti, additano gli affitti turistici – colpevoli per ora solo dell’arte di arrangiarsi – e giustificano la costruzione di mastodontici “studentati” che in realtà sono alberghi, nessuno si preoccupa del reale disagio abitativo, risolto poliziescamente con sfratti e sgomberi, uniche politiche dell’abitare praticate.
Non si parla invece delle migliaia di abitazioni che risultano vuote, 28.091 all’ultimo censimento nel solo comune di Bologna, una media di 1,3 abitazioni per famiglia su base regionale.
E delle centinaia di interi edifici, privati e pubblici – tra questi molte scuole – abbandonati al degrado, che un’inchiesta ha localizzato e fotografato – una campionatura realizzata, in modo volontario senza alcun finanziamento o sostegno, dall’Arch. Piergiorgio Rocchi, che l’ha tradotta in una mappa georeferenziata consultabile in http://www.coalizionecivica.it/mappare-territorio-vuoti-urbani-bologna/.
Non si discute neppure dei grandi contenitori superiori ai 1.500 mq abbandonati o incompiuti che Nomisma ha segnalato e che potrebbero essere rifunzionalizzati anziché aggiungere ulteriori scheletri al panorama degli sprechi.

Non dovremmo essere paladini del riuso, come la retorica politica non fa che ripeterci?

Cifre e situazioni impensabili a fronte dell’irrefrenabile voglia di costruire nei Prati dell’amministrazione comunale. Che preferisce spendere le proprie energie nel diniego sussiegoso delle volontà civili con vertiginose arrampicate sugli specchi dei dati del fabbisogno scolastico e della bonifica, anziché cercare soluzioni, modi e strumenti di incentivazione/disincentivazione per reimmettere nel circuito vitale edifici abbandonati e residenze disabitate, far emergere l’evasione degli affitti in nero, calmierare il mercato e così offrire una casa a chi ne ha realmente bisogno.

Questa sarebbe una giusta politica dell’abitare e una lungimirante visione urbanistica: censire edifici e residenze inutilizzati, ristrutturare, risanare, riconvertire, riqualificare, salvare l’ambiente, rispettare i cittadini.

]]>
http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/11/il-buio-oltre-la-siepe-dal-sonno-della-pianificazione-alla-citta-sprecata/feed/ 2