A Roma i lavori per la realizzazione della metro C stanno provocando disastri. Li hanno provocati. Essenze di ogni tipo tagliate per far posto ai cantieri. La sopravvivenza di tanti monumenti messa a repentaglio dagli sterri e dalle sollecitazioni causate dall’azione delle grandi macchine per lo scavo, in Piazzale Ipponio. Come tra via Sannio e Piazza San Giovanni, così come in Piazzale del Celio.
Paesaggi naturali e soprattutto antropici, stravolti da un’opera che in attesa degli incerti benefici regala indiscutibili disagi, oltre che un intreccio nefasto di cancellazioni e aggiunte che in un pericoloso crescendo raggiunge il suo insuperato apice lungo via dei Fori imperiali. Tra via Corrado Ricci ed il Colosseo. Qui, nel cantiere sui due lati della strada, si ha davvero la sensazione che la città stia perdendo la sua scommessa, che in nome della metro si stia sovvertendo ogni logica, che perfino il buon senso abbia finito di esercitare il suo naturale contrasto ad operazioni dissennate. Chi transita per l’area, nel cuore dell’area archeologica “più grande” del pianeta non può che rimanere atterrito. Stupito dell’atrocità perpetrata senza riguardo. Quasi sfacciatamente esibita.
Il giallo delle parti superiori delle recinzioni dei cantieri e il grigio del cemento che fa capolino sempre più hanno cominciato a sovrastare i cromatismi storici. Ad appiattire tutto. Da un lato la basilica di Massenzio, poi il tempio di Venere e Roma. Sull’altro lato va anche peggio. E’ stato completamente smontato ilbelvedere Cederna. In alto, Villa Rivaldi è stata privata del recinto di alberi, dopo averne distrutto la recinzione e l’ingresso su via del Colosseo. In basso, a partire dal piano di via dei Fori Imperiali e con andamento parallelo ad essa, è stato alzato un alto muro in cemento armato. “Un muro provvisorio, che quindi verrà poi demolito… tra circa un anno… quando verrà ricostruito il muro originario, il tutto in accordo con la Soprintendenza”, affermava l’ex assessore capitolino ai Trasporti, Improta alla fine del febbraio 2014.
Una porzione cospicua ed evidentemente unica dell’area archeologica centrale utilizzata come area di cantiere. Abbattendo, costruendo e ricostruendo, come se si trattasse di uno snodo autostradale, di un qualsiasi viadotto. Non si tratta della solita, vecchia, querelle tra sostenitori dell’antico e quelli del moderno. Con i primi strenui nemici del progresso, in eterno conflitto con quanti quel progresso vorrebbero realizzarlo ad ogni costo. Non si tratta di questo. In quello spazio nel quale l’archeologia ha costruito una delle sue storie più affascinanti e spettacolari, il problema è un altro. Più grave. Perché più profondo. Su quella strada si continua a sperimentare l’arroganza dell’interesse. Che a quanto pare, a giudicare dalle distruzioni recenti, non ha alcuna intenzione di indietreggiare. Neppure di arrestarsi.
“Ogni intervento moderno nei Fori deve essere molto minimale. Tra l’esigenza dei turisti e quella delle “antichità” va data priorità ai Fori. Sono una nostalgia romana da rispettare. Bisogna fare attenzione a non inserire i Fori nella società dei consumi, devono restare inconsumabili”, sosteneva, nel 2014, Bernard Tschumi, una delle stelle dell’architettura internazionale. Ecco il punto, forse. I Fori “devono restare inconsumabili”. Insomma il contrario di quel che sta avvenendo con Il progetto Fori del quale non si parla più e in compenso con i cantieri della metro C che stano cannibalizzando molto più del lecito. Sfregiando irrimediabilmente quel settore della città straordinariamente evocativo ma anche strategico.
Il vecchio progetto Fori di Cederna e Italia Nostra si collegava a un piano più ampio di decentramento dei servizi che garantisse un decongestionamento della città consolidata. La forza di quella proposta era ancorata su quegli elementi. Osservando via dei Fori imperiali si ha sempre di più l’impressione che la realizzazione della metro C costituisca il fulcro del progetto per Roma. Del quale i Fori imperiali sono, sfortunatamente, soltanto lo scomodo contesto. Il Paesaggio composito da smontare pezzo a pezzo.
VIDEO
Il video sulla metro C di Manlio Lilli e’ stato il protagonista di alcune mie lezioni di educazione alla cittadinanza in una scuola di Roma.Un grande grazie a Manlio per il suo impegno a favore della conoscenza e della trasparenza!
La MC/T3 è la manifestazione fisica della totale afasia progettuale a Roma da Veltroni ai giorni nostri. Pensata nel 1985, nel maggio 2002 Veltroni disse: “Il tratto centrale della Metro C, sette chilometri da San Giovanni al quartiere Alessandrino ha tempi e finanziamenti certi” e il Ministro Lunardi aggiunse: “Inizio lavori entro il 2003; esercizio entro il 2007”. La MC cominciò a prendere corpo nel 2001 con la legge Obiettivo come grande opera infrastrutturale ed è stata ed è un “over doing” continuo di intenzioni, programmi, progetti, varianti, che ne hanno fatto l’opera infrastrutturale più costosa d’Europa. Fosse solo questo…Quello che la MC proprio non ha è il progetto di massima prima e definitivo poi, considerate le 47 Varianti. La Tratta T3, da San Giovanni a Venezia, non sarebbe mai dovuta nascere nè nell’idea del Comune di Roma, tenuto a tutelare i Beni Culturali della città, nè in quella della Regione Lazio, nume tutelare dell’Ambiente. La V.I.A. (Analisi Impatto Ambientale) del 2003 diede precise prescrizioni di fattibilità per quanto attiene alla messa in sicurezza dei Monumenti e alle distanze dagli stessi, oltre che le prescrizioni per la tutela dell’Ambiente, disattese in gran parte, come tutti possiamo constatare, passeggiando per Via Dei Fori Imperiali, martorizzata. I danni al Monumenti e al Patrimonio Archeologico non si contano e, anche se verrà mai il giorno che qualcuno li risarcirà, non potranno essere mai risarciti quelli valoriali del Patrimonio culturale, distrutto, nonostante l’obbligo a tutelarlo, disposto dalla Costituzione e dalle leggi. La MC, che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto collegare la periferia sud-est a quella nord-ovest di Roma, connettendo il tessuto abitativo, edilizio, espanso a macchia d’olio e senza servizi e opere infrastrutturali, ha attraversato un periodo di tempo troppo lungo, oltre vent’anni, nel quale sono cambiate le condizioni di vita dei cittadini, che non devono più recarsi dalle periferie verso il centro per motivi di lavoro, perchè tutti gli uffici hanno delocalizzato verso la fascia suburbana. Cambiati i flussi e visti i tempi biblici di realizzazione, tenuto conto dei costi stratosferici passati, presenti e futuri, se non lo si è fatto finora, si prenda atto che è necessario “invertire il senso di marcia”, perchè sono venute meno tutte le motivazioni iniziali, ma, soprattutto, perché le devastazioni ambientali nella Valle del Colosseo e per il Colosseo stesso per la costruzione della Stazione Colosseo-Fori Imperiali, che è, oltretutto, di una bruttezza oscena, delle gallerie e per gli ulteriori rischi di sussistenza per i Monumenti, e fermare la MC a San Giovanni, ripensando poi la mobilità a Roma in un nuovo disegno d’insieme dei rapporti tra l’”esistente”, non solo i Beni Culturali, e il “nuovo” nell’interesse e al servizio dei cittadini, restituendo alla politica il ruolo di interprete delle reali esigenze dei cittadini con il potere decisionale di cambiare le rotte sbagliate, andando controcorrente e, cioè, contro la logica d’impresa, che ha una visione di breve periodo, che, solo apparentemente, contrasta con la storia millenaria di Roma, vera ricchezza della città.
Vedo tra i tanti scempi che sono stati tolti tutti i sampietrini… Sarebbe possibile sapere che fine hanno fatto? Se li saranno venduti. Si può fare un’indagine al Comune di Roma?