mobilità – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Sat, 13 Oct 2018 20:10:29 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg mobilità – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Pianificare la mobilità non è un sondaggio via social http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/10/pianificare-la-mobilita-non-e-un-sondaggio-via-social/ Sat, 13 Oct 2018 20:03:45 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=12304 di Nadia Conti, Portavoce Comitato No Aeroporto di Campi Bisenzio

In questi giorni con scadenza prossima è stato pubblicato da Muoversi in Toscana, canale ufficiale della mobilità in Toscana, un sondaggio proposto ovviamente da chi pensa di strumentalizzare numeri e percentuali a fini esclusivamente comunicativi.
Riteniamo estremamente inopportuno un sondaggio da parte di un media istituzionale su un social. La sua unica funzione non può altro essere la divisione. Ci stupisce sia stato elaborato da un’agenzia che rappresenta nei social l’Area Metropolitana e la Regione Toscana se pur nella Mobilità.

Noi del Comitato No Aeroporto siamo abituali utilizzatori dei social, il nostro Comitato si è creato proprio attraverso questo strumento e per questo conosciamo il linguaggio di alcune persone, riteniamo troll, che usano questo strumento come una “clava” pensando di essere degli Dei virtuali vendicatori e protetti da un cellulare o da uno schermo del computer.
Fra di loro personaggi con profili non reali che –li riconosciamo a volte sì a volte no – cercano in ogni modo di farci apparire o appartenenti a lobby di potere – che non sosteniamo – o persone dai pensieri radicali e conservatori – che non abbiamo. Anzi riteniamo che il futuro passi dalla tutela della terra tutta e dei suoi abitanti ed è questa la principale motivazione per cui ci opponiamo a far continuare ad essere la Piana una delle aeree più inquinate della Toscana e dell’Italia, come ci viene evidenziato anche dai dati del 2018 dall’Organizzazione Mondiale della Salute.

Speriamo che i cittadini di Campi Bisenzio condividano con noi lo stupore che un media o social istituzionale possa trattare la politica territoriale a sondaggio non regolamentato e che fa dubitare che lo stesso si voglia utilizzare come strumento civetta per la verifica di zone di consenso per azioni successive, ovviamente all’insegna di una partecipazione falsa e strumentale.

Speriamo che, con noi, altri si pongano domande e chiedano risposte.

MUOVERSI IN TOSCANA CANALE UFFICIALE DELLA MOBILITA’ IN TOSCANA
Agenzia media/stampa · Servizi pubblici e governativi.
Canale ufficiale della mobilità in Toscana promosso da Regione Toscana e Città Metropolitana di Firenze, a cura di Fondazione Sistema Toscana e Florence Multimedia.
Social Media Policy: https://goo.gl/ujpMYV

 

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Metro C: petizione per bloccare il folle progetto della linea S.Giovanni-Colosseo http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2013/07/metro-c-petizione-per-bloccare-il-folle-progetto-della-linea-s-giovanni-colosseo/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2013/07/metro-c-petizione-per-bloccare-il-folle-progetto-della-linea-s-giovanni-colosseo/#comments Mon, 29 Jul 2013 22:31:01 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=8293 20130725_MetroC
Foto gruppo Facebook Movimento 5 Stelle “Fuori dai Fori”

Incontro in Comune con esponenti romani del Movimento 5 Stelle che hanno lanciato una petizione per la sospensione dei lavori nella tratta T3 della Metro C.

Unanime il giudizio delle associazioni presenti, da Italia Nostra al Forum Salviamo il Paesaggio fino a Progetto Celio e Comitato Porta Asinaria: “Fermare lo scempio, le alternative ci sono”. La denuncia di Codici: “18 aziende al lavoro per la linea C monitorate dalla Dia per infiltrazioni mafiose”.

Un elefante in una cristalleria, il cui passaggio porterà verosimilmente effetti collaterali indesiderati che ricadranno, oltreché sul centro storico di Roma patrimonio dell’umanità, anche sulle spalle e sul portafogli dei cittadini. E in parte, tutto ciò, sta già accadendo. La tratta della nuova Metro C della Capitale, da S.Giovanni a Colosseo, più che un sogno rischia di essere un incubo per la città e i suoi abitanti. Su questi temi si è tenuto l’incontro del 17 luglio, presso i locali del Comune all’ombra del teatro Quirino, organizzato dai rappresentanti istituzionali romani del Movimento 5 Stelle alla presenza di diverse sigle associative, da Italia Nostra al Forum Salviamo il Paesaggio, fino a Progetto Celio e Comitato Porta Asinaria, e nel corso del quale è stata lanciata la petizione che chiede la sospensione dei lavori nell’area Via Fori Imperiali-Colosseo.

Che la situazione relativa ai lavori della Metro C non fosse precisamente rosea se n’erano accorti pochi giorni prima anche il neo assessore alla Mobilità di Roma Guido Improta, resosi conto degli enormi ritardi nella realizzazione dell’opera, e il neo sindaco Ignazio Marino, che si era detto “molto preoccupato per la tratta S.Giovanni – Colosseo”. Intanto però, nell’attesa di fugare i dubbi che gravano sull’opera e avere le idee più chiare sul da farsi, si voleva procedere all’abbattimento di 89 alberi secolari lungo il percorso della T3 per far posto a un cantiere che, forse, non aprirà mai. Eccidio sventato, per ora, con un meritorio blitz di associazioni e cittadini, tra cui gli esponenti di Respiro Verde-Legalberi.

Un progetto, quello della metro C, nato 20 anni fa come perno di quella “cura del ferro” che avrebbe dovuto rappresentare la rivoluzione copernicana della mobilità a Roma. Già nel 2003, però, le prime perplessità da parte della Soprintendenza Speciale ai beni archeologici di Roma, che metteva sull’avviso per i rischi che minacciavano l’inestimabile tesoro storico della Capitale, patrimonio Unesco. “10 anni e 3 miliardi e mezzo di euro dopo”, si legge nel testo della petizione presentata dai 5 stelle, “nessuna tratta è ancora operativa, il Contraente Generale, cioè il raggruppamento di imprese che sta effettuando il lavoro per conto dello Stato, sta ultimando la linea tra Pantano e Centocelle e la tratta che arriva a San Giovanni. Ma tra San Giovanni e il Colosseo, tutto è ancora da fare”.

Ed è qui il problema. Se da Pantano a S.Giovanni, pur con enormi ritardi e slittamenti, la linea è quasi finita, il tratto successivo è un’incognita sotto ogni punto di vista, anche economico. “Sono cambiati profondamente”, si legge nella relazione presentata dall’associazione Progetto Celio e dal Comitato Porta Asinaria, “i dati del progetto iniziale, le condizioni di contorno, le tecnologie operative, le localizzazioni delle stazioni, mentre sono aumentati a dismisura i costi. Ma si continua ad andare avanti come se niente di nuovo fosse accaduto e per giunta si continua ad andare avanti con una V.I.A., valutazione impatto ambientale, del 2003, che parla di un’altra metro C. In effetti la V.I.A. del 2003 parla di un tracciato che prevede le stazioni Tor di Quinto, Vigna Clara, Farnesina, Auditorium, Vignola, prima di approdare a Clodio-Mazzini. E per di più prevede, dopo Ottaviano, le stazioni Risorgimento, San Pietro, Chiesa Nuova, Argentina. Ebbene, tutte queste stazioni non ci sono più”.

I punti di domanda riguardano, oltreché la stazione Venezia, in forse per motivi archeologici, soprattutto il numero e la sostanza delle prescrizioni imposte dalla Soprintendenza per l’avvio dei lavori nella tratta T3 (quella appunto tra S. Giovanni e il Colosseo)” aggiungono gli esponenti 5 Stelle, che “sono tali da far emergere serie problematiche”. Tra queste “lo scavo archeologico, cioè lo scavo a mano, con piccone e martello e l’obbligo di presentare un nuovo progetto da far approvare alla Soprintendenza nel caso di ritrovamenti (con il rischio altissimo di dover sospendere definitivamente i lavori lasciando l’area compromessa per decenni)”.

Insomma, ci sarebbero tutte le condizioni per una nuova V.I.A., in tutti i sensi. Anche perché non ci sono solo le forti perplessità della Soprintendenza Speciale, secondo la quale “al progetto risulta totalmente estraneo qualunque intento di riqualificazione e valorizzazione del tessuto storico urbano con particolare riferimento alle Mura Aureliane lungo le vie Sannio e Ipponio e all’area archeologica centrale (Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, Prot. 32804 del 18/10/2002 e N. 7366 del 22/10/2009)”, ma anche quelle di altri organismi competenti.

“Il lavoro fin qui svolto secondo la Corte dei Conti (Delibere 21/2011/G e 18/12/G)”, si legge nel testo della petizione lanciata dal M5S, “è stato caratterizzato da carenze, ritardi, aumento dei costi. La prima stazione attiva è prevista per il 2015 (S. Giovanni), per il Colosseo ci sarà da aspettare il 2020 (sempre al netto di ritrovamenti importanti); per l’ultima tratta, quella fino a piazzale Clodio, non ci sono né date, né previsioni, né costi. Il tutto è sospeso, lo dice anche Roma Metropolitane nel suo bilancio, in attesa delle determinazioni dell’Amministrazione Capitolina e del Cipe”.

Il dolente capitolo costi viene affrontato anche nella relazione di Progetto Celio: “La previsione di spesa per l’intero percorso fondamentale Pantano-Clodio, che è solo parte dell’intera opera, è pari a 3379 milioni per 25,5 Km. Ma questa cifra è destinata a superare i 5 miliardi per una serie di costi aggiuntivi probabili e prevedibili dei quali abbiamo la documentazione che abbiamo prodotto ai livelli istituzionali più alti. I soldi dopo il Colosseo ancora non ci sono, né è dato sapere con sicurezza dove ed in quali tempi potrà arrivare la linea C, con quali altre linee del trasporto pubblico si incontrerà, quante e quali stazioni avrà. E allora come si fa ad aprire i cantieri in zone delicatissime dal punto di vista paesistico, archeologico, idro-geologico senza sapere dove, come e quando si andrà avanti? E con quali soldi?”

Ricapitolando: impatto ambientale devastante dell’opera sul centro storico di una delle città più belle e delicate al mondo, stando peraltro a valutazioni di 10 anni fa su un progetto che nel frattempo è cambiato radicalmente; costi folli, in continuo aumento e zero possibilità di previsione; scarso controllo operato da Metro C sui cantieri, come denunciato dall’Alta Sorveglianza sulla sicurezza di Roma Metropolitane e, dulcis in fundo, la denuncia di Codici, associazione per i diritti dei consumatori, sulle infiltrazioni mafiose che riguarderebbero 18 imprese al lavoro per la Metro C.

Le alternative a questo scempio del centro di Roma e delle finanze dello Stato e dei cittadini, peraltro, non mancano e sono presentate in maniera dettagliata: “La variante di percorso della tratta T3 della Metro C che noi proponiamo”, aggiungono da Progetto Celio e Porta Asinaria, “consiste nel proseguire, dopo la stazione di San Giovanni, verso Piramide-Stazione Ostiense. Il Terminal di Piramide-Ostiense potrebbe essere il vero nodo di scambio intermodale e di destinazione. Qui potrebbe partire una linea di tram su sede propria che assicuri, attraverso via Marmorata-Emporio-Lungotevere, il raggiungimento della zona nord di Roma lambendo il centro storico che sarebbe penetrato da bus elettrici leggeri e non da devastanti stazioni della metro a 50 metri di profondità.

Il tram andrebbe nei due sensi da Ostiense-San Paolo, via Marmorata, Piazza dell’Emporio, Lungotevere fino a Tor di Quinto o, almeno, fino alle Belle Arti. Le due linee del tram di Lungotevere potrebbero stare entrambe sulla riva idraulica sinistra o potrebbero percorrere ad anello i due Lungotevere, con eliminazione del traffico automobilistico privato, esclusi i residenti ed i mezzi di soccorso o di servizio, che sarebbe dirottato verso il percorso dell’Anello Olimpico già ventilato dal Piano della Mobilità Sostenibile del Comune di Roma”.

Idee diverse che potrebbero essere prese in esame, prima di procedere a realizzare progetti potenzialmente letali per Roma. La Città Eterna merita almeno un momento di riflessione.

Marco Bombagi
www.salviamoilpaesaggio.roma.it

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Dalla crisi non si esce in autostrada! http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2012/07/dalla-crisi-non-si-esce-in-autostrada/ Thu, 12 Jul 2012 20:00:24 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=5646

Ha cominciato ‘il sole 24 ore’, seguito da ‘Repubblica’ e poi dal ‘Corriere’, con un serrato dossier sul discutibile senso delle autostrade lombarde di imminente o futura costruzione.

Dopo anni di silenzio e condiscendenza, i media generalisti stanno somministrando al vasto pubblico (finalmente, viene da dire) una informazione problematica sull’opportunità dei colossali investimenti autostradali lombardi.

Sono arrivati da buoni ultimi, non solo rispetto agli ambientalisti (che queste scelte contestano da almeno un quindicennio!) ma anche rispetto alle banche, che – accortesi della scarsa remuneratività dell’investimento – fino ad oggi non hanno firmato un solo contratto di finanziamento di quelle che avrebbero dovuto essere le ‘autostrade pagate dai privati’.

I dubbi? gli stessi che solleviamo, solo molto intempestivi.

Si scopre che le autostrade non daranno ciò che hanno promesso, perchè i progetti non sono realizzati in base ad una programmazione dei bisogni (emblematico il caso della BreBeMi, progettata per risolvere la congestione della A4 Milano-Brescia, prima che la realizzazione della quarta corsia risolvesse il problema), perchè sono troppo costose, perchè il gigantismo non paga, come nel caso della Pedemontana, opera da cinque miliardi, che dovrebbe affrontare il serio problema di congestione della Brianza che, però, avrebbe richiesto opere per la mobilità point to point, non una gigantesca autostrada di attraversamento, di cui ben pochi saranno disposti a pagare il pedaggio, magari per spostamenti di 3-4 chilometri.

Per giustificare queste opere si sono sprecate citazioni keynesiane (in tempo di crisi va bene anche fare buchi solo per riempirli, diceva lui… ma potendo scegliere non è meglio fare buchi utili, chessò, per sistemare le fogne?).

E poi ci si è messa anche la sorte cinica e bara, che – tra crisi e aumento dei carburanti – ha fatto calare i flussi di traffico sulle autostrade anche di oltre il 10%… con conseguente tracollo di incassi per le società concessionarie autostradali. Che vedono buio, buissimo.

Ma, domanda delle domande, quale sarà la mobilità del futuro? Giustificherà grandi investimenti autostradali?

Ovvio che non lo sappiamo, ma siamo sicuri che le previsioni poste a base delle progettazioni e dei piani finanziari del project financing (costante incremento traffico del 1,5-2% annuo come dato tendenziale) sono tutte sbagliate. Dopo questo periodo nero, che tutti ci auguriamo finisca al più presto, il traffico riprenderà ad aumentare e recupererà i volumi perduti? Forse, ma forse no. E sarebbe meglio di no, anzi, invertire la curva di aumento del traffico dovrebbe essere una assoluta priorità, non solo per ragioni di sostenibilità ambientale.

Ormai è chiarissimo che l’aumento dell’efficienza dei trasporti (meno spostamenti di mezzi e meno costi energetici a parità di movimenti utili) è una prestazione necessaria al sistema per essere competitivo, in particolare in Italia, perchè l’Italia è il paese con il più alto tasso di motorizzazione d’Europa, l’Italia è il paese con i più bassi livelli di reddito medio tra i ‘grandi’, la mobilità è la principale voce di costo per le famiglie (1,4 auto a famiglia significano mediamente una spesa di 7000 euro/anno, solo per il possesso e l’uso dell’auto privata, più i costi del trasporto merci ‘incorporati’ nel paniere degli acquisti familiari).

E allora (e su questo siamo in totale disaccordo con le valutazioni economiche del professor Marco Ponti, riprese dal Corriere) ridurre il tasso di motorizzazione è una misura di sviluppo, perchè libera quote rilevanti di reddito aumentando il potere d’acquisto delle famiglie.

Questo nessun economista finora lo ha detto, ma è un dato oggettivo che va riconosciuto.

Del resto sono molti quelli che hanno dovuto riconoscere l’incapacità degli economisti di leggere i fenomeni (vedi Lehman Brothers) un momento prima che esplodano le crisi. Perchè gli economisti non hanno il senso del limite (la scienza economica invece ce l’ha). E questo spiega anche perchè invece gli ambientalisti, sul lungo periodo, magari con meno strumenti di analisi, ci hanno preso. Allora ci proviamo anche questa volta a fare una previsione.

Noi diciamo che investire in nuove autostrade (che servono ad aumentare la capacità stradale, necessaria ad accogliere nuovi flussi di traffico) equivale a sprecare risorse.

Questo perchè il costo della mobilità (per le famiglie, per le imprese) non potrà diminuire, in quanto i costi dell’energia sono ineluttabilmente destinati ad aumentare. Ha ragione Ponti ad esigere una mobilità collettiva maggiormente cost-effective, ma questa valutazione va integrata in un quadro in cui la mobilità collettiva diventa strumento di emancipazione delle famiglie da un intollerabile costo della motorizzazione privata: passare da 1,5 a 1 auto per famiglia (o anche meno) è una conquista ambientale, economica e sociale, ma si può fare senza sacrifici solo se esiste un’offerta competitiva.

Per questo la priorità NON è aumentare la capacità della rete stradale, ma mantenere la capacità attuale in condizioni di piena efficienza. E, contestualmente, aumentare l’offerta e l’efficienza della mobilità collettiva.

Dunque… NO TEM (e idem per Brebemi, Pedemontana, Broni-Mortara, Cremona-Mantova, Treviglio-Bergamo…) non è una battaglia recessiva, ma contiene una chiara visione di sviluppo e di benessere.

Legambiente Lombardia

 

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