Tre storie diverse, un obiettivo comune: l’abrogazione della Legge Stadi, da più parti considerata incostituzionale per palese violazione dell’art. 9, comma 2 della Costituzione, secondo cui la Repubblica “tutela il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico della Nazione”; e dell’art. 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza e pari dignità sociale, risultando manifestamente discriminatorio e irragionevole il favore concesso a chi intende realizzare nuovi impianti sportivi o ristrutturare impianti già esistenti rispetto a chi voglia realizzare altre opere edilizie, anch’esse ritenute di pubblico interesse.
I tre comitati “Referendum X SanSiro” a Milano – dove si prevede di costruire un nuovo stadio ed abbattere l’iconico Meazza; “Comitato Tardini Sostenibile” di Parma – contro l’abbattimento dello stadio in centro città, comprese le preesistenze architettoniche e paesaggistiche centenarie, e il rifacimento di un nuovo impianto con funzioni commerciali e d’intrattenimento; “Comitato stadio Pietralata. No grazie” a Roma – in opposizione alla costruzione di uno stadio da 62.000 posti in area pubblica in piena città, dove le previsioni di piano regolatore prevedevano un’area di compensazione ambientale, un parco; ecco questi tre intendono sollevare una seria riflessione collettiva e nazionale sulle disastrose conseguenze dell’applicazione della Legge sugli Stadi, arrivando a metterla in discussione per fondati dubbi di legittimità costituzionale.
Mentre è in atto una gravissima crisi sociale, ambientale, climatica ed economica, pare indifferibile costruire nuovi stadi commerciali in giro per l´Italia, e circondarli di nuovi fabbricati e altre attività economicamente attrattive. La Legge Stadi sta infatti richiamando nel nostro Paese una nutrita schiera di fondi speculativi privati, spesso con sede nei paradisi fiscali, attratti dalla serie di deroghe speciali all’iniziativa privata che concede a chi investe negli stadi il facile superamento dei dispositivi di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute e della sicurezza pubblica.
Questa normativa evidenzia un tale criterio di eccezionalità da poter certamente porsi in conflitto – sotto diversi aspetti – col nostro trattato costituzionale. La Legge Stadi, grazie a vie d’accesso preferenziali sia nelle procedure che nelle tempistiche, favorisce il prevalere dell’interesse privato su quello pubblico. La “dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere” fa variante urbanistica e rende possibile il superamento del vincolo ministeriale di tutela dei beni culturali e paesaggistici, scavalcando ogni esigenza di riqualificazione urbana e di seria valutazione del carico viabilistico e dell’impatto ambientale e sociale della progettualità privata.
Con la complicità dei grandi portatori d’interesse del mondo del calcio e della finanza, in assenza del controllo delle istituzioni e nel vuoto dell’attenzione della politica, gli effetti disastrosi di questa legge si abbattono sui tessuti fragili e preziosi delle città storiche italiane e sui loro beni culturali e paesaggistici, sul difficile equilibrio delle periferie urbane, sull’ambiente e sul benessere sociale e abitativo degli abitanti. I Comitati di Milano, Parma e Roma agiranno insieme, a partire da questo momento con una serie di iniziative congiunte che, in forza dell’obiettivo comune incalzino le forze politiche, spingendole ad esaminare attentamente la possibilità di abrogare questa legge iniqua.
Anche sui piccoli territori ampliano strutture esistenti, alcune strutture che neanche figurano (e quindi sono abusive) sulle Mappe Catastali.
Questa legge fa esattamente ciò che viene analizzato nell’articolo, in un caso che conosco bene anche avvalendosi di strumenti intimidatori e dando appalti che “puzzano” di mafia.