urbanistica – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog Forum italiano dei movimenti per la difesa del paesaggio e lo stop al consumo di suolo Sun, 07 Mar 2021 22:12:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.2.6 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/wp-content/uploads/2011/08/cropped-logo_salviamoilpaesaggio-32x32.jpg urbanistica – www.salviamoilpaesaggio.it http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog 32 32 Proposta di Legge regionale n° 125/2020 Piemonte: burocrazia snella non significa deregulation! http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/02/proposta-di-legge-regionale-n-125-2020-piemonte-burocrazia-snella-non-significa-deregulation/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/02/proposta-di-legge-regionale-n-125-2020-piemonte-burocrazia-snella-non-significa-deregulation/#comments Thu, 11 Feb 2021 21:35:32 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=14311 A cura del Coordinamento piemontese del Forum Salviamo il Paesaggio.

La Regione Piemonte tenta ancora una volta di ridurre e azzerare la partecipazione dei cittadini e il ruolo dei Comuni e dei Consigli comunali nella necessaria mediazione fra Piano Regolatore e richieste dei privati per garantire l’ “utilità sociale”. Lo evidenziano le Osservazioni del Forum Salviamo il Paesaggio…

Esattamente un anno fa il Coordinamento Piemontese del Forum Salviamo il Paesaggio esprimeva pubblicamente le sue considerazioni critiche rispetto a una Proposta di legge (n. 70 del 19/12/2019) attraverso la quale la Regione Piemonte si proponeva di modificare diverse norme vigenti in materia urbanistica, con l’intento dichiarato di rendere più snelli i processi della sua stessa burocrazia. Ma che viceversa, a parere del Forum, mascheravano il vero intento dell’Amministrazione regionale: ridurre e far scomparire quasi completamente il ruolo dei Comuni e dei Consigli comunali, oggi investiti della funzione di mediazione fra il Piano Regolatore e le richieste dei privati secondo un criterio di “utilità sociale”.

Tale malcelata intenzione la ritroviamo puntualmente ora nella Proposta di Legge regionale n. 125 presentata il 16/12/2020 “Norme di semplificazione in materia urbanistica ed edilizia”, che ripropone in larga misura lo stesso filo logico già utilizzato dall’amministrazione regionale per cucinare un piatto difficile da digerire e dagli ingredienti ormai scaduti.

Tra le due iniziative normative abbiamo assistito al tentativo della Regione di scardinare i più elementari parametri di una corretta gestione urbanistica attraverso il cosiddetto “Riparti Piemonte” (L.R. 29/5/2020 n. 13), una maldestra azione ricca di incongruenze e, addirittura, di elementi incostituzionali che abbiamo fortemente contribuito a contrastare, fino a registrare con soddisfazione l’intervento del Consiglio dei Ministri che ha imposto alla stessa Regione un profondo dietrofront (tra modifiche “richieste” ed impugnazione avanti alla Corte Costituzionale).
Inoltre, lo scorso 10 dicembre la Regione ha presentato pubblicamente il percorso che intende adottare per revisionare (o meglio sostituire) l’attuale legge 56/1977 riguardante la “tutela ed uso del suolo” e che pare sovrapporsi e differenziarsi rispetto alla PdL 125/2020, rendendo difficilmente comprensibile il dialogo in atto e le discordanze all’interno delle forze di maggioranza che governano il Piemonte.

Non ci troviamo, dunque, dinanzi a una eccezione ma a una ferrea regola: il Governo regionale ha scelto “politicamente” di percorrere la strada della deregulation con profondi cambiamenti procedurali tesi a favorire una maggiore libertà di intervento al mondo dell’edilizia in deroga alle norme e previsioni dei piani vigenti, riducendo enormemente i controlli da parte dei soggetti preposti (enti pubblici e privati cittadini) e i tempi di istruzione delle pratiche. In buona sostanza un tentativo di trasformare le modifiche e le varianti ai Piani Regolatori in pure Deroghe, consentite per legge

Ma il “governo del territorio” e l’urbanistica di cui questa ne fa parte, non è un semplice business: è una disciplina che si occupa della vita di una comunità. Di persone. Di ambiente essenziale.

E il ruolo della Politica dovrebbe essere proprio quello di conciliare l’attività economica con il benessere di tutti.
Nel nostro caso, dovrebbe dedicarsi alla tutela primaria degli spazi liberi, ad arrestare il consumo di suolo, a prospettare strumenti di rilancio del comparto edile che lo orientino a concentrarsi sul recupero del patrimonio immobiliare esistente, abbandonando l’ormai esausta via della nuova espansione.
Cioè occuparsi di un futuro sostenibile, nel solco di quanto tracciato dal Green Deal dell’Unione Europea e non attraverso “scorciatoie”.

In data odierna il Forum ha provveduto a consegnare in Regione un corposo fascicolo di puntuali “osservazioni” alla Proposta di Legge regionale n. 125/2020 in cui segnaliamo una lunga serie di deroghe, incongruenze e imprecisioni e, soprattutto, poniamo in evidenza scelte che contrastano diametralmente con la necessità di politiche di tutela, di seguito ne segnaliamo alcune tra le principali.

  • Con le modifiche proposte scompare quasi completamente il ruolo del Comune, che oggi ha una funzione di mediazione fra il P.R.G. e le richieste dei privati e individua (tramite delibera del Consiglio comunale) le trasformazioni secondo un criterio di “utilità sociale”, con interventi di riuso e di riqualificazione degli edifici esistenti. La proposta di modifica – con la locuzione “sono comunque ammessi” – lascia invece tutto in mano alla libera iniziativa privata, senza alcuna possibilità di valutazione “politico-discrezionale”, pur trattandosi di interventi in deroga ai vigenti strumenti urbanistici generali approvati dal Consiglio comunale.
  • Si cerca di imporre una “retrocessione” nella gerarchia e priorità dei principi della pianificazione della variante di adeguamento al PPR (Piano Paesaggistico Regionale) con il passaggio da “variante generale” a una nuova tipologia assimilata alla “variante strutturale” e la contemporanea riduzione dei tempi procedurali.
  • Si introduce un nuovo articolo “incremento del carico antropico” palesemente in contrasto con alcune vigenti disposizioni legate alla pericolosità geomorfologica dei territori e, dunque, ai fenomeni di dissesto del territorio.
  • Per gli interventi eventualmente necessari per conseguire l’armonizzazione architettonica rispetto al contesto edificato, vengono indicate “premialità” che, addirittura, possono essere superate “previa motivazione”, in assoluto contrasto con quanto previsto dal comma 14 dell’art. 5 della L. 106/2011, che non può certamente essere derogabile con una norma regionale o, peggio ancora, con una semplice delibera comunale.
  • Possibile utilizzo improprio della L. 106/2011 per rilocalizzare fabbricati siti in aree pericolose dal punto di vista idraulico e geomorfologico, con il gravissimo rischio che possa essere demolita una consistente parte del patrimonio architettonico, rurale e non, di valore documentario e storico e che le relative volumetrie (“premializzate”) si trasformino in villette nei pressi degli abitati: una valorizzazione immobiliare a scapito del patrimonio storico-culturale.
  • Si introducono ulteriori fattispecie non comprese tra le “soglie di consumo di suolo” che determineranno nuova cementificazione delle superfici libere interne alla perimetrazione del centro o del nucleo abitato.
  • Sono indicate innumerevoli deroghe ai volumi, alle superfici, alle destinazioni ed all’altezza massima degli edifici previste dai vigenti P.R.G.
  • Viene definito il procedimento del “titolo edilizio in deroga”, attraverso una motivazione che, in realtà, esula dalle competenze della Regione poiché l’individuazione delle tempistiche procedimentali sono di pertinenza delle disposizioni legislative dello Stato.
  • Si introduce un nuovo limite massimo di incremento di 2.000 mq per le destinazioni produttive, che consentirebbe ampliamenti anche per grandi strutture esistenti.
  • Vengono anche ammessi interventi di ampliamento sulle medie e grandi strutture commerciali nel rispetto del tetto massimo dei limiti regionali (nemmeno di quelli comunali…), il che scardinerebbe la programmazione commerciale dei Comuni.
  • Si spiana la strada per ampliamenti “cumulabili” che potrebbero favorire non giustificabili aumenti di superficie rispetto a quelle delle attuali unità immobiliari e in assenza di limiti definiti dalla norma, che potrebbero giungere fino al 60% dell’attuale per le destinazioni residenziale, turistico-ricettive e direzionali e per le destinazioni industriale, artigianale e produttiva, e fino al 55% dell’attuale per la destinazione commerciale.
  • Si prevede la possibilità di recuperare a fini abitativi locali seminterrati ed interrati, creando molteplici nuove unità abitative, con standard e comfort abitativi sotto le soglie minime di legge (o meglio sotto le soglie minime di decenza), oltreché con probabili ed evidenti pericoli di “sicurezza idraulica” per allagamento, con conseguenti ed inimmaginabili rischi sia per le persone che per le cose.

In definitiva, ancora una volta, la Regione cerca di introdurre una legge a danno della tutela del territorio e dei suoi concittadini, mascherandola con la volontà di semplificare il lavoro della burocrazia. Operazione che certamente va fatta, ma con ben altra visione e interventi e certamente non attraverso disposizioni in deroga in assenza di una disposizione generale di indirizzo statale.

Con le nostre osservazioni e con una piena mobilitazione della Società civile ci auguriamo che l’oggettivo ennesimo errore della Regione possa restituirci una vera legge sostenibile per la semplificazione in materia urbanistica ed edilizia.

Qui potete trovare il documento integrale delle Osservazioni presentate dal Forum Salviamo il Paesaggio.

]]>
http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2021/02/proposta-di-legge-regionale-n-125-2020-piemonte-burocrazia-snella-non-significa-deregulation/feed/ 1
La fondazione delle città. Le scelte insediative da Uruk a New York http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/06/la-fondazione-delle-citta-le-scelte-insediative-da-uruk-a-new-york/ Mon, 08 Jun 2020 20:03:12 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=13840 Il libro di Giuseppe Gisotti (Carocci Editore, Roma, 2016, Pagine 559, Euro 30) analizza le preferenze insediative che hanno determinato la fondazione delle città più importanti dall’antichità a oggi, nonché il loro sviluppo urbanistico. Rilievi e pianori, porti naturali ben riparati, territori ricchi di risorse naturali e geologiche orientarono le scelte dei fondatori di Uruk, Roma, New York, mentre alluvioni, sedimentazione di foci fluviali, frane, terremoti furono tra le cause del declino e dell’abbandono di Leptis Magna, Sibari, Paestum, Selinunte.

Nella prima parte sono descritte le principali motivazioni delle scelte insediative: abbondanza di risorse necessarie per la sopravvivenza, quali acqua, suoli fertili, idonei materiali da costruzione, ma anche stabilità dei terreni di fondazione, assenza di rischi naturali e, in particolare, geologici, oltre a caratteristiche favorevoli, quali foce dei fiumi per un facile attracco e riparo o ubicazioni naturali fortificate.

La seconda parte comprende una ricca selezione di casi di studio, relativi a diversi contesti geografici ed epoche, che dimostrano come non solo coloni in cerca di terre da coltivare, rifugiati costretti ad abbandonare la loro patria per guerre o carestie, ma anche generali per i loro accampamenti militari (dove poi sarebbero sorte delle città) considerassero scrupolosamente le caratteristiche naturali del sito prima di ritenerlo idoneo per i loro insediamenti.

]]>
La Regione Piemonte vuole “semplificare” le leggi urbanistiche. Ma non è la strada giusta… http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/02/la-regione-piemonte-vuole-semplificare-le-leggi-urbanistiche-ma-non-e-la-strada-giusta/ Fri, 21 Feb 2020 20:50:44 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=13590 A cura del Coordinamento dei Comitati piemontesi del Forum Salviamo il Paesaggio.

Da qualche tempo la parola “semplificazione” è prepotentemente diventata uno dei termini più utilizzati dal mondo politico e amministrativo, non sempre a proposito. Eppure si tratta di un termine molto chiaro secondo il nostro vocabolario, che indica due significati: riduzione della complessità/eliminazione di difficoltà e chiarimento di un concetto/di un’idea.
Rendere più facile e più chiaro è il condivisibile intento di un’Istituzione che voglia far diventare più a “misura d’uomo” la burocrazia. Ma questo non significa creare scorciatoie o, addirittura, cambiare la strada, il percorso, la visione.

E’ quanto registriamo nella Proposta di legge n. 70/2019 che la maggioranza che governa la Regione Piemonte ha elaborato per modificare le norme vigenti in materia di semplificazione urbanistica e per il riuso, la riqualificazione dell’edificato e la rigenerazione urbana; ovvero la legge regionale n. 16/2018 approvata dalla Regione (guidata dal centro-sinistra) nell’ottobre del 2018 e ora non gradita dalla nuova amministrazione a guida centro-destra.

Ci saremmo aspettati la presentazione di una Proposta di legge anche per il contrasto – reale – al consumo di suolo, in grado di orientare il comparto edilizio verso l’unica odierna chance di successo: il recupero dell’enorme stock edilizio esistente e inutilizzato, possibilmente senza deroghe; una legge, cioè, che mettesse in discussione le previsioni ampiamente sovradimensionate dei vigenti Piani Regolatori dei nostri Comuni.

Una via da imboccare con rapidità, necessaria.

Invece ci viene offerta una “semplificazione” che, in realtà, non intende snellire processi burocratici, ma ridurre e far scomparire quasi completamente il ruolo del Comune e del Consiglio comunale, oggi investito della funzione di mediazione fra il Piano Regolatore e le richieste dei privati secondo un criterio di “utilità sociale”.

La legge ora proposta dalla maggioranza in Regione marginalizza il ruolo comunale amplificando, invece, quello della libera iniziativa privata, senza più alcuna possibilità di valutazione “politico-discrezionale” e, ovviamente, per interventi a tutti gli effetti in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. Gravissimo…

Una legge che vorrebbe sostituire la struttura pubblica comunale (singola o associata) o in convenzione con la Camera di commercio (Sportello unico delle attività produttive), con un “soggetto privato”, cioè un professionista incaricato, andando a mescolare e confondere le funzioni pubbliche e le funzioni private, peraltro con possibili effetti sulla “terzietà” dello stesso soggetto incaricato.

Che, in assenza di una delibera comunale di individuazione (cosa che difficilmente moltissimi Comuni riusciranno a fare), ammette interventi in deroga (demolizioni, ricostruzioni, sostituzioni edilizie, anche con ampliamenti) nei nostri centri storici, non solo più per gli immobili edificati successivamente al 1950 (come nel testo vigente), ma anche per tutti quelli di più antica edificazione e quelli dichiarati di interesse o tutelati.

Che ammette “tolleranze esecutiveper generiche variazioni edilizie, architettoniche e dimensionali, che però non vengono quantificate e parametrizzate, lasciando spazio a pericolose interpretazioni soggettive.

Che concede una “sanatoria generalizzata” (e gratuita) per opere abusive realizzate in “parziali difformità” dai titoli abilitativi edilizi, che in realtà la norma statale (Testo unico dell’edilizia – art. 34 del D.P.R. 380/2001) prevede di rimuovere, demolire o “fiscalizzare” (cioè far pagare a caro prezzo) nel solo caso la demolizione non possa avvenire per non pregiudicare la parte di fabbricato eseguita in conformità. Disposizione che peraltro non ci pare sia ricompresa nella potestà legislativa regionale affidatale dalla Costituzione, in quanto l’individuazione di nuove tipologie in materia di “sanatoria amministrativa” non compete alle Regioni.

Sono solo alcuni degli aspetti che ci fanno ritenere questa proposta di Legge regionale come inadeguata e fortemente contraria alle esigenze e aspettative dei territori, poiché allontana il ruolo della pianificazione proprio dai luoghi dove essa dovrà incidere.

Abbiamo provveduto a trasmettere, entro i termini temporali richiesti, un nostro dettagliato documento di osservazioni tecniche alla Regione Piemonte (lo trovate qui) e ci auguriamo che i nostri suggerimenti siano assunti per modificare e adeguare un testo normativo che, al momento, ci pare lontano da una logica applicazione della semplificazione burocratica.

E in attesa, finalmente, che il tema del consumo di suolo trovi un’attenzione concreta da parte dell’Istituzione regionale, anche – e soprattutto – attraverso una norma rigorosa e ormai non più procrastinabile.

]]>
Le mani sulla città http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2020/01/le-mani-sulla-citta/ Mon, 20 Jan 2020 21:15:41 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=13498 Un libro di LEFT riflette, indaga e formula proposte per ripensare gli spazi urbani e la dimensione pubblica e collettiva.

Le mani sulla città. Quelle invisibili dell’ideologia neoliberista che, attraverso il braccio armato di palazzinari e costruttori senza scrupoli, sfregia il paesaggio e costruisce nuovi ghetti. Deregulation urbanistica, zooning, cementificazione ad oltranza segnano il volto del territorio. Gli esempi sono tantissimi, dalle interminabili periferie senza identità che assediano il centro storico di Roma, alla laguna di Venezia intossicata dalle grandi navi, fino alla crescita esponenziale e cacofonica di Istanbul, che annulla le millenarie radici multiculturali e cosmopolite di questa straordinaria città ponte fra Oriente e Occidente. Le mani sulla città, però, sono anche quelle, sapienti, della buona architettura, che sa immaginare e dare forma a edifici e quartieri che rispondono ad esigenze sociali e politiche, creando e ricreando spazi urbani a dimensione umana e collettiva. Influenzando positivamente la qualità della vita, progettando freespaces (per dirla con Yvonne Farrell e Shelley McNamara, curatrici della Biennale architettura 2018), riaffermando il binomio democrazia e sostenibilità. Di questi due opposti modi di mettere le mani sulla città ci occupiamo in questo volume, con reportage da metropoli simbolo di questa trasformazione epocale – Mosca, Istanbul, Pechino, Londra, Lisbona, Roma, Venezia, Firenze ecc – e chiamando architetti, sociologi e urbanisti a confronto. Se è vero che il cambiamento rapido delle città è cominciato con l’industrializzazione stessa, è altrettanto vero che nel nuovo millennio le megalopoli stanno andando incontro a una trasformazione totale, sotto la spinta di un potente inurbamento (in questo quadro il diritto alla città diventa un tema assolutamente centrale). Per averne un’idea basta dire che nel 1850 in città viveva circa il 3% della popolazione mondiale, mentre oggi la percentuale si aggira intorno al 54%. Secondo le previsioni nel 2030 si arriverà al 70%.

Uno degli aspetti più drammatici di questa accelerata urbanizzazione è che più di un miliardo di essere umani vive in slums, mentre nelle grandi città occidentali – pensiamo per esempio alle banlieue parigine – sono sorte delle vere e proprie enclave separate. È il nuovo apartheid urbano che nelle metropoli americane (e non solo) separa minoranze ultra ricche da vaste maggioranze di poveri. Esempio lampante di questo conflitto che si è aperto fra architettura e democrazia sono i quartieri per miliardari circondati da mura, fili spinati, telecamere e strettissimi controlli. Se ne trovano in Messico, in Brasile, in Sudafrica ed anche in Occidente. Più spesso, anche da noi, le città sono contrassegnate da quartieri dormitorio, che formano una barriera, un confine definitivo, un capolinea.

Come il Corviale a Roma. Un problema che non riguarda solo le periferie più povere: con la crescita esponenziale dello sprawl sono tanti i quartieri senza identità, senza piazze e luoghi di ritrovo che non siano centri commerciali. Marc Augé anni fa coniò il termine “non luoghi” per parlare di questi spazi commerciali e di transito standardizzati, omologati dalla globalizzazione. Un fenomeno, la globalizzazione, che se da un lato ha democratizzato il turismo, rendendolo di massa, dall’altra sottopone centri storici allo stress di un numero esorbitante di visitatori. Il problema sorge in particolare quando città come Firenze vengono ridotte a una Disneyland dell’antico, sfrattando botteghe e servizi per gli abitanti, a favore del bric a brac delle multinazionali del turismo. Con tanto di ordinanze che impongono assurde norme di decoro urbano, come quella voluta dal sindaco di Firenze Nardella, che vieta di sedersi sulle panchine a mangiare e bere dopo una certa ora. Misura che finisce per colpire solo i senza fissa dimora. Accanto alla “turistificazione” delle città cresce l’ostracismo verso i più poveri. Non è un caso se i centri storici di Venezia e Firenze continuano a perdere abitanti. Queste problematiche vengono approfondite qui da illustri urbanisti, fra i quali, Vezio De Lucia, Edoardo Salzano (che ricordiamo con riconoscenza e affetto) e Paolo Berdini. Insieme invitano a una presa di posizione e a un nuovo impegno civico dal basso, per resistere e opporsi alla speculazione, alla privatizzazione degli spazi pubblici e all’annullamento della memoria che minaccia i centri urbani.

Importante è anche la riflessione sull’identità dell’architetto come capacità di visione, rapporto con l’umano e rifiuto di logiche neoliberiste, come suggeriscono lo storico dell’arte Salvatore Settis e gli architetti Corrado Landi e Camilla Ariani. «Si è sempre costruito per politica, fin dalla polis, l’architettura è l’arte che ha il più immediato e necessario impatto politico» ha scritto Fabio Sani ne L’architettura e la morte dell’arte (1996). «Antonio da San Gallo, uomo colto e difensore dell’ordine costituito, progettava edifici per il potere politico. Michelangelo, indipendente e difficilmente controllabile, usava il potere politico per affermare le sue idee. La storia ci dice che l’architettura ha sempre avuto una valenza politica. Essa fa le scelte, ma è l’architetto che cerca una forma e ha il dovere etico di opporsi alla cattiva politica».

Per acquistare: https://left.it/cart/?add-to-cart=161949

]]>
100 parole per salvare il suolo. Piccolo dizionario urbanistico italiano http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/03/100-parole-per-salvare-il-suolo-piccolo-dizionario-urbanistico-italiano/ Fri, 30 Mar 2018 07:42:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11904 A cosa servono le parole ? La risposta potrebbe essere scontata: a favorire la corretta relazione tra gli esseri umani. Tanto che l’Antico Testamento ci ricorda che «finché le parole sono nella tua bocca, tu sei il loro Signore. Quando sono uscite dalla tua bocca, tu sei il loro servo», mentre per Buddha le parole hanno il potere di distruggere e di creare.

E a cosa servono le leggi ? Altrettanto scontata la risposta: definiscono le regole al comportamento di tutti i membri di una comunità, stabilendo il perimetro entro cui i diritti individuali si legano ai diritti collettivi.

Le parole e le leggi sono, dunque, i primi capisaldi della convivenza.
Ma non sempre è così.
Ad esempio, se osserviamo l’ambito urbanistico ci accorgiamo che il linguaggio di questa disciplina è divenuto una sorta di lingua straniera.

 

Paolo Pileri nel suo ultimo recentissimo lavoro «100 parole per salvare il suolo. Piccolo dizionario urbanistico italiano» (edito da Altreconomia) prova ad occuparsene, di questa lingua straniera. Lo fa basandosi sulla sua esperienza di studio e sul campo, che lo ha portato alla conclusione che «i consumi di suolo nascano proprio dalla manomissione delle parole dell’urbanistica e dall’ignoranza, dall’abitudine a fare urbanistica in un certo modo e dalla incomunicabilità tra chi abita la città e chi decide del suo futuro. L’urbanista disegna la propria idea appoggiandola sul suolo. Con le parole scrive le leggi. Con le parole redige regolamenti. Con le parole fa politica. Non esiste progetto di città senza parole».
Ma queste parole – essenziali per una comunità, determinanti per la migliore convivenza possibile – sono sempre più straniere. Appunto.
E la domanda che ognuno di noi si pone è se sia un caso dettato da un non ben definito beffardo destino o se risponda ad un preciso disegno immaginato ed eseguito per un fine non collettivo e per un risultato squisitamente economico, in una nazione in cui questa lingua straniera parla 8.000 dialetti (tanti quanti i Comuni italiani) e si articola in 20 diversi strumenti normativi (tanti quante le nostre regioni) per definire un medesimo – a parole – strumento di tutela e regolazione.

 

Paolo Pileri è un addetto ai lavori di prima grandezza: Docente di pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, è membro di gruppi di ricerca nazionali e internazionali e consulente scientifico di ministeri, enti pubblici, fondazioni e amministrazioni locali. È ideatore e responsabile scientifico di VENTO, un progetto di territorio attraverso una dorsale cicloturistica tra Venezia e Torino lungo il Po (http://www.progetto.vento.polimi.it). Autore di molti libri (tra cui “Che cosa c’è sotto” – con Matilde Casa – e “Il suolo sopra tutto”), è tra i 75 Esperti multidisciplinari estensori della Proposta di Legge Popolare del Forum Salviamo il Paesaggio, norma «dal basso» che nel libro viene più volte richiamata e suggerita come esempio di buona legge («questa è la proposta più innovativa e garantista per i suoli e per il Paese»).

E il suo libro è davvero splendido. Non lo diciamo solo perchè Paolo è un amico e un compagno di strada e la nostra fratellanza potrebbe indurci ad ingigantire i giudizi. Ma perchè raramente un esperto, a nostra memoria, sa essere comprensibile e piacevole-attraente per un pubblico di lettori curiosi ma poco avvezzi all’argomento portante di un simile dizionario ragionato e, contemporaneamente, anche rispondere all’esigente attesa di tanti addetti ai lavori che, qui, troveranno spunti a ripetizione per riflettere e confrontare situazioni, riconoscere inganni, captare segnali di pericolo.
Entrambi i lettori crediamo troveranno alimento sano nel godere anche delle ironie garbate e pungenti che chiosano le analisi delle singole parole e frasi di questa «urbanistica, linguaggio straniero».

Un libro, anzi un dizionario. Che ammonisce e suggerisce di parlar chiaro, se davvero vogliamo salvare il suolo e quel che resta del nostro suolo. Che tutto deve essere, tranne che una merce.

Un dizionario molto ragionato, che si apre con alcune parole e concetti fondamentali: in primis «suolo, bene comune, risorsa eco-sistemica, scarsa e non rinnovabile». Dovrebbero essere concetti universalmente concepiti, invece il suolo non è lo stesso suolo in ogni Regione italiana. Definito in maniera sbagliata e contraddittoria tra il 1989 e il 2014 e poi non corretto ma solo dotato di una integrazione che consente oggi due definizioni distinte, da applicarsi in due situazioni altrettanto distinte e dimentiche dello status necessario di risorsa ecosistemica e di risorsa non rinnovabile, scarsa, vulnerabile e strategica per la sovranità nazionale.

Poi, ovviamente, si prosegue con «consumo di suolo» e qui la questione si fa ancor più seria: le definizioni normative sono molto diverse tra loro e non sono mai del tutto rivolte al suo contrasto. «Sono sempre parole morbide, arrotondate, accompagnate da avverbi che le depotenziano o prevedono tempi lenti, anzi lentissimi. E a volte generano addirittura l’effetto contrario», tanto che alcune leggi regionali per il governo del territorio non definiscono il «consumo di suolo» pur introducendo il concetto nelle proprie norme.
E quando lo definiscono lo fanno dipendere da un «primo livello» (quello di suolo, superficie agricola, urbanizzato, superficie urbanizzata ecc.) così le differenze regionali, a cascata, modificano lo stesso concetto di «consumo di suolo» e il modo di calcolarlo. Con risultati indecifrabili e utili soltanto per chi il suolo vuole continuare ad «usarlo».
Già, perchè «il suolo è vivo in quanto in diretto contatto con il mondo di sopra, mentre l’asfalto e il cemento uccidono il suolo in misura tale che quel che c’è sotto un mantello di asfalto non è più suolo» …
In Puglia, ad esempio, si parla di «consumo di suolo agricolo», in provincia di Trento di «artificializzazione», in Emilia Romagna di «perimetro del territorio urbanizzato» (ma chi definisce il perimetro ? …), in Veneto di «impermeabilizzazione» e poi di «compromissione di funzioni ecosistemiche, il che comporta che qualcuno dovrà prendersi la briga di definire queste funzioni, di controllare l’impermeabilizzazione prima e dopo e stabilire se e quanto i suoli siano stati compromessi».
Differenze sostanziali che, in assenza di una definizione nazionale, favoriscono deroghe e silenzi.

C’è spazio per il concetto di «consumo di suolo netto» come suggerito dall’Unione Europea: se in un’area comunale o regionale consumo una misura di suolo e ne riporto in vita una quantità identica, il consumo di suolo non esiste.
Ma non è vero: non si ferma in questo modo il consumo di suolo, ci si limita a consumarlo in altri spazi se parallelamente vengono liberate aree già cementificate.
Un concetto, dunque, ambiguo. Che, non a caso, piace molto alle nostre amministrazioni che nelle loro norme sono corse a riprodurre l’orientamento europeo con quella salvifica scadenza del 2050 per lo stop al consumo di suolo !
Scordandosi, però, di dire che quel documento prevede anche di porre fine alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici, con traguardi intermedi (il famigerato obiettivo 20-20-20) di riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra, incremento al 20 % della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e di risparmio energetico: il tutto entro il 2020.

Tra le parole sempre più straniere dell’urbanistica moderna c’è «Piano urbanistico comunale», cioè il glorioso «Piano Regolatore». Che, però, in Lombardia si chiama ora «Piano di Governo del Territorio», in Calabria «Piano Strutturale Comunale», in Veneto «Piano di Assetto del Territorio» e così via. E ogni Piano si porta dietro il suo zainetto di strumenti che lo compongono e di parole che lo confondono.

Dopo i lemmi fondamentali, ecco il dizionario in rigoroso ordine alfabetico da «àmbito» a «urban sprawl», passando per molti termini oggi in grande spolvero. Come «ambito di ricomposizione del margine urbano», che significa nuovo consumo di suolo ma “solo” negli spazi liberi tra edificato e edificato. Come i complicati calcoli per la «capacità insediativa» che spesso portano in dote un eccesso di offerta abitativa e quindi di suoli che andranno perduti e si basano su metodi molto variegati (demografia, attrattività, bisogno di dimensioni abitative più elevate e molto altro).
Come il «calcolo del consumo di suolo» che Pileri paragona «a una legge che fissa il limite di velocità ma non si occupa di tachimetri» e che ogni Regione misura con un metodo individuale. Con sorprendente fantasia.
Come «compensazione», parolina purtroppo non più legata alla tutela ambientale ma anche, ad esempio, alle premialità connesse agli espropri; in teoria dovrebbe essere l’ultimo stadio di un processo che vede prima il tentativo di evitare la trasformazione, poi di ridurne l’impatto e in ultimo di compensare tutto ciò che non sia stato possibile evitare, ridurre, mitigare …

 

Ogni parola del dizionario è analizzata con puntuali esempi tratti dalle norme di amministrazioni comunali, provinciali o regionali e aiutano a comporre il complicato puzzle urbanistico del nostro tempo italico. Ne esce un saggio da tenere sempre in tasca come aiuto dotto nel decifrare le parole e, soprattutto, per capire dove determinate parole condurranno l’idea di un Piano: inevitabilmente sempre e solo nel sacrificio di suolo.

Dopo decenni di battaglie per contrastare il consumo di suolo, oggi sappiamo di essere diventati «di moda»: tutti ne parlano e tutti gli amministratori e legislatori ne fanno una bandiera. Ma le parole sono lì a sentenziare il limite ambiguo o addirittura antitetico.

Occorre una legge nazionale ? Noi continuiamo a dire che non ci occorre una legge parziale.
Perchè ciò che ci occorre davvero è una BUONA legge nazionale.
Il Forum Salviamo il Paesaggio, grazie anche a questo importante libro di Paolo Pileri, è oggi ancora più consapevole di avere fatto la cosa giusta.

E chiunque si trovi a contrastare Piani dalle previsioni sbagliate o fantasiose, può contare ora su uno strumento di conoscenza del reale, sempre pronto per l’uso come un’arma per far trionfare la forza dell’intelligenza sull’imposizione mascherata.
Grazie Paolo !

Recensione di Alessandro Mortarino.

 

100 parole per salvare il suolo. Piccolo dizionario urbanistico italiano.
di Paolo Pileri
Editore: Altreconomia
Collana: I saggi di altreconomia
Anno edizione: 2018
Pagine: 190 p., Brossura
Euro 14,00

 

]]>
“Salviamo il paesaggio” diventa opportunità concreta a Roma e Torino, con Paolo Berdini e Guido Montanari http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/07/salviamo-il-paesaggio-diventa-opportunita-concreta-a-roma-e-torino-con-paolo-berdini-e-guido-montanari/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/07/salviamo-il-paesaggio-diventa-opportunita-concreta-a-roma-e-torino-con-paolo-berdini-e-guido-montanari/#comments Sun, 10 Jul 2016 23:22:58 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11317 berdini-montanari-sip

Un grandissimo risultato per Salviamo il Paesaggio. Per le loro competenze ma soprattutto per l’impegno profuso in difesa del territorio, Paolo Berdini e Guido Montanari sono stati scelti alla guida degli assessorati all’urbanistica di due importanti città come Roma e Torino.

Nelle nuove Giunte comunali che amministreranno la prima e l’attuale capitale d’Italia ci saranno Guido Montanari, assessore all’urbanistica e vicesindaco del capoluogo piemontese, e Paolo Berdini, assessore all’urbanistica della capitale. Tra i primi a firmare il manifesto fondativo del Movimento Stop al Consumo di Territorio, i tecnici Montanari e Berdini, con le loro apprezzate analisi ed eccellenti proposte, sono da sempre vicini al Forum “Salviamo il Paesaggio”. È grazie alle loro indiscutibili competenze, ma anche e soprattutto per le battaglie civili intraprese da tempo sul tema del consumo di suolo che sono stati scelti in questi ruoli strategici con un compito ben preciso: cambiare il modo di concepire il territorio ed il paesaggio nell’interesse pubblico in città che, come tante altre sparse per l’Italia, hanno sofferto da troppo tempo per scelte inopportune quanto dannose.

Paolo Berdini

paolo-berdiniPaolo Berdini è urbanista e scrittore. È stato presidente dell’Istituto Nazionale di urbanistica e – grazie alla sua grande esperienza e competenza – collabora con importanti quotidiani e televisioni. Sul sito del Forum si possono leggere i suoi articoli sulle speculazioni edilizie a Roma (Roma cemento Eterno e Fermare l’espansione urbana per salvaguardare la ricchezza dei lavoratori), sul progetto del nuovo stadio della Roma (perché lo pagheremo anche noi) e sul fallimento del Piano Casa della Regione Lazio: un piano basato su sovradimensionamento e finte motivazioni sociali. Attento ai collegamenti politica, territorio, economia e informazione, le approfondisce sottolineando l’importanza di salvare ciò che resta del paesaggio italiano. Si è occupato anche degli sviluppi normativi in tema di consumo di suolo e grandi opere (come illustrato ad esempio nell’intervento all’Assemblea nazionale del Forum Salviamo il paesaggio del 2014) nonché dei contenuti necessari per un’efficace legge nazionale (Disegno di legge sul consumo di suolo: questa volta un decreto serviva davvero).

Guido Montanari

montanari-smallGuido Montanari è docente di storia dell’architettura ed ha coordinato studi ed incontri sui temi della città e del territorio. Come assessore all’edilizia, urbanistica e paesaggio del comune di Rivalta (TO) ha già messo in pratica innovative politiche di riduzione del consumo di suolo e di rinuncia ai diritti edificatori per far tornare le aree libere. In questa intervista (quando il rinnovamento è governato dai cittadini) ha spiegato come, per vincere il degrado ambientale, il consumo irrefrenabile di suolo e la mancanza di tutela dei bisogni sociali si possono mettere in pratica soluzioni quali il recupero dei fabbricati esistenti, la promozione della mobilità sostenibile e la riqualificare gli spazi pubblici proteggendo al tempo stesso  gli spazi verdi e agricoli. Una scelta ed un modello che merita sicuramente di essere replicato.

____________________________________________

Riportiamo qui di seguito un interessante articolo di Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa:  

Virginia Raggi e Chiara Appendino hanno indicato come assessori due «urbanisti gemelli»: Paolo Berdini e Guido Montanari. Nomi pesanti con radici accademiche, noti nelle città per le numerose battaglie civili, stessi maestri e una comune radice culturale, «prima che la sinistra buttasse alle ortiche l’urbanistica». Le loro idee: stop al consumo di suolo, revisione al ribasso dei piani regolatori, più trasporto pubblico, no alla privatizzazione del patrimonio immobiliare comunale. Proclamano «la fine dell’urbanistica neoliberista» e una soluzione di continuità con le giunte di centrosinistra.

Berdini e Montanari si riconoscono negli insegnamenti di Edoardo Salzano, Pierluigi Cervellati, Vezio De Lucia. Negli ultimi anni si sono ritrovati sia su temi nazionali che su battaglie locali. L’ultima è quella sulla Cavallerizza di Torino, il complesso tutelato dall’Unesco su cui il Comune ha lanciato un’operazione finanziaria (con Cassa Depositi e Prestiti) di ristrutturazione.

Montanari è nel comitato «Cavallerizza Bene Comune», che ha occupato gli spazi e riaperto lo splendido giardino per opporsi alla privatizzazione. Prima si era battuto contro i grattacieli e la trasformazione in centro commerciale del Palazzo del Lavoro di Pierluigi Nervi, che nel ’61 ospitò la celebrazione del centenario dell’Unità d’Italia. Tutte operazioni targate Pd. Tutte battaglie su cui ha incrociato i militanti del Movimento 5 Stelle. A una manifestazione Chiara Appendino, dopo averlo ascoltato, si avvicinò per conoscerlo. La frequentazione si è consolidata in vista delle elezioni, quando gli ha chiesto di collaborare al programma. Poi l’ha scelto come assessore.

Si sono trovati subito su alcuni capisaldi. Primo: il patrimonio comunale di valore storico e architettonico deve restare pubblico, sia per la proprietà che per la gestione. Spiega Montanari: «I gioielli di famiglia non si toccano. Le esigenze finanziarie? Non si può chiedere a un povero di vendersi cornee e reni».

Secondo: «Il territorio non deve essere un bancomat per un Comune assetato di oneri di urbanizzazione». Montanari vuole una revisione «dalla A alla Z» del piano regolatore del 1995. «Erano previsti 10 milioni di metri quadri di nuove edificazioni. Ne sono stati realizzati poco più della metà. Il residuo va ripensato, quartiere per quartiere, secondo le esigenze reali di un mercato cambiato, con 50 mila alloggi vuoti. I piani che comportano consumo di suolo si bloccano, le trasformazioni di aree già edificate, come quelle ex industriali, si orientano diversamente: no residenze e centri commerciali, ma piccole attività artigianali e commerciali e servizi collettivi». E poi sconti fiscali per interventi di riqualificazione ed efficienza energetica, investimenti nelle periferie («Le Spine, i quartieri nati negli ultimi vent’anni, sono disastrosi»), difesa delle destinazioni produttive («Meglio una fabbrica abbandonata che un centro commerciale: prima o poi qualcuno torna a produrre»).

Idee che Montanari ha sperimentato negli ultimi anni come assessore a Rivalta, comune dell’hinterland torinese, e illustrato qualche settimana fa all’associazione costruttori. «Ci dicono che noi siamo per l’opzione edilizia zero, per la decrescita? Ma la decrescita c’è già, lo dicono i costruttori. L’edilizia è già a zero. In Comune arrivavano 30 pratiche a settimana, ora 3. Questa è urbanistica del no, la nostra è urbanistica della felicità». È vero che anche le associazioni di categoria negli ultimi anni hanno cambiato rotta su questi temi, ma restano nodi non sciolti. Dove trovare le risorse per fare tutto questo, se si riducono gli incassi degli oneri di urbanizzazione? Resta un margine di vaghezza, oltre l’impegno a racimolare 5 milioni di euro dal taglio di sprechi e consulenze del Comune.

Berdini è sulla stessa lunghezza d’onda. Spiega che «lo stop all’espansione sull’agro romano (15 mila ettari decisi dal Piano di Veltroni nel 2008) non è ideologica, ma pragmatica. Roma è una città fallita perché dal 1993 ha inseguito gli interessi immobiliari privati». Non vuole bloccare tutti i progetti edilizi, ma solo quelli che «provocano un aggravio di spesa pubblica per portare i servizi e gestirli. Sulle aree già urbanizzate si può andare avanti». Altri capisaldi: più trasporto pubblico e stop a grandi opere (tipo centro congressi Eur o stadio del nuoto a Tor Vergata, esempi di spreco e abbandono). «Vogliamo dirottare gli investimenti su interventi nelle periferie della devastazione sociale».

Berdini non si nasconde «i rischi» di un approccio così radicale. Le questioni finanziarie che si possono aprire, i rapporti con le categorie interessate. «Ma qui è in gioco la tenuta patrimoniale delle famiglie. Nelle periferie il valore delle case è calato già del 30-35%. Vogliamo aumentare ancora l’offerta, nonostante la crisi di domanda?». E i palazzinari? «La filiera della casa non funziona, lo sanno anche loro. Sarà dura, ma non ne temo l’ostilità. Ne conosco alcuni, ci capiranno».

]]>
http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2016/07/salviamo-il-paesaggio-diventa-opportunita-concreta-a-roma-e-torino-con-paolo-berdini-e-guido-montanari/feed/ 1
“Salviamo il Paesaggio” sostiene la Sindaca di San Lazzaro di Savena: non lasciamola sola! http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/10/salviamo-il-paesaggio-sostiene-la-sindaca-di-san-lazzaro-di-savena-non-lasciamola-sola/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/10/salviamo-il-paesaggio-sostiene-la-sindaca-di-san-lazzaro-di-savena-non-lasciamola-sola/#comments Thu, 08 Oct 2015 22:45:04 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=11008 Foto Stefano De Grandis/LaPresse10/01/2014

logo_salviamoilpaesaggioNella battaglia legale scaturita dalla revoca, da parte dell’Amministrazione comunale, della lottizzazione di San Lazzaro di Savena, non sono solo in gioco 300.000 metri quadrati di suolo agricolo ai piedi delle colline di Bologna. Sono soprattutto in gioco principi fondamentali per la tutela del territorio italiano che riguardano la reversibilità dei cosiddetti “diritti edificatori” e più in generale l’autonomia delle amministrazioni pubbliche nel determinare le scelte di trasformazione d’uso.

I fatti.

Per anni il Comitato cittadino per la difesa del territorio e del paesaggio e la lista civica Noi Cittadini si sono battuti con petizioni e molteplici iniziative ottenendo di ritardare la realizzazione di abnormi previsioni urbanistiche di espansione. Finalmente con il cambio di guardia sul ponte di comando, nel 2014 qualcosa cambia.

La Sindaca Isabella Conti, da poco insediata, con il supporto del consiglio comunale decide di revocare un Piano Urbanistico Attuativo per quasi 600 alloggi.

Le ragioni sono di natura sia politica, che tecnica: da un lato la nuova amministrazione intende puntare alla rigenerazione urbana e alla tutela del territorio; dall’altro i promotori immobiliari, data la crisi del settore, non rilasciano le fideiussioni a garanzia delle opere pubbliche e di urbanizzazioni previste del Piano urbanistico.

Per tutta risposta il sindaco riceve intimidazioni e minacce prontamente denunciate alla Procura che apre un’indagine. L’esito, reso noto alcune settimane fa, è l’iscrizione al registro degli indagati di 5 persone, tra cui l’ex sindaco e l’ex revisore dei conti dello stesso comune di San Lazzaro. La notizia non fa in tempo a girare che ne arriva un’altra a ruota: i promotori immobiliari della lottizzazione depositano al Tar una richiesta di risarcimento danni contro l’amministrazione comunale per 47 milioni di euro. Una somma iperbolica che manderebbe in default il Comune.

E’ evidente l’intento intimidatorio della richiesta nei confronti del sindaco e dei suoi consiglieri di maggioranza. E anche il senso generale del messaggio, che vale come avvertimento per qualsiasi altro amministratore che intenda esercitare le proprie prerogative e fare prevalere gli interessi della collettività: le trasformazioni del territorio non le decide il Comune, il pubblico, come vuole la Costituzione e la Legge, ma gli speculatori, in base a mere logiche di profitto. Chi prova a mettersi di traverso, a svolgere con coscienza e responsabilità il proprio ruolo di amministratore pubblico, rischia di pagarne le conseguenze.

La battaglia del Sindaco di San Lazzaro di Savena è quindi la battaglia di tutti i sindaci che in Italia si oppongono alla distruzione del paesaggio e del territorio in nome delle leggi e dell’interesse dei propri cittadini.

Il Sindaco rappresenta tutti i cittadini del Comune, è lo Stato nella sua espressione di massima vicinanza agli abitanti. Sia dunque il Governo a prendere la difesa dei suoi rappresentanti quando attaccati in questo modo minatorio e dovrebbe essere l’Avvocatura dello Stato incaricata di intervenire immediatamente prendendo d’ufficio la difesa del Sindaco Conti e del suo Comune. È una battaglia di dignità e di giustizia.

Il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio, quale organizzazione rappresentativa di migliaia di associazioni della società civile che lottano per la risorsa suolo come bene comune, si impegna a denunciare, combattere e a non lasciare soli coloro che si ergono contro pressioni e pratiche intimidatorie che non devono appartenere alla nostra società e alla nostra democrazia. NOI cittadini ci schieriamo a fianco della Sindaca Isabella Conti e della sua amministrazione e invitiamo tanti altri Sindaci italiani a seguire il suo esempio.

Il Forum Nazionale “Salviamo il Paesaggio”

_____________________________________

Altri articoli su questo argomento:

New town San Lazzaro (Bologna), l’esposto in Procura: “Anomalie nella vendita dei terreni”

Una brutta notizia: a San Lazzaro (Bo) verranno distrutti 300.000mq di terreno agricolo

]]>
http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/10/salviamo-il-paesaggio-sostiene-la-sindaca-di-san-lazzaro-di-savena-non-lasciamola-sola/feed/ 32
Il libro bianco dei comitati di quartiere di Monza http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/09/il-libro-bianco-dei-comitati-di-quartiere-di-monza/ Fri, 25 Sep 2015 22:36:11 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=10943 monza libro bianco

Da circa tre anni l’Amministrazione comunale di Monza ha avviato la variante generale al Piano di governo del territorio, PGT vigente dal 2007. Peccato che quello presentato il 12 marzo scorso sia vistosamente carente.

Mancano meno di due anni alle nuove elezioni amministrative comunali del 2017, ma ancora non si vede il nuovo PGT completo, il cui iter di revisione generale era stata avviato dalla Giunta il 5 luglio del 2012.

La legge urbanistica regionale n. 12 del 2005, prevede una serie di passaggi: si inizia con la raccolta di suggerimenti e proposte da parte di chiunque ne abbia interesse; viene avviata la Valutazione ambientale strategica (VAS); si elabora il Piano che, un mese prima della sua adozione in Consiglio comunale, deve raccogliere il parere delle parti sociali ed economiche. Essendo il Comune di Monza il terzo in Lombardia (120.000 abitanti), di solito la discussione del PGT dura diversi mesi, essendo quell’atto il più rilevante di ogni amministrazione perché orienta le strategie e la gestione delle politiche territoriali e ambientali. Per Monza, poi, la questione urbanistica è sempre stata molto spinosa, con vicende che spesso si sono snodate tra interessi pubblici e privati, creando aspettative e timori, non solo a livello locale.

Tornando all’iter del nuovo PGT di Monza, questo ha visto anche un percorso partecipativo abbastanza intenso, dal titolo “Una città per te”, che si è svolto nel 2014 e che ha visto diverse decine di persone, anche in rappresentanza di categorie professionali, economiche e associative, dire la propria sugli obiettivi da perseguire nella stesura del nuovo Piano. Naturalmente in quelle consultazioni escono le aspirazioni migliori: contenere il consumo di suolo, realizzare una rete verde, promozione della mobilità dolce, formare centri di vita, recupero del patrimonio edilizio esistente, insediamenti industriali innovativi che rispettino l’archeologia industriale delle aree dismesse, sostegno all’housing sociale e all’edilizia a prezzi calmierati. Scelte che vanno bene per Monza, ma anche per molti altri Comuni, più piccoli e più grandi.

Purtroppo in questo nuovo Documento di Piano (2015) mancano alcune parti fondamentali come la conclusione della Valutazione ambientale strategica (VAS) e il Piano dei Servizi e delle Regole, che rendono di fatto incerti tutti i suggerimenti giunti dai cittadini. Mancano poi alcuni allegati quali quello relativo alla “Valutazione di sostenibilità dei carichi urbanistici sulla rete di mobilità”, cosa non di poco conto, nonché alcuni paragrafi della Relazione illustrativa, come per esempio quello sul Commercio. Infine, sul Parco di Monza, dotazione strategica per la città, non si dice praticamente nulla se non un generico riferimento alla cartografia del Piano territoriale del Parco della Valle del Lambro.

Non si comprendo i motivi per cui la Giunta abbia voluto presentare un Piano così carente, rischiando di alimentare pressioni e aspettative sulle parti ancora mancanti, sulle quali vengono date ora solo indicazioni e suggerimenti per gli Uffici, i quali devono stendere il Piano dei Servizi e il Piano delle regole. In ogni caso, dopo quasi tre anni dall’avvio, il lavoro pare insufficiente e, come detto sopra, si avrà modo di valutarlo quando verrà presentato nella forma richiesta anche dalla legge regionale 12/2005, nei suoi aspetti positivi e negativi.

Questo è uno dei motivi per cui alcuni comitati cittadini, che da sempre seguono le vicende urbanistiche della città e rappresentano di fatto il punto di vista degli ambientalisti, hanno dato vita al progetto del cosiddetto Libro Bianco della città di Monza.

Questo libro bianco nasce per caso, durante una delle ultime riunioni dei comitati di quartiere che aveva come tema la valutazione della proposta del nuovo PGT ed è stato pensato come una raccolta spontanea delle voci dai quartieri.

L’obiettivo di questo libro, scaricabile gratuitamente dalla pagina facebook creata appositamente per l’occasione (https://www.facebook.com/pages/Monza-Libro-Bianco-sulla-citt%C3%A0/376032312608126)  è quello di rivolgersi ai cittadini monzesi, cioè a coloro che hanno sempre considerato le questioni urbanistiche un argomento troppo tecnico e specifico per avere un’opinione personale, per allargare il più possibile il dibattito sul futuro della città, legato da troppi anni ormai agli interessi particolaristici dei costruttori immobiliari.

Nella prefazione si legge:

“È un libro che parla a gente comune usando un linguaggio anche tecnico e non generico, perché negli anni abbiamo dovuto imparare il linguaggio degli urbanisti per capire come affrontare con gli strumenti giusti cosa stava succedendo alla nostra città.
Soprattutto è un libro che vuole stimolare la partecipazione, perché non si dica ‘Non lo sapevamo’.”

Il dossier è stato pubblicato come un normale file PDF, e, non essendo legato ad alcuna casa editrice, gli stessi coautori auspicano che si aggiungano presto altri contributi da altri quartieri della città, garantendo così il suo continuo aggiornamento nei mesi a venire.

È possibile scaricare il libro direttamente da questo link.

 

]]>
“Io Sto in Via Asti”: a Torino si trasforma un luogo di tortura in luogo di memoria http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/05/io-sto-in-via-asti-a-torino-si-trasforma-un-luogo-di-tortura-in-luogo-di-memoria/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/05/io-sto-in-via-asti-a-torino-si-trasforma-un-luogo-di-tortura-in-luogo-di-memoria/#comments Mon, 11 May 2015 21:07:56 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=10767 caserma-occupata-torino

Trasformare la caserma di via Asti, già luogo di detenzione e di tortura, in luogo di memoria e di solidarietà. Questa è la sollecitazione rivolta ripetutamente negli ultimi anni al Demanio militare, al Comune di Torino e, poi, alla Cassa Depositi e Prestiti (cui l’immobile è stato da ultimo venduto a prezzo stracciato con una delle tante operazioni destinate a “fare cassa”). La sollecitazione è rimasta inascoltata.

Così sabato 18 aprile, su iniziativa di un gruppo di giovani di “Terra del fuoco” (formatisi, tra l’altro, nell’esperienza del “treno della memoria”), alcune parti della caserma sono state oggetto di una pacifica occupazione ed è in corso la loro risistemazione per renderle luogo di incontro dei cittadini, prima di tutto, il 25 aprile, settantesimo anniversario della liberazione.

L’obiettivo è quello di restituire alla città un pezzo della sua storia, liberandosi nel contempo dalla retorica celebrativa, e di fare della caserma un luogo di liberazione per chi oggi è maggiormente colpito dalla crisi (aprendo in essa servizi di accoglienza e sostegno).
A questo fine si è aperto un dibattito che nei prossimi giorni si svilupperà all’interno della struttura.

Crediamo si tratti di un’occasione importante per la città e chiediamo alle istituzioni interessate e al Comune di Torino di non restare insensibili e di dare all’iniziativa il proprio apporto e anche una legittimazione formale. In ogni caso noi sosterremo l’esperienza in atto con un contributo di partecipazione, di idee, di risorse.

 

Marco Aime (antropologo e scrittore)

Ersilia Alessandrone Perona (Istituto storico della Resistenza)

Alessandra Algostino (professore diritto costituzionale, Università Torino)

Paola Badino (Ricercatrice Dipartimento Scienze Veterinarie Torino)

Dunia Astrologo (Istituto Gramsci)

Daniele Bajardi

Giovanni Baratta (SICET Piemonte)

Federico Bellono (Fiom Torino)

Serena Bavo (Tékhné Teatro)

Roberto Cavallo (cooperativa Erika)

Nicoletta Cerrato (SEL Torino)

Anna Chiarloni (prof.emerita di Letteratura Tedesca, Università di Torino)

Sergio Chiarloni (professore di diritto processuale civile, Università Torino)

Gastone Cottino (professore emerito di diritto commerciale, Università Torino)

Alfonso Di Giovine (professore di diritto costituzionale, Università Torino)

Francesco Ferrante (Green Italia)

Marco Alessandro Giusta (Arcigay)

Fulvio Grandinetti (Anpi, sezione 68 Martiri, Grugliasco)

Leopoldo Grosso (psicologo e psicoterapeuta, Gruppo Abele)

Roberto Lamacchia (Associazione Giuristi democratici)

Alfio Mastropaolo (professore di Scienza della Politica, Università Torino)

Ugo Mattei (professore di diritto civile, Università Torino)

Mimmo Lacava (funzione pubblica Cgil Torino)

Ezio Locatelli (Partito della Rifondazione Comunista)

Pier Giuseppe Meneguz (Professore Parassitologia e Malattie Parassitarie degli Animali Università

Luca Mercalli (presidente Società meteorologica italiana e giornalista scientifico)

di Torino)

Beatrice Merz (Fondazione Merz)

Elisabetta Mesturino (Filcams Cgil Torino)

Sen. Gian Giacomo Migone (Professore di Relazioni Euro-Atlantiche, Università di Torino)

Massimo Mortarino (Forum “SALVIAMO IL PAESAGGIO”, Comitato Torinese)

Diego Novelli

Valentina Pazé (professore di teorie dei diritti umani, Università Torino)

Ugo Perone Guardini (Professore alla Humbolt University di Berlino)

don Fredo Olivero (diocesi Torino)

Livio Pepino (magistrato, Controsservatorio Valsusa)

Gianni Perona (Istituto storico della Resistenza)

Carlin Petrini (Presidente Slow Food)

Pietro Polito (Direttore del Centro Gobetti di Torino)

Igor Piotto ( Flc Cgil Torino)

Giovanni Re (Professore Tossicologia e di Farmacologia Veterinaria – Università di Torino)

Marco Revelli (professore di Scienza della politica, Università Alessandria)

Mariangela Rosolen (Comitato acqua pubblica Torino)

Luca Rossi (professore di Parassitologia e Malattia Parassitarie, Facoltà di Scienze Veterinarie

Torino)

Beppe Rosso (attore e regista)

Elisabetta Serra (vicesindaco Vaie – ANPI Sant’Antonino)

Nanni Salio (Centro studi Sereno Regis)

Bruno Segre (Partigiano, Avvocato)

George Tabacchi (Consorzio Abele Lavoro)

Sergio Velluto (Chiesa Valdese di Torino)

Federico Vozza (Presidente Legambiente Molecola)

Enrica Valfré (Cgil Torino)

Ugo Zamburru (psichiatra)

]]>
http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2015/05/io-sto-in-via-asti-a-torino-si-trasforma-un-luogo-di-tortura-in-luogo-di-memoria/feed/ 1
Appello per il nuovo piano regolatore di Muggia (Trieste) http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2014/06/appello-per-il-nuovo-piano-regolatore-di-muggia-trieste/ http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2014/06/appello-per-il-nuovo-piano-regolatore-di-muggia-trieste/#comments Fri, 27 Jun 2014 20:57:00 +0000 http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/?p=9881 muggia

Care consigliere, cari consiglieri, care concittadine, cari concittadini,

il Consiglio comunale di Muggia è chiamato a deliberare sulla materia più densa di significato del  mandato consiliare, il nuovo Piano Regolatore Generale.

Molte, e tutte legittime, sono le aspettative della nostra comunità. Dalle decisioni del consiglio dipendono gli interessi diretti della metà della popolazione muggesana proprietaria della propria casa di abitazione e di terreni e, soprattutto, gli interessi più generali di tutti noi per l’assetto del territorio che verrà deliberato.

La materia è solo apparentemente complessa e specialistica. In realtà non è difficile farsi un’idea complessiva del Piano com’è e come si vorrebbe che fosse. In aiuto ai consiglieri  viene innanzitutto la Costituzione, che considera, attraverso il principio espresso all’art.9  “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” che l’interesse primario da tutelare è il paesaggio, bene comune come l’aria, l’acqua e i beni culturali.

In aiuto viene anche il fatto che per la prima volta il Piano è obbligatoriamente sottoposto alla VAS;  la Valutazione Ambientale Strategica è una procedura che agisce per valutare gli effetti ambientali prodotti da piani o programmi,  soprattutto le pressioni e le risposte ambientali. Il principio guida della VAS è quello di precauzione, che consiste nell’integrazione dell’interesse ambientale rispetto agli altri interessi (tipicamente socio-economici) che determinano piani e politiche.

Nel suo complesso l’amministrazione comunale ritiene questo nuovo Piano  “di forte connotazione ambientalista, che vede la drastica riduzione delle speculazioni edilizie vestite da sviluppo turistico”. E’ proprio così?

L’argomento principale a supporto di questa idea di Piano è che si riducono le previsioni edificatorie del piano in vigore. Questo argomento è, non casualmente, lo stesso utilizzato 13 anni fa per  l’approvazione del PRG vigente – la Variante 15 – come pure per tutti gli altri PRG successivi al primo. E’ un argomento fuorviante, un’esca avvelenata, una sorta  di analgesico per le coscienze, che ha funzionato purtroppo molto bene.

Bisogna sapere che il primo PRG è degli anni ’50 e prevedeva a Muggia più di 50.000 abitanti. Con una simile previsione di partenza tutti i  consigli comunali che si sono succeduti hanno votato , nel corso degli anni, la “riduzione” delle previsioni precedenti, facendoli sentire “migliori” dei predecessori. E’ servito? Basta un dato per rispondere.

Siamo da 60 anni poco più di 13.000 abitanti, però le superfici agricole sono pari al 7,6% di quelle registrate 50 anni fa. Lo stato iniziale , urbano, agricolo e naturale è stato sconvolto in modo permanente. Sono spariti 10 Km. quadrati di terreno agricolo, 2/3 della superficie comunale, trasformato in urbano.

Il paragone che ci serve per capire è quello tra le proposte del nuovo Piano e quanto esiste oggi.  Basta questa modifica di prospettiva per capire che non si riduce niente. Con il nuovo Piano:

– si continuano a prevedere nuove  abitazioni, in presenza di un enorme patrimonio inutilizzato e di invenduto (Costa Alta, le Dimore, tanti piccoli interventi),

– si continua a prevedere un’enorme edificazione “turistica” (minore, si, della precedente, ma sempre enorme), nelle aree di maggior pregio che ci sono rimaste, da San Rocco al Lazzaretto,

– si continua a prevedere altrettanto enormi superfici commerciali, pari a 6 volte quella del centro commerciale Freetime, in Val di Noghere e a Rabuiese.

Care consigliere e cari consiglieri,

il vostro mandato non si assolve mediante una riduzione di previsioni sbagliate, cui, tra l’altro, ha partecipato l’estensore di questo appello. Il compito primario di Voi che ci rappresentate tutti è la tutela del Bene Comune.    

Per farlo, o per porre le basi per recuperare quello che abbiamo perduto (bellezza, armonia, fruibilità del nostro territorio), è necessario fermare il consumo di suolo, che non significa fermare l’attività edilizia. Ampliamenti per il “piano casa”, ristrutturazioni, riqualificazioni energetiche e molto altro rimane possibile.

Ci rendiamo conto che non è facile fermare il consumo del suolo: fragilità del bilancio comunale, opzioni clientelari, l’egoismo proprietario coniugato con la retorica dello sviluppo. Serve il coraggio del buon senso. Serve decidere guardando avanti.

La posta in gioco è quello che lasceremo ai nostri figli e nipoti, i veri proprietari del territorio che noi abbiamo ricevuto solo in prestito.

Un sentito grazie per l’attenzione.
Jacopo Rothenaisler, Associazione Impronta Muggia

]]>
http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2014/06/appello-per-il-nuovo-piano-regolatore-di-muggia-trieste/feed/ 1